Intervista a Chris Griffith, senior technology reporter di “The Australian”, uno dei principali giornali del paese
In Australia, da quasi una settimana, Facebook non è più la piazza principale dove la gente si informa. Nei prossimi giorni il parlamento dovrebbe approvare una legge storica che impone ai Big tech come la società di Menlo Park di pagare le testate per tutti i contenuti giornalistici che circolano e vengono condivisi sulla piattaforma. In profondo disaccordo con questo nuovo codice, la multinazionale di Mark Zuckerberg ha preso una decisione drastica, oscurando le pagine di tutte le media organization e togliendo ogni news dal feed degli utenti. Per approfondire una questione non secondaria che riguarda il futuro del giornalismo e dell’informazione, StartupItalia ha intervistato Chris Griffith, senior tech reporter per The Australian, uno dei più importanti giornali del paese. «È stato uno choc – ci ha spiegato in una conversazione via Skype – a questo punto tutte le organizzazioni dovrebbero avere un piano B. La stampa non vuole andare da Facebook col cappello in mano pregando di essere riammessa».
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Australia: che fare?
«Non è un segreto – ci ha spiegato Griffith – abbiamo perso traffico e visite dopo la decisione di Facebook, ma il coinvolgimento dei nostri lettori si basa soprattutto sugli abbonamenti. Dal mio punto di vista il piano B dovrebbe portare tutte le testate giornalistiche a riunirsi per creare un social dove non sono gli algoritmi a decidere cosa è meglio che una persona legga». A differenza di Facebook, Google ha scelto la strada del dialogo con le testate giornalistiche, scendendo a patti con la maggior parte di loro per accordi che andranno a remunerare gli editori per i contenuti diffusi. Il social network ha invece optato per una operazione unilaterale, annunciandola nel momento stesso in cui l’ha messa in atto. «Nell’industria tech di solito c’è un avviso agli utenti – ha argomentato il giornalista, esperto di tecnologia e informatica – Se un cloud service sta per chiudere i battenti o cambia termini e condizioni lo comunica mesi prima».
Facebook e giornalismo
L’Australia sembrerebbe non essere la sola in questa battaglia normativa contro i Big Tech. Anche il Canada si è esposto ed è pronto ad approvare una legge analoga per sostenere l’editoria. «Questa situazione – ha spiegato Griffith a StartupItalia – ha svelato quanto organizzazioni di ogni tipo siano arrivate a dipendere totalmente dalle loro pagine Facebook, intese come unico canale per entrare in contatto con le persone. Ma alla fine è diventato dannoso dal momento che hai una grande compagnia privata che è fondamentalmente il gasdotto attraverso cui passano le informazioni, anche importanti, dai giornali verso i lettori».
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In un articolo pubblicato su The Australian, Chris Griffith ha spiegato che esiste un’alternativa a Facebook. «La prima cosa che bisognerebbe fare è smettere di enfatizzare la presenza sui social». Gate di accesso principale alle notizie per la maggior parte dei lettori, i social sono però indispensabili per generare traffico e questa posizione di dominio si è manifestata in maniera chiara in Australia, dove il ban di Facebook è apparso come una ritorsione contro una legge sgradita. Non è dunque utopistico pensare di fare a meno dei social?
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IL portale unico del giornalismo
«La mia idea non è quella di una soluzione nucleare, del tipo “tutti fuori da Facebook” – ha precisato – Piuttosto l’obiettivo punterebbe verso un grande portale, una sorta di sportello unico delle notizie. Sarebbe di proprietà delle testate che avrebbero le loro pubblicità. E cosa mancherebbe da questo portale? Le fake news. Notizie manipolate e false avrebbero senz’altro meno spazio e idioti o pazzi non si alimenterebbero tramite questo sito. Sarebbe un mondo migliore, senza algoritmi che manipolano». Purtroppo fake news e informazioni manipolate vengono fatte circolare anche da testate (con direttori responsabili che rispondono di eventuali errori). Senza più accesso alle loro pagine Facebook, i giornali australiani hanno di fronte a sè una possibile strada tracciata. «Il portale che suggerisco dovrebbe essere unico – ha concluso il giornalista – se ce ne fossero diversi verrebbe meno l’impulso. Abbiamo davvero bisogno di un social network specifico per le notizie».