Strumentazioni sofisticate, ma anche piccoli trucchi, come le app salva-truffe o i microchip per il parto delle mucche. Così coltivatori e allevatori investono in innovazione per restare competitivi
App, QR-code, microchip. Il vocabolario dell’imprenditore agricolo si è dovuto aggiornare da un pezzo. E basta farsi un giro in una delle fiere del settore per capire che la tecnologia è il presente della produzione agricola e agroalimentare. Per questo, all’Expo di Milano s’è celebrata anche la Giornata dell’innovazione, dedicata alla creatività made in Italy e alle idee innovative di tanti giovani imprenditori. Allevatori e coltivatori della Coldiretti hanno così portato all’Esposizione universale le loro esperienze di agricoltura 2.0, per raccontare come sono riusciti a rendere più competitive sul mercato le loro aziende. Perché oltre a dotarsi di macchinari moderni o di strumentazioni sofisticate, è importante anche inventarsi piccoli trucchi sia per abbattere costi e sprechi sia per guadagnare la fiducia del consumatore.
Agricoltura, app e QR-code salva-truffe
C’è chi si è dotato di app salva-truffe, per esempio. Dai produttori di olio della Toscana a quelli di vino nella zona dell’Oltrepò pavese. L’azienda agricola di prima generazione Il Torrino di Stradella, in provincia di Pavia, lo ha fatto. Il suo titolare, Stefano Ravizza, da qualche mese ha deciso di puntare sulla trasparenza. Perché il rischio che i casi di contraffazione nella produzione vinicola causino un calo delle vendite è concreto. Per questo Stefano si è affidato alla piattaforma TRusT, per offrire al consumatore l’opportunità di conoscere la storia del prodotto che intende acquistare. Basta accedere via web a questa piattaforma, creare un account e inserire i dati, che verranno gestiti in maniera centralizzata. L’account poi potrà essere utilizzato su tablet, smartphone e pc. Attraverso questo sistema di tracciabilità, il produttore potrà gestire tutte le informazioni relative alle materie prime e ai processi produttivi e potrà stampare etichette dotate di QR-code da applicare ai suoi prodotti. In questo modo il consumatore, attraverso la scansione del codice, potrà visualizzare in pochi secondi tutta la storia del prodotto. Potrà addirittura vedere immagini e filmati, ma anche mettersi in contatto con il produttore tramite social network o mail.
Online dalla vendemmia allo stoccaggio
Insomma, Stefano è riuscito a mettere online ogni passaggio dalla vendemmia allo stoccaggio, dalla raccolta all’imbottigliamento. E tramite Google maps si può pure vedere la posizione delle vigne che conferiscono l’uva. Dalla pagina Facebook della sua azienda, inoltre, è possibile rintracciare la time-line di ciascuna bottiglia di vino. E i costi del servizio, assicura Stefano, sono equivalenti a quelli di un abbonamento telefonico, quindi decisamente sostenibili. La software house che promuove il progetto ha fissato un canone basso per coinvolgere le piccole e medie imprese. Infatti, il numero di produttori che adottano le etichette con QR-code sta crescendo. Mentre la risposta dei consumatori è positiva: una singola bottiglia riceve dai 10 ai 20 clic di visualizzazione. Trasparenza e fiducia, verrebbe da dire, non hanno prezzo. Ora che l’azienda Il Torrino si sta convertendo al biologico, poi, Stefano si sta attrezzando con una stazione meteorologica, che sarà attiva dal prossimo gennaio. In primavera, quando piove molto, i sensori trasmetteranno i dati su temperatura, umidità, quantità delle precipitazioni, in modo che si possa intervenire se la pianta rischia di subire danni per le condizioni atmosferiche.
Mucche, vitellini sotto monitor
Dalla tutela del consumatore a quella della pianta, quindi. Ma anche a quella dell’animale, se si tratta di allevamenti. Sempre in provincia di Pavia, ad esempio, Valerio Beretta alleva bovini per la vendita di vitelli e da circa quattro anni si è dotato di un sistema che lo aiuta a monitorare i parti. In un’azienda piccola, in cui peraltro non si produce latte e le mucche non vengono seguite anche di notte per la mungitura, accadeva spesso che vitello e madre morissero durante il parto, perché non c’era personale ad assisterli. E perdere un capo di bestiame per Valerio equivale a perdere l’unica fonte di guadagno. La soluzione è arrivata da una ditta francese. A circa 10-15 giorni dal parto, alla mucca viene impiantato internamente un cilindro di plastica di 20 centimetri di lunghezza e 1,5 di diametro, dotato di un termometro e di un microchip. Una volta inserito, il dispositivo rileva la temperatura interna e trasmette il dato a una centralina a disposizione dell’allevatore. La stessa centralina, grazie a una scheda sim, invia due volte al giorno un sms con i dati dell’animale ai numeri di telefono che vengono impostati. Al momento della rottura delle acque, poi, il dispositivo viene espulso dal corpo della mucca: così il termometro rileva lo sbalzo di temperatura e lancia il segnale. L’allevatore riceve il messaggio e sa che il parto sta iniziando: da quando viene avvisato avrà un’ora circa per raggiungere l’animale e assisterlo.
Dispositivi riutilizzabili
Ci vuole un investimento di 4mila euro per la centralina e di 120 euro per ciascun cilindro, ma sono costi che si ammortizzano. Perché, assicura Valerio, basta la morte di quattro-cinque vitelli per perdere una cifra pari o superiore. E i dispositivi sono riutilizzabili su più animali. Non solo: per gli allevamenti dove le mucche vengono mandate al pascolo, esiste la possibilità di acquistare un metal detector che rintraccia il cilindro espulso e, quindi, localizza l’animale che sta partorendo. Un nuovo investimento che ora Valerio intende fare è l’acquisto di collari per il monitoraggio dei periodi di fertilità delle mucche. Quando si procede alla fecondazione artificiale, infatti, non è facile identificare il momento esatto dell’ovulazione. Spesso si procede a vuoto e si devono ripetere le operazioni di fecondazione. I sensori inseriti in questi collari, invece, trasmettono il segnale al monitor di un pc, sul quale si può visualizzare il grafico con i picchi di fertilità.