Abbiamo appena festeggiato il World Cocktail Day. Tra drink instagrammabili e miscele sostenibili, ecco i trend che cambieranno il contenuto dei nostri bicchieri
Con l’arrivo del primo caldo, torna la voglia di sostare all’aperto, a fare quattro chiacchiere con gli amici e godersi il sole. Non può certo mancare un cocktail, sintesi perfetta di gusto, ricerca e divertimento, come dimostra l’ascesa della mixology come vera e propria scienza del drink.
Il 13 maggio 2019 in tutto il mondo si celebra il World Cocktail Day. In questo giorno si rende omaggio a una tradizione irrinunciabile: quella dell’aperitivo, a cui il 70% degli italiani non riesce a rinunciare e che si concede almeno due volte al mese.
Secondo Federica Bigiogera, marketing manager della storica azienda milanese specializzata in grissini Vitavigor, “L’aperitivo non solo rappresenta un’occasione per socializzare e rilassarsi, ma anche il momento in cui gli ultimi trend del lifestyle arrivano direttamente sul bancone dei bartender”.
Ordinare un cocktail: le difficoltà
Alzi la mano chi non ha mai avuto quei pochi secondi di titubanza davanti al bancone del bar, al momento di ordinare. Davanti a una carta cocktail ricca ma poco chiara o illeggibile, anche il più scafato appassionato di mixology può perdersi.
Secondo Mattia Pastoria, mixologist consultant di Nonosolococktail, una delle cose che mette in difficoltà il cliente al momento di ordinare è il barman che vuole fargli quello che lui vuole fare. “In quei casi non gli dà il tempo di decidere cosa bere”.
Dall’altra parte Rama Redzepi, bartender del Grand Hotel Fasano, sostiene che ordinare un cocktail non è difficile se si ha davanti il barman giusto. “Se non dà sicurezza non fornisce informazioni, non c’è un menu semplice, il cliente è in difficoltà e quindi si rifugia nei classici. Nel nostro caso cerchiamo di invitare il cliente a fare una scelta. Perché il barman non è uno psicologo, ma crea”.
Secondo Redzepi bastano poche coordinate: fresco o caldo, piccante o dolce. Poi è il barman che va a costruire. Inoltre, “se il cliente non si sente a casa, si sente fuori luogo, non riesce a lasciarsi andare. Qui entra in gioco l’ospitalità del barman, dei camerieri, per far entrare l’ospite nel percorso spiritico e alcolico”.
Secondo Giancarlo Mancino, international bartender e creatore del marchio Vermouth Mancino, il problema è l’ignoranza. “L’italiano fa ricerche su tutto: pizza, pasta, farina, ma non si chiede cos’ha nel bicchiere. Cosa che vale sia per il vino che per i cocktail”. Conoscere dunque resta una delle chiavi per accedere consapevolmente al mondo della mixology.
I cocktail trend dell’estate 2019
Per celebrare degnamente il World Cocktail Day Espresso Communication ha condotto uno studio per Vitavigor, riunendo 40 esperti di cocktail per scoprire cosa berremo la prossima estate.
1. Cocktail Instagrammabili
Prima di tutto il cocktail deve essere bello. Lo sanno molto bene i Drinkstagrammer, amanti dei cocktail alla continua ricerca di drink “fotogenici”. Basta pensare che gli hashtag #Cocktail e #Cocktails vengono menzionati oltre 32 milioni di volte, seguiti da #HappyHour (11 milioni) e #Aperitivo (3 milioni).
Ma non basta, ci vuole anche un pizzico di creatività. Secondo Pastoria il cliente sceglie i posti dove bere in base a quello che può condividere sui social. “Da buon imprenditore non si può ignorare questo bisogno“.
Ecco dunque che nasce così il Negroni del Professore di Pastoria, un cocktail servito sotto una campana di vetro, immerso in un’affumicatura di caffè tostato. “Bisogna puntare sull’effetto wow“.
Sì, perché “il barman è un’artista che deve essere ricordato per le sue opere“, spiega Redzepi, Ci sono due elementi su cui si può agire per ottenere l’effetto wow: la decorazione, “che richiama subito la foto“, oppure il bicchiere.
Redzepi ha puntato su quest’ultimo fattore per creare il suo Fasanin, un drink servito in un bicchiere a forma di uccellino. “Un giorno è arrivato un cliente che mi ha mostrato una foto di questo cocktail su Instagram e, senza nemmeno sapere cosa ci fosse dentro, mi ha chiesto: ‘voglio questo!’“.
Redzepi ha cercato l’effetto wow anche nella sua versione del Negroni. In occasione del centenario della creazione del drink nato alla Drogheria Casoni di Firenze per mano, il mixologist ha puntato sul ghiaccio, congelato direttamente nel bicchiere per lasciare libero il cliente di gustare tutti i sapori.
In un cocktail instagrammabile un grande peso ce l’ha il colore. Secondo Mancino il colore è molto importante. Lo dimostra anche l’ascesa del pink gin.
“Siamo naturalmente attratti dai colori“, spera l’imprenditore. Possiamo bere drink dai colori pastello e poi farci attrarre inspiegabilmente da cocktail terribili e pesantissimi come l’Angelo Azzurro. “Merito del Blu Curaçao“.
2. Green
Parola d’ordine: sostenibilità, anche al bancone del bar. I clienti – soprattutto i più giovani – chiedono ai bartender di servire drink ecologici, che abbiano un basso impatto sull’ambiente. A interpretare al meglio questo trend c’è Fabio Camboni, bar-manager del Kasa Incanto Cocktailbar di Gaeta (LT). Nella sua drink list tutto parla di rispetto per la materia prima e per il pianeta.
Sostenibilità significa per lui “cercare di lavorare tutti i prodotti di scarto. Se faccio uno sciroppo di frutta, faccio un brodo di frutta per allungare altri drink. La pelle dell’ananas, tanto bella da vedere, ad esempio non viene gettata via, ma lavorata per creare delle garnish”.
Poi ci sono le stoviglie. Niente plastica nel suo locale. Le cannucce sono biodegradabili, al massimo di carta, oppure di pasta, come accade per il Bucatino all’Americano, dove lo spaghettone bucato diventa il mezzo per sorseggiare il cocktail. I bicchieri? Ce li fornisce la natura stessa, come Camboni dimostra col Pepegroni, un Negroni servito in un peperone.
L’ultimo nato del Kasa Incanto è il Mai Thai Fabergè, dove la sostenibilità è incarnata da una sfera di cioccolato che contiene il cocktail e si mangia dopo averlo terminato. Comodo, no?
3. Bassa gradazione alcolica
Li chiamano Low ABV cocktail e nascono per accontentare tutti coloro che, pur essendo a dieta, non vogliono rinunciare al piacere dell’aperitivo. Non si tratta di cocktail analcolici o a base analcolica (altro trend minore, ma crescente). Si tratta solo di miscele più leggere, che possano andare incontro a chi non vuole compromettere il suo regime alimentare sano ed equilibrato.
“Un drink può incidere tantissimo su una dieta, ma le alternative ci sono“. Oltre ai Low ABV cocktail – drink a bassa gradazione alcolica – ci si può affacciare al mondo della miscelazione vegana, come il Vermouth Mancino Rosso Amaranto e l’intera linea di prodotti Mancino.
Inoltre bisogna tener presente che molte bevande sono ricche di zucchero. Anche la scelta dei prodotti di base può fare la differenza. Basti pensare che rispetto all’alto quantitativo di zucchero presente nell’Aperol, il Vermouth ne ha solo 18, per un apporto di max 50 kcal a drink.
“Poi si può scegliere tra gli spirits a bassa gradazione, come quelli bianchi, che contengono meno coloranti. Oppure, quando si devono usare i sour, si possono sostituire con l’acquafaba, quella contenuta nei barattoli di ceci, che fa anche una bella schiuma“, aggiunge Mancino.
4. Cocktail ibridi
Quest’estate berremo anche tanti cocktail ibridi, miscele create partendo da vecchie ricette fuse tra loro. Ad esempio Glenfiddich, azienda scozzese che produce whisky, ha lanciato un single malt rifinito in bottiglie IPA, dove quindi il mondo delle birre e quello dei distillati si incontrano.
Ci sono poi la vodquila e la rumquila: ibridi tra alcuni dei liquori più famosi al mondo, che riprendono la simpatia per la tequila. C’è anche il cocktail Nuvo, realizzato con vodka e spumante. L’elemento fondamentale è il twist innovativo del barman. Ad esempio l’Angelo Azzurro può incorporare il fattore spritz. L’importante è conservare sempre l’effetto wow anche nel gusto.
5. Tequila cocktail
Tra i trend in ascesa c’è una crescente voglia di tequila. Mentre in America se ne beve a litri, in Europa inizia ad affacciarsi nelle carte cocktail, anche se non nella sua forma più commerciale.
“Più che di tequila, c’è un ritorno del mezcal, il cugino povero di questo superalcolico, – spiega Redzepi -. Fino a pochi anni fa era difficile far passare questo prodotto in Italia e in Europa. Ma il mezcal ha dato uno slancio nella creazione di drink a base di sapori affumicati, piccanti o con del miele”.
6. Cocktail alla cannabis
Se Coca Cola e aziende vitivinicole hanno scelto di investire nella cannabis, perché il mondo della mixology dovrebbe rimanere fuori? “
“C’è un vero boom dell’uso della cannabis in questo momento. I suoi principi attivi legali vengono usati per fare distillati, bitter o estratti“, spiega Mancino, che sottolinea come la maggiore diffusione di questi prodotti sia in America.
I bartender europei fanno più fatica a considerarlo un prodotto da includere nella propria carta, anche se si affacciano anche sul mercato europe i primi gin alla cannabis, come il Gin Windmill Cannabis Sativa, fatto in Olanda.
L’uso di questa sostanza nei drink mira a regalare già a basse gradazioni alcoliche un senso di rilassamento mentale e fisico. Ma qualcuno è anche andato oltre la canapa, creando il Gin Amuerte, il primo gin al mondo ottenuto utilizzando vere foglie di coca.
7. Umami cocktail
Anche i funghi finiranno nel bicchiere. Non siamo abituati a vederli nel bicchiere da cocktail, ma c’è chi scommette forte su questo trend che esalta il gusto umami, parola giapponese che si avvicina al nostro concetto di sapidità. Oltre ad essere buoni, i cocktail al fungo hanno anche una precisa missione nutrizionale: rafforzare il sistema immunitario e contrastare il colesterolo.
“L’umami nei cocktail contribuisce a creare l’effetto wow, anche se è molto difficile da gestire, – spiega Redzepi -. Si può ottenere anche attraverso le affumicature, ma non è facile farlo nella parte liquida. In più non sempre questo aroma viene compreso dal cliente, ma si può lavorare molto, aprendo una nuova porta di sapore”.
Anche la carne contribuisce a portare l’umami nel bicchiere, come sta succedendo da Bove Lover. Qui, grazie alla tecnica del fat washing, letteralmente “lavaggio dei grassi”, è possibile portare il gusto del grasso animale nel bicchiere, aumentando la texture del drink. Dopo i drink al pesce e aragosta, anche la carne ha il suo momento di gloria al bancone dei bar.
Inoltre, anche la tecnica aiuta: “Grazie alla tecnica del rotary evaporator possiamo distillare qualsiasi proteina, come l’edemame, ottenendo del gin, la soia, le alghe“, sottolinea Mancino.
8. Pink Gin
Il Pink Gin è il vero protagonista di questo momento storico della mixology. Solo l’Italia vanta sei distillerie che hanno in catalogo una bottiglia di roseo distillato. Effetto wow nel bicchiere? Potete scommetterci.
Attenzione però a non confondere il distillato con il cocktail creato dalla Royal Navy inglese e pensato come drink da meditazione. La ricetta è semplice: ghiaccio nel bicchiere, gin e qualche goccia di Angostura. L’effetto non è solo buono al palato, ma anche delizioso per gli occhi.
Oggi più che al drink, si guarda al distillato, dove il colore rosa è ottenuto utilizzando karkadé, lampone o ibisco. Secondo le ultime stime le vendite di gin rosa hanno raggiunto quota 165 milioni di euro nel 2018
9. Vintage cocktails
Le ricette tradizionali stanno tornando nelle carte dei mixologist, anche se completamente rivisitate. Secondo Ilias Contreas, fondatore di Mixology Academy, “il cliente medio continua a ricercare semplicità e tradizione in cocktail di tendenza come il Moscow Mule, riconoscibile dalla tipica tazza in rame, piuttosto che dalle tante tipologie di gin“.
“I vintage cocktails non moriranno mai. A cambiare sono le ere di ispirazione – spiega Pastoria -. Ora si guarda agli anni Sessanta e Novanta, riprendendo grandi classici come l’Alaska o il Between the sheets“.
“La verità è che negli ultimi cinque anni siamo andati troppo avanti, sperimentando di tutto, – spiega Redzepi -. Quando succede, si tende a tornare verso il primo amore, come il Bellini o il Rossini. Cocktail in apparenza semplici, ma molto difficili da realizzare“.
10. Sparkling Cocktails
Gli sparkling cocktails come il Bellini e il Rossini saranno i grandi protagonisti dell’estate 2019. I drink frizzanti creati a partire da una base di prosecco, spumante o champagne, restano tra i preferiti degli italiani.
Innovazione e cocktail: la sintesi
“I trend non li creano i barman, ma i clienti“, sostiene Redzepi. Ma chi crea i drink deve farsi trovare pronto. Su questa necessità si innesta la visione innovativa sulla mixology secondo Mattia Pastoria.
“La sintesi tra cocktail e innovazione sta nella parola studio: non può esserci innovazione senza l’analisi della tradizione e l’esame della tecnica di preparazione dei drink“, spiega il consulente.
Secondo Redzepi l’innovazione passa soprattutto per la sostenibilità della mixology. Il trend green si farà sempre più importante. “La vera invenzione è il bio. L’innovazione è usare prodotti riciclabili, fare infusioni con fondi di caffè, lime spremuti messi con fondi di vino, ad aromatizzare, come insegna Samuele Ambrosi. Oppure prendere le molliche di pane, metterle in infusione con della tonica e farne una spuma“.
Secondo Mancino la sintesi tra innovazione e drink sta nel minimalismo. “Bicchiere serio, ghiaccio come si deve, poche decorazioni, poca plastica, frutti e foglie particolari. Ma soprattutto, ci deve essere grande attenzione alla qualità dei prodotti all’interno“. Questi punti fermi li ha trasferiti in un prodotto che arriverà in Italia nell’autunno 2019. Si chiama Sprezza e punta a ridefinire le coordinate dello Spritz in tutto il mondo.