“Entro il 2020 vogliamo lanciare la prima calzatura ricavata al 90% da materiali sostenibili”, rivela il design director, Asher Clark
Ultraleggere, comode, trendy ed ecosostenibili. Sono le scarpe di Vivobarefoot, startup inglese che utilizza bottiglie in plastica e alghe per mettere a punto calzature da donna, uomo e bambino. Ce ne sono per tutti i gusti: sportive, classiche, da trekking, per tutti i giorni. Grazie alla particolare lavorazione, queste calzature, oltre a garantire comodità adattandosi perfettamente alla forma del piede, sono ecosostenibili ed aiutano l’economia circolare.
Tra le ultime invenzioni, l’azienda ha messo a punto Primus Lite Bio: una sneaker a base vegetale. Ma Vivobarefoot punta in alto. L’obiettivo è quello di lanciare sul mercato, entro il 2020, calzature ricavate al 90% da materiali sostenibili. “E finché non ce l’avremo fatta, continueremo a provarci”, ha dichiarato a StartupItalia il design director della startup, Asher Clark.
Vivobarefoot agli albori
“L’idea nacque nel 2004, quando il product designer Tim Brennan, giocatore di tennis, rimase infortunato e capì l’importanza del contatto e della percezione del piede con il suolo”, spiega Asher. Allora, Vivobarefoot non portava ancora questo nome ed era solo un prototipo. Brennan abbandonò, poi, la squadra nel 2006. Nel 2010, un anno dopo che Asher entrò a far parte del team insieme al cugino Galahad Clark, i ragazzi iniziarono a lavorare a pieno regime sulla prima scarpa da corsa, e prese forma Evo. Ma è nel 2011 che la squadra capisce che stava realizzando qualcosa di nuovo nella calzoleria. Un’evoluzione senza precedenti. “Nel 2012 divenne un brand, un business ed una startup: Vivobarefoot. Da allora, abbiamo sempre lavorato nell’interesse dell’ambiente e dell’uomo. Se si considera che nei nostri piedi sono presenti ben 200.000 nervi, imbottendoli si attutisce il feedback sensoriale che arriva al cervello, ottenendo movimenti più goffi e minore agilità. Vivobarefoot rappresenta un’alternativa che crea una stretta connessione tra i nostri arti inferiori ed il resto del corpo”, dichiara Asher.
La startup, con sede a Londra, conta anche diversi uffici in Asia. “In media, riusciamo a vendere 500.000 paia di scarpe all’anno – rivela il design director – contando un buon 40% in più di vendite ed un fatturato da 28 milioni di dollari“.
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La linea di scarpe
Bottigliette di plastica (17 circa per paio di scarpe) e alghe sono tra i materiali utilizzati da Vivobarefoot per produrre le sue calzature. La nuova gamma BIO è composta da una combinazione di tre materiali innovativi a base biologica che riducono la dipendenza dai prodotti petrolchimici e creano prodotti al 50% a base vegetale.
Le “Primus Lite” sono state realizzate grazie alla collaborazione con DuPont Tate & Lyle Bio Products, una joint venture tra DuPont, innovatore scientifico globale, e Tate & Lyle, azienda leader nella produzione di alimenti e ingredienti rinnovabili, che ha permesso di ridurre drasticamente le emissioni di gas serra nel ciclo produttivo. Magna e Primus Trail e Ultra sono le ultime invenzioni della linea BIO, appena presentate alla fiera ISPO di Monaco.
Scarpe resistenti ad alta prestazione che imitano e stabilizzano il piede umano, sono quelle della linea PET, in eco-tela ed eco-pelle scamosciata realizzate con il 50% di PET riciclato. I modelli sono tanti e spaziano dai 75 ai 210 dollari.
Nel 2017, Vivobarefoot ha riutilizzato ben 2 milioni di bottiglie di plastica recuperate dalle discariche che, altrimenti, avrebbero impiegato circa 400 anni a decomporsi. Decisamente importante per l’ecosostenibilità è anche la collaborazione della startup con BLOOM: società americana che utilizza biomasse di alghe raccolte da fonti di acqua dolce in tutto il mondo. Dopo la messa a punto di specifiche schiume, l’azienda di calzature ha lanciato Ultra: scarpe da avventura anfibie.
“Vogliamo cambiare la relazione che le persone hanno con il proprio corpo e fargli capire l’importanza di indossare una scarpa salutare – ha dichiarato Asher – Il nostro motto è Sustainable shoe making is barefoot shoe making [Produrre una scarpa sostenibile significa creare una scarpa che permetta di camminare a piedi nudi. NdR]”.
“La nostra è una vera rivoluzione per l’industria calzaturiera, con la prima alternativa vegetale alle petro-schiume in uso”, ha affermato il cugino di Asher, Galahad Clark. Ma il loro fine ultimo è quello di realizzare una scarpa priva di interferenze biomeccaniche con il piede, e a impatto ambientale pari a zero. “Ogni nuova scarpa che produciamo è un passo in avanti verso la sostenibilità ed il benessere. Non ci fermeremo finché non avremo trovato un’alternativa al 90% ecosostenibile. Crediamo di farcela entro il 2020”, ha concluso il design director. Sembra una data lontana: invece non sono nemmeno due anni. Noi monitoreremo lo sviluppo perché è un progetto pilota che ci sta a cuore.