«Per chi studia lingue nordiche l’Islanda è un po’ come la Mecca per via della fioritura letteraria nel Medioevo. Nel 1200 ci abitavano 30mila persone e a livello di opere ha prodotto una letteratura che sta alla pari di quelle italiana e tedesca». Roberto Pagani, cremonese classe 1990, vive nella capitale Reykjavík dal 2014. Questa puntata della rubrica “Italiani dell’altro mondo” è partita da lontano nel tempo, perché in effetti si parla di un luogo lontano che soltanto nell’ultimo decennio ha guadagnato un’importante visibilità. Molta grazie a una notevole performance della Nazionale di calcio agli Europei 2016 (la squadra ha raggiunto i quarti di finale) e alla viralità social delle sue meraviglie naturalistiche. I vlogger l’hanno ripresa in lungo e in largo.

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L’Islanda non mainstream

«Ma l’Islanda non è solo natura», tiene a precisare Pagani che fin dagli anni dell’università ha coltivato il proprio interesse per le lingue nordiche scrivendo e aggiornando un blog. Poi è arrivato su Facebook, dove ha lanciato la pagina “Un italiano in Islanda” divenuta punto di riferimento per gli appassionati di questo Paese, oltre che fonte autorevole di informazioni e consigli utili a chi sta per atterrare sull’isola di ghiaccio.

Come sempre però partiamo dal profilo di un italiano che in questi anni ha voluto tenere più di un punto di contatto con casa. «Ho fatto il liceo delle Scienze sociali e in quarta superiore ho scoperto di essere portato per le lingue durante un periodo di scambio in Inghilterra. Poi all’università ho studiato lingue nordiche». Materia certamente di nicchia. «Avevo e ho tuttora la passione per Il Signore degli Anelli. Tra l’altro so che molti hanno abbandonato l’opera di Tolkien con la vecchia traduzione, mentre quella di Ottavio Fatica è molto più chiara e godibile».

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Roberto Pagani

Un volo per l’Islanda

Un percorso per certi versi standard, arricchito da un Erasmus in Scozia dove l’apertura di una tratta aerea low cost con l’Islanda gli ha aperto la finestra di opportunità. «Ho visto le balene, ho girato e nel farlo ho scoperto che gli islandesi erano diversi, molto mediterranei. La gente non è quadrata, impostata. Sono campagnoli contenti, che attaccano bottone». Così, dopo la laurea, ecco l’opportunità di un master in studi medievali a studi medievali a Reykjavík.

In Islanda Roberto Pagani ha scoperto un Paese anzitutto disponibile a dargli un’occasione lavorativa. «Subito dopo il master, era gennaio 2016, ho iniziato a insegnare lingua e grammatica italiana. Era una sostituzione maternità, ma alla fine mi hanno dato più corsi. Ho insegnato letteratura per sei anni». C’è interesse su questa materia? «Gli islandesi sono parecchio interessati ad altro che non sia la propria cultura. Per dare un esempio: il dipartimento di spagnolo è enorme. A Tenerife c’è una colonia islandese».

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E oltre alla passione accademica ci sono storie sorprendenti di un piccolo popolo dove – per tradizione – le persone svolgono più di un lavoro. «Di recente ho letto una traduzione in versi della Divina Commedia di Dante ed è un capolavoro. Se ne sta occupando un otorinolaringoiatra in pensione. Gli manca solo il Paradiso». Da turista prima e studente poi, Roberto Pagani si è stabilito in Islanda da residente. «Ho lavorato tanto nel turismo e con la divulgazione social. Ho poi curato rapporti istituzionali tra Italia e Islanda come membro della Camera di Commercio». In passato ha incontrato l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini in visita nel Paese.

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Roberto Pagani ha accolto in Islanda l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini

Terra di digitale e cinema

Per chi si sente attratto da un Paese lontano, magari per le ambientazioni fredde, nordiche e che il più delle volte sconfinano in un magico fantasy, Roberto Pagani ha arricchito il quadro. «È un paese estremamente avanti sul digitale. Anche nei posti più sperduti c’è il 5G. C’è quello che in Italia è lo SPID, usato da giovani e anziani. Mai avuto bisogno di un pezzo di carta per la ricetta medica e sono anni che non ho più il portafoglio: il contante è sparito».

Pur non essendo la sua materia di studio, Roberto Pagani ci ha spiegato che l’Islanda è un Paese che incentiva le startup. Non è certo tra gli ecosistemi più noti e floridi a livello internazionale, «però la burocrazia è snella, ci sono un sacco di grant e finanziamenti, pubblici e privati». Ma tutto questo successo riscosso negli ultimi anni dall’Islanda – nel 2024 oltre 2,2 milioni di turisti – a cosa si deve?

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«Ci tengo a dirlo: L’Islanda è un Paese europeo moderno, simile a tanti altri. Ma c’è anche l’eccezionalismo islandese su cui si fa leva per il marketing. E anche la politica si gioca spesso questa carta. In più si soffre la sindrome del Paese piccolo: quando ci accade qualcosa di grande come le vittorie agli Europei 2016 significa qualcosa di molto grosso». La popolarità è derivata da questo, così come dal cinema che qui grazie a una tassazione agevolata ha attirato pellicole di livello mondiale. «Sono stati girati Batman, Star Wars, Game of Thrones».

Ma non sono quelle certo le pellicole per scoprire la vera Islanda. «Gli islandesi sono i migliori rappresentanti di se stessi ma lo fanno con un linguaggio che parla poco allo straniero. Fanno film lenti, introspettivi. Anche se sono allegri e festaioli, vivono in una realtà che non ispira la festa, ma la contemplazione. A mio modo di vedere il film migliore che racconta l’Islanda è God Land». Ogni successo turistico crea però criticità e distorsioni.

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«L’overtorusm viene sempre nominato. E il problema che più si percepisce è il fatto che le persone vanno sempre negli stessi posti. Ci sono 500 km di spiagge nere vulcaniche, ma basta un Reel per concentrare i visitatori in un unico posto. Le persone, di base, non sono spinte a esplorare».