Quali solo gli elementi che determinano il successo di un Podcast? Simone Mazzola, ideatore di Backdoor, ci guida dietro le quinte del suo podcast
Sono sempre di più in Italia i podcaster, ovvero chi ascolta le trasmissioni audio digitali scaricabili on demand e fruibili da qualsiasi dispositivo. Secondo una ricerca realizzata da Nielsen, nel giro di tre anni, ovvero dal novembre del 2015 a oggi, gli ascoltatori italiani abituali di podcast sono passati da 850.000 a 2.700.000, con una crescita dunque del 217%.
Per capire meglio il fenomeno, abbiamo intervistato Simone Mazzola, di Milano, ideatore di Backdoor, il programma in testa alle classifica di Podcast sportivi.
Simone, innanzitutto, parlaci delle origini di Backdoor Podcast: perchè hai deciso di crearlo?
Credo che il podcast sia il mezzo più fruibile di tutti per tenersi aggiornato su un qualsiasi argomento. Sei anni fa, quando ho lanciato Backdoor Podcast, ho pensato, poichè non ce n’era nessuno di questo genere, che fare interviste one-to-one, conoscendo aneddoti e retroscena di un personaggio, potesse essere qualcosa di unico e interessante per l’appassionato di pallacanestro. L’idea di base del format è un “dietro le quinte” con temi e aneddoti particolari sul basket. Ho preso ispirazione dai grandi maestri americani: Wojnarowski, Beck, Lowe e ho deciso quindi di buttarmi in questa avventura, quando in Italia ancora pochi conoscevano la parola “podcast”.
Backdoor è in testa alle classifiche dei Podcast più ascoltati, qual è la ricetta di un Podcast di successo?
La ricetta universale non c’è. Io cerco sempre di preparare al meglio la puntata, scegliendo personaggi/temi interessanti, preparandomi con curiosità che possano far divertire l’ascoltatore e mettendo a proprio agio l’ospite, ho notato che si rilassano appena capiscono che sei preparato e hai “fatto i compiti”. Cerco e chiedo nella mia rete di contatti se ci sono particolarità per parlarne poi in puntata. La parte tecnica è fondamentale, quindi qualità dell’audio sia per il conduttore che per l’intervistato sono la bese, ma è anche importante non esagerare con la lunghezza della puntata, perché è risaputo che l’attenzione di un ascoltatore non è infinita. Per questo cerco di non andare troppo sopra la mezz’ora a puntata.
350 puntate all’attivo, quali sono state quelle di maggior successo?
La puntata in assoluto più ascoltata è quella con Matteo Zuretti dell’associazione giocatori NBA. Non mi aspettavo potesse avere così tanti ascolti, ma il ruolo di Matteo è molto interessante e andare dietro le quinte della NBA suscita sempre interesse per chi ascolta. Appena dietro c’è Dimitri Lauwers con la spiegazione della tecnica di tiro e lo studio su Steph Curry che ha attratto molti ascoltatori alla ricerca del perfezionamento della propria meccanica di shooting. Quella più inaspettata è stata senza dubbio quella del grande coach Mike D’Antoni, visto che mi han detto di contattare la moglie che si occupa della gestione dei contatti e lei carinissima mi ha permesso l’intervista.
Ci sono iniziative collaterali che usate per far crescere il podcast?
L’offline è importante e lo teniamo in grande considerazione nella nostra strategia di crescita. Ad esempio, abbiamo organizzato diverse Backdoor Night live con la presenza di ospiti “VIP” del basket per delle serate frontali, abbiamo prodotto un quiz dove gli appassionati si sono cimentati in una gara a premi mostrando le proprie capacità, abbiamo messo in piedi una gara di telecronaca NBA per coninvolgere i nostri ascoltatori. Abbiamo istituito un fantabasket, un gruppo telegram per parlare di basket con i nostri utenti, la redazione due o tre volte l’anno si ritrova per un meeting in cui ci sfidiamo a basket e ceniamo insieme parlando di basket. In ultimo, siamo presenti negli Stati Uniti, con ben 4 inviati che raccontano il basket oltreoceano sul nostro sito.
https://www.facebook.com/backdoorpod/videos/407108896825602/
Chi è intenzionato a creare un podcast, si blocca pensando ai costi alti per metterlo in piedi. E’ davvero così?
Per iniziare ci sono due cose su cui è necessario investire:
– Un software di editing audio che permetta di lavorare in post produzione sistemando i livelli, magari riducendo o togliendo rumori di fondo e ripulendo il file
– Ovviamente l’attrezzatura: una scheda audio esterna, un microfono e delle cuffie, se queste ultime possono andare bene tutte, una scheda audio esterna è fondamentale per poter collegare telefono e unità esterne per creare effetti.
L’inizio richiede un piccolo investimento ma non eccessivo (150-200 euro) perché come starter pack si possono trovare buone offerte, poi ovviamente con il tempo, si può salire di qualità e spendere qualcosa in più allestendo magari, un piccolo studio (io ce l’ho in cameretta ad esempio).
E per finire un consiglio per chi vuole cominciare a creare un podcast e chissà, trasformarlo in successo come il vostro.
Ci sono due aspetti fondamentali: un prodotto nuovo e la cura della qualità. Se inizio a fare un prodotto che esiste già o sono fenomenale (magari conosciuto) e divento (in un attimo) più bravo e appetibile di chi lo fa da anni o sono destinato a fallire, se invece trovo un’idea nuova e sono il primo parlare di quel tema, allora è più probabile conquistare gli ascoltatori. Ciò che non può mai mancare è la ricerca e il lavoro dietro la mezz’ora della puntata: nel mio caso, serve documentarsi su ciò di cui si sta parlando, guardare le partite se si devono fare approfondimenti, conoscere i giocatori attraverso clip e video se si fa dello scouting, studiare i personaggi e crearsi una rete di contatti se si vuole produrre un contenuto di qualità. La fase editoriale porta via sempre molto più tempo della puntata stessa, ma l’ascoltatore di basket, se stai dicendo una cosa di cui non sei perfettamente preparato, ti “scopre” subito. Ascoltare poi altri podcast, aiuta a migliorarsi e qui consiglio di guardare l’America in quanto sono ancora avanti rispetto a noi. La qualità è sempre la chiave, poi ci vuole pazienza e perseveranza.