Dopo l’annuncio delle big la nostra analisi con Gianluca Corbani, segretario della Figc/Lega Nazionale Dilettanti delegazione di Cremona, e Felice Biancardi, cofounder di Golee
«C’è in gioco il concetto stesso di questo sport. Finora il calcio europeo si è distinto per il sistema di promozioni e retrocessioni e per il merito sportivo. Con la Super League il modello cambia: una squadra, in ragione di un bacino di utenza mondiale, si compra il posto per giocare. Il rischio è che diventi un salotto per ricchi, dove pian piano i tifosi perdono accessibilità, oppure diventano turisti professionisti che pagano 200 o 300 euro per vedere una partita allo stadio». Gianluca Corbani, segretario della Figc/Lega Nazionale Dilettanti delegazione di Cremona e giornalista sportivo, ci ha aiutato a commentare l’annuncio della Super League, una competizione infrasettimanale lanciata da 12 squadre europee (tra cui Juventus, Inter e Milan) con un comunicato stampa clamoroso. «Siamo solo all’inizio di un lungo braccio di ferro diplomatico. Sorprendono sì le tempistiche e i metodi, ma non è la prima volta che le società più ricche puntano a una competizione europea privatizzata».
Super League: il bivio del calcio?
Andando a fondo nella storia del calcio degli ultimi decenni si scopre infatti che altri tentativi analoghi a quello delle ultime ore hanno rischiato di segnare una frattura nello sport più amato. Alla fine la UEFA, il governo del calcio europeo, è sempre riuscita a risanare le ferite e a riformare i propri modelli di competizione, allargando la Coppa dei Campioni prima e la Champions League poi a sempre più squadre, in un’ottica di maggiore accessibilità al torneo più importante di tutti. «Il primo che ha provato a rivoluzionare tutto fu Silvio Berlusconi nel 1988 – ricorda Corbani – quando ancora prima di vincere il suo primo scudetto col Milan rilasciò una dichiarazione sostenendo che il calcio fosse in mano a vecchi schemi. Le squadre con più pubblico, questo era il suo obiettivo, avrebbero dovuto competere in un nuovo torneo europeo».
Al di là del clamore della notizia sulla Super League, i giochi ancora non sono fatti. «Il potere è sempre di più in mano ai consumatori – ricorda Corbani – il modello che si va ad affermare con la Super League è quello di uno sport venduto come un contenuto, stile Netflix. In queste ore, però, le tifoserie si stanno facendo sentire. Ad Anfield (lo stadio del Liverpool, una delle 12 squadre che hanno aderito al progetto Super League, ndr) sono già apparsi striscioni che parlano di morte del Liverpool». Da oltre un anno il mondo del calcio, come tutti gli altri settori, sta subendo i colpi della pandemia e gli stadi chiusi hanno fatto male sia alle big, sia a chi lavora e corre sui campi di provincia. L’intera filiera del pallone vive uno dei momenti più critici della sua storia.
Nel frattempo, in provincia…
Su questo aspetto ci siamo rivolti anche a Felice Biancardi, presidente e cofondatore di Golee, startup innovativa con un bacino di oltre mille clienti tra le società sportive a cui offre un percorso di digitalizzazione completo. Ve ne avevamo parlato in occasione del loro ultimo crowdfunding. «I club fondatori della Super League – ci dice Biancardi – hanno circa un miliardo di tifosi: sarebbe un campionato tra le società più forti al mondo, come l’NBA. Ma verrebbe snaturato il calcio stesso, e la competizione a livello locale. Se vogliamo che il calcio resti uno sport bisogna dare la possibilità all’ultimo di sfidare il primo in classifica. Invece con questa iniziativa si va a perdere la tifoseria locale: tra dieci anni, magari, tutti tiferanno quelle poche squadre e la Serie A sarà come la Serie C. Sarà forse un calcio ricco di spettacolo e servizi, ma mancherà il legame col territorio».
A questo punto quali potrebbero essere i possibili scenari? «Io ne ipotizzo tre – argomenta Biancardi – nel primo le società della Super League vengono cacciate dalla UEFA e, con questo, i vari campionati perderanno sempre più interesse; oppure potrebbe essere che le squadre più attrezzate punteranno soltanto alla partecipazione alla Super League, invece che giocarsi la Champions; il terzo scenario è un compromesso tra UEFA e le società». Mentre scriviamo nel mondo calcio non si contano le prese di posizioni di FIFA, Uefa e tifosi contro la Super League.
Il calcio e le origini
Nelle proteste dei tifosi, così come nelle prese di posizione da parte delle istituzioni del calcio, la Super League viene vista come un affronto al calcio come gioco e come disciplina sportiva dove chiunque può ambire a una vittoria, o addirittura a un titolo, contro ogni aspettativa. Tutto questo ha molto a che fare con quello che accadeva nei campetti degli oratori (prima che il Covid bloccasse tutto). «Il calcio dilettantistico – dice Corbani – fornisce una base indispensabile di passione e di tifosi per le stesse società professionistiche. Tutti i calciatori di Juve, Milan, Inter sono partiti da società di paese. La spaccatura tra la base e il vertice della piramide potrebbe sbilanciare tutto il sistema. Pensare che il calcio ultra-professionistico possa sganciarsi del tutto è pericoloso». Nonostante sia stata sommersa dai fiumi di denaro che girano nel mondo del calcio, la maglia (e l’attaccamento ai suoi valori) valgono ancora per molti. «Questa vicenda può portare noi tifosi e appassionati a una presa di coscienza: se il calcio dell’élite ci vuole usare solo come consumatori, allora possiamo tornare a valorizzare certe abitudini. A valorizzare un calcio più accessibile».