Dopo Mothmen 1966 LCB Game Studio torna con un’altra esperienza graficamente convincente
Ricordate Mothmen 1966, la visual novel sviluppata da una software house indie argentina? Ebbene è arrivato il seguito, che va a irrobustire il progetto dell’antologia Pixel Pulp. In Varney Lake, i ragazzi di LCB Game Studio hanno mantenuto un’impostazione grafica molto retro, che continua a convincerci per come riesce a rendere le atmosfere molto anni ’80. Il gameplay è essenziale: bisogna leggere il testo (è disponibile soltanto l’inglese) e scegliere come far procedere la storia, talvolta risolvendo enigmi e situazioni dove un briciolo di logica vi farà procedere.
Come il suo predecessore, anche Varney Lake punta a raccontare una storia dell’orrore. Vi anticipiamo però che il viaggio non vi farà raggelare il sangue nelle vene. E non tanto perché stiamo parlando di un’esperienza ritmata dalla lettura, bensì perché la storia in sè è decisamente meno spaventosa del primo capitolo. Senza anticiparvi nulla ecco una breve sinossi, per ingolosire soprattutto gli amanti delle storie di vampiri.
Siamo nell’estate del 1954, un gruppo di tre amici – Jimmy, Doug e Christine – trascorre quello che tantissimi altri loro coetanei da generazioni fanno nel periodo delle vacanze. Passano tanto tempo insieme, chiacchierano, oziano. La loro quotidianità viene però stravolta quando, un giorno, scappando da un bulletto incontrano una strana figura. Nessuna suspense: è un vampiro.
Ci fermiamo a questo punto perché, senza colpi di scena o intrighi particolari, la trama procede verso i titoli di coda regalando comunque al gamer un’esperienza indie autentica e graficamente solida. La scelta dei colori in particolare, accesissimi (quasi al neon), fa un piacevole contrasto con le tenebre di moltissime scene. Le storie di Varney Lake e quella di Mothmen 1966 trattano epoche e personaggi differenti. Ma suggeriamo a chi se la sente di approfondire i prodotti di questa software house di partire dal primo episodio.