«Viviamo in una società dove ritagliarsi spazio per la coppia viene percepito come tempo perso. Per chi ha figli, poi, il sesso può diventare un tabù. Eppure potrebbe essere rivisto e rivissuto in mille modi». La festa degli innamorati, quest’anno, la vogliamo declinare dalla visuale di una donna che sui social si sta battendo da tempo per tematiche che hanno a che fare con le relazioni e la parità di genere. Gaia Rota ricorda di aver compiuto per amore una delle scelte più importanti della sua vita: «Era il 2012, facevo la fotoreporter e studiavo in Svizzera. Sarei dovuta partire per la Palestina ma poco prima ho scoperto di essere incinta. Ho scelto di rimanere».
Si dice che non esista amore più grande di quello tra una madre e un figlio, ma questo non significa che essere mamma possa bastare. In questa chiacchierata ci siamo fatti raccontare le sfide per l’amore di coppia quando sotto un tetto si è molti di più che in due. Per spiegare questo e molto altro, insieme al marito Michele Cattaneo ha lanciato un blog nel 2017, La Tenda in Salotto. A distanza di anni sui social il format parla di diritti, genitorialità e affettività.
Siamo in sex recession?
Non sarà romantico, ma scegliamo di fare partire l’intervista da un fenomeno che è stato definito sex recession. In Francia, ad esempio, un adulto su quattro (24%) ha dichiarato di non aver mai fatto l’amore negli ultimi 12 mesi (nel 2006 era un adulto su dieci). Senza l’arroganza di racchiudere in una risposta la spiegazione di questo fenomeno così complesso ci è sembrato utile chiedere un commento.
«È ancora un tema tabù – ci spiega Gaia Rota -. Siamo cresciuti in una cultura secondo cui quando arriva un figlio un genitore deve essere considerato solo tale. E in questo contesto tendiamo a vedere nell’altro solo l’espressione della genitorialità. Ma il bello del lavoro di coppia sta nel ricordarsi come si era. È un lavoro basato sul dialogo».
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Chi è Gaia Rota
Gaia Rota è oggi titolare di un’azienda di comunicazione, vive con la famiglia a Lecco ed è mamma di Lavinia (12 anni), Brando (6), Nilde (3) e Tea (1). Sulla pagina Instagram de La Tenda in Salotto l’obiettivo è quello di mostrare non il Paese delle fiabe, ma come vive una famiglia numerosa che ha scelto di esporsi su tematiche come i diritti e l’educazione affettiva fin da quado si è piccoli. «L’educazione affettiva significa saper chiedere il permesso. È pretendere il rispetto del confine del proprio corpo». Un gesto che potrebbe senz’altro aiutare l’adolescente e adulto di domani a sapersi comportare al meglio in una relazione amorosa. «In alternativa deleghiamo tutto alla pornografia sessualizzata, maschilista e prevaricatrice».
L’amore è ancora in tendenza?
Quante saranno le coppie che si sono conosciute, ritrovate su Facebook e poi innamoratesi nella vita reale? I social sono a tutti gli effetti uno dei luoghi dove Cupido è pronto a scoccare la sua freccia (a volte basta un like o la visualizzazione di una storia perché poi tutto accada). Sarà sempre così? «Sì, secondo me ci si può ancora innamorare grazie ai social. Accorciano le distanze e, se sei fortunato, puoi trovare una persona con i tuoi stessi interessi».
Da mamma di quattro bimbi, Gaia sembra perfino rassicurata di quanto la tecnologia sia in grado oggi di proteggere di più rispetto a un tempo. «Noi rischiavamo di innamorarci di qualcuno che non era davvero chi diceva di essere. Oggi basta una videochiamata per farsi un’idea di chi si ha davanti, dall’altra parte dello schermo».
In un periodo storico dove sembra prendere piede più la disillusione, rispetto all’ottimismo, più la disattenzione del dialogo vero, il messaggio che sui social La Tenda in Salotto cerca di trasmettere parte da un concetto di base: riconoscersi come pari all’interno della coppia, entrambi importanti e decisivi per il benessere reciproco. «Lo ammetto: essere coppia in una famiglia di sei non è facile. C’è poco tempo. Ecco perché noi andiamo a cena dentro, quando mettiamo a letto i figli. Ci vestiamo come se dovessimo uscire, e ordiniamo da mangiare. Poi, quando è possibile, andiamo pure a ballare».