Da studente Andrea Gori ha partecipato al programma Impresa in Azione e dopo il diploma non ha avuto dubbi: ecco come è nato il suo Master Fruit
Dall’impresa fatta tra i banchi di scuola all’impresa vera. Andrea Gori, 20 anni, ha avuto la fortuna di avere un professore attento all’imprenditorialità quando andava a scuola, e l’opportunità di partecipare al programma di formazione “Impresa in azione” organizzato da Junior Achievement Italia, l’organizzazione non profit che si occupa di diffondere la cultura dell’impresa nelle scuole. Bagaglio che ora sta spendendo su Master Fruit, il negozio di frutta e colazioni biologiche che ha aperto con il fratello Luca, 25 anni, nel centro di Bergamo. «Una specie di starbucks italiano con prodotti ricercati» lo descrive. «Una cosa mai vista a Bergamo. Per questo temevano di chiudere dopo una settimana. Invece, dopo tre mesi, sta andando benissimo».
Tutto è cominciato a scuola…
«Esatto. Ho frequentato la ragioneria Inberg di Bergamo. Tra il terzo e il quarto anno tutta la classe ha preso parte a Impresa in azione. Abbiamo cominciato a pensare al prodotto stimolati da un docente che insegnava economia aziendale».
A che prodotto avevate pensato?
«Si chiamava Happy Ear. Avevamo trovato azienda inglese che faceva tappi per le orecchie particolari per luoghi particolarmente rumorosi, come gli autodromi, ma li vendeva solo online. Uno di noi li conosceva personalmente e siamo riusciti a importare il prodotto e rivenderlo in Italia».
Avete trasformato la classe in un’azienda?
«In una multinazionale a dir la verità! Oltre a noi c’erano nello stesso progetto con una scuola spagnola, una svedese e una norvegese, quindi 4 classi di tutta europa formavano un’azienda. Nella nostra classe ci siamo divisi in ruoli (su votazione) e alla fine la struttura era quella di una azienda vera e propria. Una parte dei tappi li abbiamo commercializzati online, un’altra l’abbiamo venduta ai concerti o nelle fiere».
Ma chi vi seguiva?
«Il programma prevedeva la presenza di un tutor esterno alla scuola. Noi avevamo un manager di Microsoft che veniva in classe una volta ogni due settimane e ci spiegava l’ambiente aziendale. E’ stata davvero molto utile la sua presenza».
Così che dopo la scuola sei diventato un imprenditore.
«Sapevo di non voler andare all’università dopo le scuole superiori. Non che non fossi portato, a scuola sono sempre andato bene. Ma volevo fare qualcosa di mio, e poi ho avuto l’opportunità di aprire il negozio con mio fratello Luca».
Come è nata l’idea?
«Dalle macerie di altri progetti franchising in food. Volevamo aprire nella nostra città qualcosa che non c’era e piuttosto che rinunciare all’apertura di un locale del genere abbiamo cercato di realizzare concretamente le nostre idee».
Me lo descrivi?
«E’ una specie di Startbucks in misura molto più piccola e con prodotti particolari. Andiamo dalla colazione con caffè bio e brioche vegane allo yogurt probiotico, dai centrifugati di frutta fresca all’aperitivo. Abbiamo anche un packaging da asporto, tutto si può portare via, in perfetto stile anglo-americano. Io e mio fratello abbiamo girato un po’ il mondo, tra Londra, New York, Miami e altri posti dove ristoranti del genere sono molto affermati e nella norma. Bergamo è città molto chiusa, anche nella mentalità, ed il nostro timore era che un posto del genere non potesse prendere piede. Per fortuna ci sbagliavamo».
Il nome lo avete preso da Masterchef?
«La verità? Sì. Ci piaceva come suonava Master Fruit, con il logo dà un’idea di fresco».