L’ultima a siglare un accordo per affidarsi all’energia nucleare per alimentare i propri data center è Google. Big G ha individuato una startup, Kairos, affinché vengano costruiti sette piccoli reattori entro fine decennio, con l’obiettivo di diversificare le fonti energetiche e abbandonare gradualmente il carbone. Una volta a regime la multinazionale guidata da Sundar Pichai farebbe affidamento a 500 megawatt per reggere parte della propria infrastruttura, messa alla prova dall’impennata dei servizi dedicati all’AI. Ma, come dicevamo, Google è in buona compagnia.
I piani di Microsoft sull’energia nucleare
La società che ha investito oltre 10 miliardi di dollari in OpenAI è tornata da un paio d’anni al centro della scena. Lo stesso co-founder Bill Gates è a favore dell’energia nucleare e ci investe con il progetto TerraPower in Wyoming. A fine settembre Microsoft ha siglato un accordo con Costellation Energy per riattivare un’unità della centrale di Three Mile Island in Pennsylvania: secondo Reuters sarebbe un riavvio unico nel suo genere.
Il Financial Times ha pubblicato un’analisi che mette in evidenza l’interesse crescente di multinazionali tecnologiche (ma anche banche) nei confronti di questa fonte di energia. Ciò non significa che Amazon, Google, Microsoft e altre multinazionali possederanno centrali: per quanto promettente le aziende preferiscono investirci come clienti finali, senza assumersi rischi ulteriori legati a ritardi e problematiche legate alla costruzione degli impianti.
I piani di Amazon sull’energia nucleare
Nella partita c’è pure Amazon. La primavera scorsa la società guidata da Andy Jassy ha acquisito per 650 milioni di dollari un data center da Talen Energy alimentato con energia nucleare. Talvolta gli interlocutori sono grandi gruppi, ma anche aziende innovative. Il ruolo delle startup nella transizione è fondamentale: in Italia esistono esempi come newcleo, scaleup che punta propria ai piccoli reattori.