Medicina personalizzata, servizi predittivi con l’AI, consulto costante con robot e machine learning. Le startup che trainano l’innovazione della salute in Europa valgono 41 miliardi di dollari. Per il nostro longform domenicale intervista a Stefano Casagrande, Ceo di DaVinci Salute
«Un trend legato al mondo della salute è quello dei digital twin, i gemelli digitali. In futuro ciascuno avrà un profilo sanitario su un’app dedicata: è la soluzione per essere seguiti al meglio, con medici che ragionano a mo’ di equipe». Stefano Casagrande, 36 anni, è l’amministratore delegato di DaVinci Salute, startup dell’ambito healthcare attiva dal 2018 oggi parte del gruppo Unipol. In questa intervista a StartupItalia ci ha aiutato a scattare un’istantanea dell’ecosistema, in crescita anche nel nostro Paese. Grazie a una piattaforma in cloud integrata con il Fascicolo Sanitario Elettronico l’azienda punta a semplificare il contatto diretto e l’interazione tra medico e paziente. Tramite app quest’ultimo può inoltre prenotare visite con medici e specialisti, accedere a teleconsulti e condividere documenti. «Tutto questo per evitare di ricorrere a quello che noi chiamiamo il dottor Google». Stiamo parlando di tutte le volte in cui digitiamo un sintomo alla disperata ricerca di una diagnosi online. Vi è mai capitato? Siate sinceri…
Da 5 a 41 miliardi
Secondo i dati di Dealroom nel 2015 le aziende europee di ambito healthtech valevano 5 miliardi di dollari complessivi. L’ecosistema è cresciuto fino a valerne 41 nel 2021. Di mezzo, ovviamente, la pandemia, che ha sconvolto i piani di chiunque, mettendo al centro l’innovazione e la tecnologia al servizio dell’individuazione di vaccini in grado di proteggere più persone possibili.
Nel corso delle nostre interviste ai venture capitalist è emerso in maniera incontrovertibile quanto le startup – e le biotech in particolare – siano le principali fautrici della cosiddetto drug discovery: l’innovazione proviene da quelle aziende, come BioNTech, alle quali poi si affiancano le grandi case farmaceutiche per studi clinici e commercializzazione. Eppure nel dibattito interno all’innovazione spesso ci si dimentica di quanto certi attori siano cruciali nelle sfide future.
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L’innovazione non basta
Non esiste un ambito in cui innovare sia facile. D’altra parte esistono contesti talmente complessi e regolamentati come quello sanitario che obbligano chiunque scelga di intraprendere un’iniziativa ad avere cognizione di causa. Prima di lanciare DaVinci Salute, Stefano Casagrande ha macinato chilometri e chilometri, viaggiando in lungo e in largo nel mondo per lavorare come management consultant. «Ho lavorato all’estero per sei anni in otto nazioni diverse tra Arabia Saudita, Russia, Dubai, Kazakistan, Inghilterra, Irlanda, Polonia e Belgio. Mi ha permesso di collaborare con aziende come J&J e Pfizer».
Il suo compito non era tanto di natura medica, quanto di efficientamento dei processi produttivi, ad esempio quando si trattava di sviluppare vaccini. Specializzatosi nell’organizzazione aziendale, ha avuto modo di interagire con importanti clienti non soltanto in ambito privato. «Ho lavorato con il ministero della Salute saudita – ci racconta Casagrande – hanno in progetto una trasformazione del sistema sanitario, con ambizione e budget importanti. Hanno coinvolto i migliori consulenti al mondo». Riad, non è un segreto, punta da anni su innovazione – dal gaming alla salute – per voltare pagina rispetto alla struttura di Stato legato ai petroldollari, aiutandosi anche con grandi operazioni di marketing che non devono però mai farci dimenticare il disprezzo per i diritti umani e civili da parte del regime di Mohammed bin Salman.
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Il futuro dell’healthtech
Proprio in questo percorso di conoscenza globale del settore healthcare Stefano Casagrande ha modo di conoscere il futuro cofounder di DaVinci Salute, Andrea Orani. «Sulla salute c’è tantissimo da fare. Ai nostri inizi con la startup non c’era ancora stata una platform revolution come in altri settori. Penso a quel che è stato Airbnb per l’housing, Uber per la mobilità, Facebook per i social». Lanciandosi in questa nuova avventura, di rientro in Italia, i due hanno così scelto di focalizzarsi sul primary care. «Abbiamo esplorato le varie opportunità sulle cosiddette tematiche a bassa complessità».
In pochi anni dalla fondazione DaVinci Salute ha raggiunto un importante traguardo. Pochi mesi fa UnipolSai ha deciso di investire sull’azienda (la cifra non è stata resa nota) acquisendone il 66% delle quote. «Prima di quell’operazione avevamo raccolto 1,2 milioni di euro», sottolinea il Ceo. Ad oggi la startup conta su un team di oltre 60 persone tra sviluppatori, operations, product, marketing, sales, business developers, mentre i medici registrati sono 2mila e i pazienti che utilizzano la piattaforma mezzo milione. Come ci ha spiegato Casagrande è in Lombardia dove l’azienda sta lavorando con i risultati più importanti: «DaVinci Salute supporta circa il 10% dei medici di famiglia in uno dei più innovativi programmi di cura delle cronicità in Europa aiutando a ridurre dell’8,6% l’accesso al pronto soccorso e del 5,4% l’ospedalizzazione dei pazienti arruolati nel programma».
Con un’offerta legata alla salute che si è gradualmente digitalizzata, il panorama italiano necessita ancora di investimenti, sia sul personale sia sulle tecnologie. Per evitare l’affollamento dei pronto soccorso strumenti come quello di DaVinci Salute stanno svolgendo la propria parte. In un momento in cui si parla poi molto di intelligenza artificiale, Casagrande ci ha suggerito infine quale potrà essere l’impiego in ambito digital tech: «Con una semplice foto ad esempio di un neo, elaborata da un algoritmo, l’AI visionerà milioni di referenze e risultati per fare diagnosi rapide».