«Per anni abbiamo parlato dell’open innovation come soluzione per quelle aziende che non volevano fare la fine di Blockbuster. I principali player mondiali hanno capito la lezione così bene che sono loro i primi a reinvestire le proprie disponibilità nel mercato dell’AI. Ma per vincere la sfida l’Europa è partita in ritardo». Giorgio Ciron, Direttore di InnovUp, ci ha dato la sua visione sul presente e futuro dell’Ue, a meno di un mese dalle elezioni dell’8 e 9 giugno che determineranno la composizione del prossimo Parlamento e, di conseguenza, la direzione politica della Commissione che guiderà l’esecutivo di Bruxelles per i prossimi cinque anni.
L’intervista a Giorgio Ciron (InnovUp) su Europa, AI e investimenti
Come ci ha raccontato Francesco Cerruti, Direttore di Italian Tech Alliance, la terza via europea resta un sentiero percorribile e potenzialmente ricco di opportunità di crescita per l’ecosistema dell’innovazione. Servono d’altra parte le riforme, una visione comune, un mercato più ampio del Venture Capital. Altrimenti la partita risulta persa in partenza.
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L’AI è l’argomento centrale in ogni dibattito sull’innovazione. Qual è la situazione vista dall’angolo Ue?
Come sempre l’Europa sta cercando una terza via sull’AI. Ma purtroppo, come ha detto Alec Ross durante la nostra assemblea annuale, il fatto di aver approvato l’AI Act pone l’Unione come arbitro di una partita che non potrà mai vincere. Nuovamente, davanti ad una rivoluzione tecnologica, siamo nella posizione di regolarla e non guidarla. Con questo non voglio dire che il tema etico non vada affrontato. Anzi, è centrale.
Eppure l’Europa avrebbe alcune carte da giocarsi. Mistral AI è il nuovo gioiello francese, in cui ha peraltro prontamente investito Microsoft.
Questa partita si vince sui fondi. Se negli USA ci sono aziende come OpenAI che ha raccolto oltre 10 miliardi di dollari, è duro recuperare quel gap. Oggi il mondo dell’AI ricorda quello dei motori di ricerca all’inizio del loro sviluppo: c’erano tanti soggetti, e non si capiva chi avrebbe vinto. Noi crediamo che ci sia spazio per uno, massimo due super champion.
Cosa occorrerebbe fare a livello europeo per creare terreno fertile e dar vita a nuove scaleup?
Servono massa critica e aggregazione. Possiamo vincere questa sfida solo se creiamo un vero champion europeo. Per farlo però servono i capitali che al momento nessuno Stato europeo da solo può mobilitare. Serve una integrazione vera: mi immagino una grossa piattaforma per il Venture Capital europeo, per mettere a fattor comune le risorse. Occorre una legislazione comune a livello di startup per facilitarne il movimento. Da non scordare poi la governance: mi aspetto che nella prossima Commissione qualcuno abbia una delega chiara sul tema. Potrebbe senz’altro esserci un Commissario sull’AI.
Le startup fanno parte dell’economia reale, anche se con numeri ancora ridotti in Italia. Perché è importante il loro contributo?
In Italia riscontriamo una difficoltà di visione a medio e lungo periodo. Ma è bene ricordare che investire in startup significa garantire posti di lavoro e crescita. E questo è ancora più vero in un continente che affronterà una crisi demografica drammatica. La soluzione non può che essere l’innovazione per aumentare la produttività. E poi sottolineo un altro nodo, che vale per tutti in Europa: se non viene reinvestito in nuove iniziative imprenditoriali il risparmio privato accumulato grazie al debito pubblico, che ci ha permesso di vivere in benessere per decenni, allora non potrà che erodersi.
Sull’AI lo scenario non è così incoraggiante per l’UE. Ci sono altri comparti su cui puntare?
Come economie europee possiamo giocare una partita importante nelle startup deeptech, un aspetto peraltro intercettato in maniera efficace nel piano industriale di CDP Venture Capital 2024/2028. Sono quelle le realtà in cui abbiamo un vantaggio competitivo, grazie alle filiere e al manifatturiero. Altri settori interessanti sono aerospace, life science ed energia. A titolo di esempio ritengo probabile che la nuova centrale a fusione nasca in Europa, piuttosto che in altre zone del mondo, perché qui abbiamo le competenze per farlo.
L’hai citato: il piano di CDP Venture Capital. Potrà far nascere i nuovi campioni nazionali dell’innovazione?
La strategia è giusta: bisogna focalizzare le risorse un po’ meno a pioggia e più sullo scaling delle startup. Il lavoro svolto finora ha aumentato le valutazioni e l’ammontare medio dei round di investimento di startup seed e pre seed in Italia. Ora bisogna consolidare queste fasi e favorire la crescita dei round successivi. Bisognerà poi attrarre i capitali internazionali per i mega round: sono quelli i fondi per giocare la partita economica internazionale.