DMAT, società deep-tech nata come spin-off del Massachusetts Institute for Technology (“MIT”), attiva in Italia e negli Stati Uniti, ha annunciato la chiusura di un round da 4,5 milioni di euro.
La realtà specializzata nel settore del calcestruzzo e delle malte ha sviluppato una tecnologia capace di allungare la vita di servizio e ridurre la carbon footprint del calcestruzzo del 60%.
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L’investimento in DMAT
L’investimento di capitale da 4,5 milioni di dollari è stato guidato da Primo Capital SGR s.p.a. tramite il suo fondo Primo Climate. Il finanziamento è finalizzato a supportare il processo di commercializzazione e internalizzazione della tecnologia sviluppata da DMAT, oggi già certificata in Europa e utilizzata con successo sia nel settore delle grandi infrastrutture autostradali che in quello dei manufatti prefabbricati.
Tra gli investitori che entrano nel capitale di DMAT: Safar Partners, fondo di venture americano che investe in cleantech e nuovi materiali, AI IT e robotics, e life science; PeopleFund, holding privata che investe in startup tecnologiche globali; Deep Future, il fondo deep-tech di Pablos Holman, inventore e futurista americano; Corbites, fondo europeo di venture capital che agisce come catalizzatore per l’innovazione, assieme ad altri investitori di rilievo globale attivi nel settore deep-tech.
Come è nata DMAT?
L’idea, che ha messo le basi come spin-off nel MIT, è stata co-fondata da Admir Masic, professore associato del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Massachusetts Institute of Technology (MIT), e ha sviluppato una tecnologia innovativa basata su filler e miscele proprietarie che migliora le performance del calcestruzzo e delle malte da ripristino, aumentandone la resistenza e allungandone la vita grazie alla sua proprietà autoriparante (“self-healing”).
Nel momento in cui si formano le fessure, infatti, i materiali DMAT sono in grado di “cicatrizzarsi” senza bisogno di interventi esterni, grazie all’attivazione di particolari reazioni chimiche. Inoltre, la tecnologia DMAT fornisce un’alta resistenza alla carbonatazione, un effetto combinato che permette di raddoppiare la vita utile delle strutture. Allo stesso tempo, DMAT riduce la percentuale di cemento necessaria nel calcestruzzo e nelle malte, consentendo una riduzione dell’impronta carbonica nella filiera immobiliare, in vista anche dei rincari di questa materia prima in Europa nei prossimi anni, stimati tra il 230% e il 330%.

