Un sistema ipertecnologico che sfrutta le potenzialità della coltivazione aeroponica. L’Ortocubo permette di far crescere, in un metro cubo di spazio, oltre 60 tipi di piante. Inoltre, è un sistema modulare: uno sull’altro i cubi possono dar vita ad un orto verticale.
L’agricoltura del futuro non avrà bisogno di altra terra da coltivare. Uno dei più grandi problemi per il futuro del nostro pianeta infatti, quello legato alla carenza d’acqua e di terreni per la coltivazione, è stato trasformato in una risorsa da tre giovani creativi italiani. Fabio Monteleone, Luca Mattiello e Andrea Costa – questi i nomi dei fondatori della startup Ortocubo – fanno praticamente a meno della terra.
“L’ultimo step dell’evoluzione dell’agricoltura è la totale automazione del processo vegetativo, in strutture dedicate”, si legge sul loro sito ufficiale. “Costruzioni nuove o preesistenti riqualificate e destinate ad ospitare serre per la coltivazioni di vegetali”. È proprio questo nuovo modello a ispirare OrtoCubo, un sistema che unisce la tecnologia con i principi della coltivazione aeroponica. In sostanza, è una serra aeroponica modulare automatizzata con un sistema hardware in grado di controllare le diverse fasi di crescita delle piante. Consente qualsiasi tipo di coltura, con numerosi vantaggi in termini di spazio, tempo e risorse.
Coltivare senza terra ma con l’aiuto della tecnologia
Secondo le Nazioni Unite, nel 2050 la popolazione globale arriverà a sfiorare i 10 miliardi di abitanti. Allo stesso tempo, perdiamo cinque milioni di ettari di terreno coltivabile ogni anno a causa dell’urbanizzazione, della scarsità d’acqua e dei cambiamenti climatici. Ciò significa che la domanda di cibo aumenta mentre diminuiscono velocemente le risorse a disposizione: è quindi necessario ripensare le tecniche di coltivazione.
Ottenere di più,in meno spazio
È questa la ricetta di cambiamento proposta dagli ideatori di Ortocubo. Per la precisione, Ortocubo permette di far crescere, in un metro cubo di spazio, oltre 60 tipi di piante.
Anima di questa innovazione è il loro innovativo modulo Grow Box. Al suo interno, “le radici sono sospese direttamente nei vasi e viene vaporizzata l’acqua insieme alla sostanza nutrizionale direttamente sulle radici”, racconta Monteleone. “Quello che non viene assorbito dalle radici ricade nella vasca di riciclo e viene rivaporizzato”. Questo comporta innumerevoli vantaggi rispetto all’agricoltura tradizionale, in termini di qualità del cibo, produttività e risparmio. Come ad esempio un risparmio d’acqua di circa il 90%, ma anche la riduzione nell’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti. Inoltre, “la resa è nettamente superiore rispetto all’agricoltura tradizionale e abbiamo una totale e certa predicibilità di resa e qualità”.
Il raccolto lo controllo da casa, grazie ad una app
La serra è modulare e scalabile. I moduli possono essere facilmente collegati fra di loro così da consentire lo sviluppo di un orto verticale. Non parliamo però solo di ottimizzazione degli spazi. “Il nostro modulo ha una componente altamente tecnologica – ricorda Monteleone – che monitora tutti i parametri di crescita delle piante, quali temperatura, umidità, luminosità e ph”. I dati raccolti vengono poi gestiti da un software che garantisce le migliori prestazioni del prodotto, attraverso profili ottimali specifici per ciascuna coltura.
L’utente può tenere sotto controllo i parametri e monitorare l’andamento di crescita del proprio raccolto, attraverso un’applicazione web. “Si può accedere in remoto al sistema che controlla le piante”, “sottolinea Monteleone. “Quindi in ogni momento e in qualsiasi posto si trovi, l’utente può controllare l’andamento della sua coltivazione”.
Un orto “a prova di squali”
Ortocubo è pensato per agricoltori alle prime armi alle prese con un piccolo orto cittadino ma anche per la coltivazione a livello industriale. La sua modularità potrebbe essere anche un incentivo per la riqualificazione di magazzini o capannoni in disuso da destinare alla creazione di Vertical Farm.
Intanto, Fabio Monteleone e i suoi soci hanno già raggiunto un primo, importante, risultato: strappare agli squali di Shark Tank un deal da 50mila euro in cambio del 30% della società. “Con questi soldi perfezioneremo il prototipo e ci prepareremo a metterlo sul mercato”. Obiettivo fissato per i primi mesi del 2016.