Hanno trasformato l’Italia in un grande campus per studenti e ricercatori che arrivano qui da ogni parte del mondo per formarsi, esplorare le sfide dell’innovazione e individuare soluzioni per il futuro dell’industria. Loro sono Carlotta Borruto e Marco Mari, 34enni veneti, fondatori di Italia Innovation, un centro di ricerca e sviluppo indipendente dedicato all’economia manifatturiera italiana. Insieme hanno ideato un Summer Program che riunisce ricercatori, professori universitari e aziende del made in Italy. È un viaggio che attraversa l’Italia, da nord a sud, alla scoperta della diversità industriale e della ricchezza culturale del nostro Paese. Un viaggio che racconteranno in prima persona, nei prossimi mercoledì, su StartupItalia, come una sorta di diario di bordo. Trenta i ricercatori selezionati per l’edizione 2024. Provengono dalle migliori università internazionali, Stanford, UCLA, Harvard. «La nostra mission è aprire l’Italia al mondo. Siamo convinti che il nostro Paese possa essere un crocevia per i ricercatori, che qui possono trovare ispirazione e affrontare questioni cruciali per l’economia, per il futuro del capitalismo e delle democrazie occidentali. È un’occasione per dare il meglio del nostro Paese e ricevere input preziosi dall’esterno», spiega Marco.
La visione (e le origini) di Italia Innovation
«Italia Innovation per noi ha un doppio significato», aggiunge Carlotta. «Da un lato è l’innovazione di cui l’Italia ha bisogno, dall’altro è la ricetta italiana all’innovazione. Qual è il contributo che il nostro Paese può dare al cambiamento? La risposta è nella qualità, nell’attenzione per i dettagli, nella relazione con la comunità, tutte caratteristiche riconosciute come intrinsecamente italiane».
La loro storia inizia nel 2014 in H-Farm. «Io studiavo a Padova, Carlotta economia alla Bocconi. Con alcuni amici e l’aiuto di Riccardo Donadon (founder dell’incubatore di Treviso) avevo sviluppato un prototipo di programma legato a tematiche economiche con un focus sul nord-est. Carlotta è stata tra le prime partecipanti», racconta Marco. «Insieme poi abbiamo deciso di ampliare il progetto, farlo diventare un’impresa e svilupparlo come centro di ricerca, estendendolo a tutto il Paese».
Il programma on the road
Il viaggio è iniziato il 1° luglio da Vicenza e prosegue tra Cesena, Firenze, Napoli, Tolentino, Milano. A Bologna i ricercatori hanno partecipato a un dialogo tra l’ex premier Romano Prodi e Bill Emmott, ex Direttore dell’Economist. «Una conversazione utile a dare una visione su come si posizione l’Italia in Europa e su quali sono le sfide economiche e socio-politiche che il Paese deve affrontare», spiegano i founder.
Il tour poi fa tappa negli headquarter di grandi aziende di diversi settori industriali: Technogym, leader nelle attrezzature per lo sport, Poltrona Frau, rappresentante del design italiano, Ratti, nota per l’eccellenza della seta. E poi le realtà dell’agroalimentare: Frescobaldi, Distillerie Nardini, Pastificio Agricolo Mancini, Tenuta Vannulo.
«Quest’anno, oltre alle imprese, abbiamo coinvolto anche due Comuni come casi di studio sul tema dello sviluppo locale». A Vicenza e Valdagno i partecipanti esamineranno l’impatto delle strategie industriali sui territori e sulle comunità. «Il nostro obiettivo è integrare la formazione accademica con l’esperienza diretta sul campo. Poter conoscere i territori e incontrare chi lavora nelle aziende, gli imprenditori e i manager permette di approfondire gli argomenti studiati nei dipartimenti universitari e confrontarsi sulle questioni più attuali».
Le sfide per il futuro dell’industria
Italia Innovation si interroga sul ruolo che l’economia italiana può avere nello scenario globale. «Trattenere e attrarre i talenti, italiani e internazionali, è la questione cruciale sulla quale si gioca il futuro della nostra economia. È un tema strategico per le aziende e per i territori, considerando anche che le imprese manifatturiere sono spesso concentrate nei distretti industriali, non nelle grandi città di per sé più attrattive. Serve uno sforzo comune di imprese, istituzioni, università».
Un’altra sfida per l’industria italiana riguarda la tecnologia. «Pensiamo, per esempio, all’impatto che l’intelligenza artificiale può avere non solo a livello produttivo e organizzativo, ma anche sulla creatività e sul patrimonio italiani. Quali porte potrebbero aprire questi nuovi linguaggi?». Sempre più centrale sarà anche il cambiamento climatico. «Dovremmo chiederci come fare sistema per affrontare le sfide ambientali che valicano le possibilità di azione della singola azienda».
C’è poi il rapporto tra tradizione e innovazione. «Abbiamo chiesto ai ragazzi come pensano che l’Italia possa contribuire alla costruzione del futuro nel mondo e tutti si sono focalizzati sul nostro “soft power”, sull’heritage italiano. La tradizione però non deve diventare una trappola, un peso che ci tiene indietro. Può essere un punto di forza invece se indirizzata verso il futuro».
Dal made in Italy al made by Italy
Alla fine del percorso, i ricercatori trarranno le conclusioni e svilupperanno le loro riflessioni sul futuro del «Made by Italy». “By” perché più che sulla provenienza geografica delle produzioni, l’accento è posto sull’insieme di competenze e valori propri della cultura industriale italiana e sul loro ruolo nel contesto internazionale. «Pensiamo all’Italia non solo come luogo, ma come mindset. In che modo il pensiero e il saper fare delle aziende italiane possono generare ispirazione e possono contribuire ad affrontare le sfide del mercato globale? Pensiamo ai valori unici che si possono contaminare con il mondo». La contaminazione è un altro degli ingredienti base per il futuro dell’industria, secondo Marco e Carlotta. Uno scambio di idee, strategie e visioni che anche Italia Innovation alimenta. «Per tutto l’anno dialoghiamo con i professori dei migliori atenei al mondo per discutere la nostra ricerca. Facciamo incontrare studenti e docenti. Avviciniamo i talenti alle imprese. E molti poi diventano a loro volta imprenditori».