«Ogni generazione affronta le proprie sfide. Non so se oggi ci sia davvero un’emergenza depressione tra i giovani. Ma senz’altro è la prima generazione nata con la tecnologia e la dipendenza da cellulare e social media. Questo può creare isolamento, ansia, depressione». Silvia Wang è Ceo e Co-founder di Serenis, startup italiana che offre sedute di psicoterapia online. In occasione della Giornata mondiale della salute mentale, aggiungiamo il suo punto di vista da imprenditrice in un settore che fino a qualche anno fa non sembrava interessare così tanto gli investitori. Ad oggi l’azienda ha raccolto 6,5 milioni di euro.
Una startup dopo l’altra
Silvia Wang, 38 anni, della propria infanzia ricorda una cosa in particolare. «I miei genitori sono stati tra i primi migranti cinesi arrivati in Italia. A Brescia hanno aperto il primo ristorante cinese della città». E poi c’è un’altra cosa di cui era certa, o quantomeno che ha assorbito fin da piccola. «Penso di aver sempre saputo che avrei fatto l’imprenditrice. Magari non nel digitale, ma senz’altro credevo che avrei fatto qualcosa di mio. Il primo esempio che ciascuno ha è quello dei genitori. E fare impresa per i miei era la normalità».
Dopo gli studi in Economia alla Bocconi, il salto verso il mondo startup non è arrivato in Italia, ma nel sud est asiatico. «Sono stata a Taiwan e in Indonesia. Lavoravo per Rocket Internet, esperienza che mi ha aperto al settore innovazione». Sposata con Marco Ogliengo, oggi Ceo di Jet HR, con lui ha studiato il rientro in Italia, basandosi su un modello di business. «Nel momento in cui abbiamo deciso di tornare ci siamo messi a lavorare all’idea di ProntoPro».
ProntoPro è stata lanciata nel 2015, in un’altra epoca per l’ecosistema italiano. Ecco come ricorda Wang quegli anni: «Una cosa super difficile. Dieci anni fa non esisteva questo mondo, dal fundraising alla ricerca di persone disposte a lavorare in startup. Ma alla fine è andata bene e durante la pandemia abbiamo deciso di lanciare Serenis». Dalla piattaforma dei lavoretti a quella che si occupa di salute mentale che cambiamento è stato?
La lezione di un’exit
«In realtà dopo l’exit di ProntoPro non avevo nessuna voglia di ributtarmi. Ma si parlava moltissimo di malessere mentale, un tema a me caro». L’interesse cresceva e di conseguenza i capitali a disposizione erano maggiori. «All’estero avevo visto diverse startup in Rocket Internet attive sull’ambito health. Ma non come Serenis. Credo che se avessimo lanciato prima non avrebbe funzionato».
La pandemia ha permesso di aprire gli occhi sulle condizioni di milioni di persone, giovani e non. Paure, ansie, preoccupazioni, stress, burnout: termini di cui si parla sempre più spesso, con una sensibilità maggiore. «Ma il tabu sulla salute mentale resiste, c’è ancora lo stigma. Eppure mai come oggi se ne parla. È soprattutto grazie ai giovani che le cose stanno cambiando. Per l’80% degli italiani la salute mentale è importante quanto quella fisica». E poi ci sono i personaggi pubblici, che si sono esposti. «La campionessa Simone Biles ha accesso i riflettori nel mondo dello sport (qui il video della conferenza stampa nel 2021 ai Giochi Olimpici di Tokyo, ndr)».
Quando il lavoro è troppo?
Molto è cambiato negli ultimi anni sul fronte lavoro, in particolare nell’ecosistema startup. «Ho scoperto di essere incinta quando ho deciso di lanciare Serenis. Dal giorno uno siamo full remote. E credo tantissimo in questo. In alcuni casi è la condizione d’obbligo per attrarre talenti». Le scuole di pensiero differiscono, ma è innegabile il beneficio a lungo termine in termini di minor stress negli spostamenti e maggiore produttività. «La bellezza del full remote è che puoi lavorare con un tuo collega. Abbiamo avuto team che hanno vissuto un mese in Grecia o in Germania. A livello di policy lo smart working è una opportunità».
Ma il rischio non è quello di non smettere mai di lavorare? C’è chi il lavoro se lo porta a casa, ma che dire dei rischi di chi ha l’ufficio sotto il tetto? «Ho appena fatto uno speech su un tema a me caro. Quel che conta è la salute mentale, non tanto il work-life balance. Ci sono momenti nella vita in cui vuoi lavorare 12 ore al giorno. Era quello che volevo fare ai tempi di ProntoPro, ero con mio marito, stavo bene. Non è il ritmo, ma l’essere consapevoli di qual è la priorità che ti fa stare bene».