Nel primo semestre del 2025, gli investimenti in startup italiane hanno mostrato segnali positivi. Tuttavia, il confronto con Paesi come la Spagna evidenzia ancora un forte divario sul volume complessivo delle operazioni. Per capire cosa manca e come possiamo colmare questo gap, abbiamo raccolto la visione di Paolo Barberis, fondatore di Nana Bianca, una delle realtà più attive nel sostegno all’innovazione e all’imprenditorialità tecnologica in Italia.
«Non possiamo permetterci altri ritardi»
Barberis fotografa un momento di transizione: l’Italia è cresciuta, ma troppo lentamente. Il rischio, secondo il founder di Nana Bianca, è quello di restare marginali nella competizione globale, soprattutto in ambiti strategici come l’intelligenza artificiale.
«Ogni anno in cui si investe meno, soprattutto nei settori strategici come l’AI, perdiamo terreno in modo quasi irreversibile», sottolinea. «Non possiamo più accontentarci di essere utilizzatori: dobbiamo diventare creatori di tecnologie AI-first».

La soluzione? Una visione industriale chiara e politiche di incentivo continue, capaci di attrarre capitali privati e supporti pubblici mirati. Una strategia che sia strutturale e non emergenziale.
Lo scale-up che non decolla
L’Italia mostra dinamismo nella fase early stage, ma non riesce a trattenere i suoi migliori talenti nella fase di crescita. I round Serie A e successivi restano pochi e spesso con partecipazione limitata di capitali internazionali.
«Formiamo talenti eccellenti, ma poi li perdiamo perché non trovano qui le condizioni per fare il passo successivo». Barberis identifica in questa difficoltà un problema culturale prima ancora che finanziario: serve rafforzare la fiducia nel rischio imprenditoriale, dare strumenti concreti e generare un contesto che motivi le nuove generazioni a innovare in Italia, non altrove.
Reinventare acceleratori e startup studio
Nel nuovo scenario post-pandemico, il ruolo degli acceleratori deve evolversi. Nana Bianca punta su un approccio ibrido tra startup studio e accelerazione tradizionale, operando a stretto contatto con i team, anche da remoto, e superando i vincoli territoriali. «Non si tratta solo di selezionare e finanziare, ma di costruire, accompagnare e affiancare le startup in modo operativo».

Questo modello può funzionare in tutta Italia, a condizione che venga sostenuto da operatori privati, politiche pubbliche intelligenti e una vera strategia nazionale sull’intelligenza artificiale — non più vista solo come strumento d’intrattenimento, ma come leva trasversale per la produttività di ogni comparto economico.
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