Startupper anche lui, Moroni ha scritto un libro di critica verso il mondo startup per aprire gli occhi a chi voglia intraprendere questa avventura
Raccontare le startup (come sono nate, grazie a chi, gli sviluppi e gli obiettivi) è una cosa che noi di StartupItalia facciamo quotidianamente. Ma ci sono altri aspetti, di questo mondo, da non sottovalutare: la difficoltà dei founder, i problemi da risolvere, i finanziamenti da cercare e tanto altro. Ne abbiamo parlato con Mario Moroni (qui il suo sito) imprenditore digitale, speaker, startup mentor e autore del libro ‘Startup di merda‘.
Perché hai scelto il titolo’ Startup di merda’?
“Startup di merda è una provocazione. Tutto il mondo startup digitale viene visto in maniera molto edulcorata, molto fighetta…tutto molto bello. Però, la realtà dei fatti è che qualcuno doveva raccontare quali sono le difficoltà e i problemi di questo mondo. Non è un libro contro, ma è stato il primo libro in Europa critico. Ha aiutato a scoprire delle problematiche. L’idea è nata quando conducevo una trasmissione radiofonica che si chiamava Aperitivo aziendale e intervistavo le startup. Dopo più di 300 interviste ho capito che le problematiche erano uguali per tutti: legate al mondo dell’impresa, del finanziamento, dell’esecuzione, alla gestione dei dipendenti e alle competenze. Non tutti possono aprire una startup, di sicuro non si deve farlo solo perché fa figo. Il mito di oggi che ognuno può essere imprenditore di se stesso non è completamente collegato con la realtà”
Nel tuo libro parli di Startup che copiano altre…
“C’è il fenomeno del copy and paste che, soprattutto in America, è molto positivo: prendere il business model e l’intera struttura della startup e cambiare nome e alcune cose, su cui magari ci sono dei brevetti, e rimetterla sul mercato. Perché non è detto che gli utenti acquistino solo perché funziona bene, acquistano perché è di moda, è nuovo o è interessante a livello pubblicitario. Nel libro parlo di chi considera le proprie aziende startup e invece non lo sono. In Italia la startup innovativa è ampiamente normata, ma molto larga. Oggi con un brevetto, due persone che hanno fatto un master diventano una startup anche se non fanno nulla di innovativo. Per me lo è chi riesce a innovare nel prodotto o nel servizio. Che non è per forza inventare il teletrasporto, ma innovare nell’esecuzione e non è facile e infatti tante startup non funzionano perché non innovano un bel niente. Fanno solo qualcosa di un po’ fighetto”.
Chi sono i motivatori di startupper?
“Ce ne sono tanti in tutti gli ambiti e alcuni sono indispensabili, ma il fatto che dobbiamo essere tutti motivati dall’Anthony Robbins non lo capisco. Nel mondo startup ci sono queste persone che motivano chi dovrebbe essere già motivato. Infatti la domanda che mi faccio è: ‘Se sei uno startupper l’ultima cosa di cui hai bisogno è qualcuno che ti motivi a farlo’, perché altrimenti non lo faresti o lo faresti male”. Mario ci parla anche di un altro fenomeno molto diffuso e che fa sorridere appena lo nomina ‘I Cin Cin Networking‘: “Probabilmente l’Italia è il paese numero uno al mondo per eventi sul mondo startup e digital, eventi breakfast, eventi serali, aperitivi sulla terrazza, sotto la terrazza. Ovunque ci si incontra per parlare di startup. Ci piace raccontarcela, fare un po’ di brindisi e dire che siamo andati all’evento fashion startupparo e poi postarlo su instagram con hashtag tipo ‘I love my job‘”.
Cosa sono le truffe alle startup?
“Dove c’è business ed economia c’è anche il mondo della criminalità. Da un certo punto di vista, c’è ancora ignoranza nel fare impresa. Pochissimi startupper sanno cos’è veramnete un investitore e cosa vuol dire diventare manager della propria startup con i soldi di altri. Sono situazioni particolari in cui i furboni e i delinquenti emergono perché non conosciamo bene nessuna tipologia di modello e neanche gli altri paesi. Magari ti aiutano chiedendo di creare insieme la società in un altro paese, come Londra, e ti chiedono 2mila euro per aprirla, senza sapere che non servono quei soldi. Quando ti basi sulla fede e non sulla competenza cadi in tranelli. E il business dei criminali si basa sull’ignoranza. Tanti cadono nella rete e c’è molta omertà nel mondo startup perché, mentre fallire è quasi sdoganato, ma è ancora dura da raccontare, essere truffati è totalmente nuovo e non si racconta per non provare l’imbarazzo. Ecco, cominciamo a denunciare!”.