I cittadini si autoisolano, la capitale è meno vitale, ma ciò non ferma il contagio
Si va verso un bizzarro lock down “de facto” in Giappone. Sembra infatti che la maggior parte della popolazione della capitale abbia deciso di seguire gli inviti della governatrice di Tokyo, Yuriko Koike, a restare a casa. Il 7 aprile il Primo ministro Shinzo Abe ha dichiarato lo stato di emergenza a Tokyo, a Osaka e in cinque prefetture: Saitama, Kanagawa, Chiba, Hyogo e Fukuoka ma senza prevedere sanzioni per chi trasgredisce. Anche i negozi nella capitale possono restare aperti, ma molti hanno autonomamente deciso di tirare giù le serrande in attesa di tempi migliori.
Molta meno gente per strada a Tokyo
Che Tokyo si stia svuotando lo dimostrano anche le sei webcam che abbiamo scelto per monitorare l’evoluzione di questo insolito esperimento. Al momento, infatti, è la sola grande città al mondo che, pur dovendo far fronte a un numero crescente di contagi, ha scelto di non operare scelte drastiche.
Ogni paragone con la Svezia, l’altra nazione che sembra volere tirar dritto verso l’immunità di gregge sarebbe fuori luogo per densità demografica e invecchiamento della popolazione, che rendono virtualmente il Giappone il Paese in cui il Coronavirus potrebbe espandersi con la massima virulenza. In Svezia, peraltro, dove le scuole e gli uffici restano aperti, così come la possibilità di assembramento (fino a 50 persone), i contagi sono balzati a 10mila unità mentre i decessi sono 887.
Per questo tutto il mondo guarda ora con curiosità a quanto accade in Giappone (e anche noi, attraverso le sei webcam), per capire se siano sufficienti le strategie adottate finora che vertono essenzialmente sul buon senso e sul senso civico dei singoli cittadini nipponici.
Secondo i dati, le strade al centro della capitale si sono svuotate nel corso del primo fine settimana, con flessioni di oltre il 60% del traffico di passeggeri nella metropolitana di Tokyo. In realtà, secondo le testimonianze, la situazione sarebbe a macchia di leopardo: parecchia gente ancora in giro nei quartieri residenziali, molte meno persone in strada in quelli degli affari, complice anche la chiusura di molti uffici. Discorso affine per i negozi: chiuse le grandi catene del centro, ma faticano a recepire il messaggio i piccoli gestori. Invece la governatrice ha espressamente richiesto la chiusura di attività come i karaoke e i bar che in Giappone sono organizzati di norma in locali molto angusti dove sarebbe impossibile rispettare le norme sul distanziamento sociale.
C’è insomma spirito collaborativo e la propensione molto nipponica a rispettare le norme anche laddove non siano collegate a sanzioni sembra bilanciare il lassismo delle autorità nel muoversi verso misture più stringenti. Tuttavia, questo non sembra arrestare l’avanzata dell’epidemia di Coronavirus: il numero di nuovi casi si è assestato a 639 unità portando il totale a 6.823 positivi, con 143 morti.
Cos’è lo stato di emergenza
“Secondo una stima degli esperti, se tutti noi facciamo uno sforzo e riduciamo le interazioni con gli altri di almeno il 70-80 percento, dovremmo essere in grado di vedere l’aumento del picco di infezioni e poi rallentare in due settimane”. Era ciò che aveva dichiarato martedì 7 aprile il Primo ministro nipponico, Shinzo Abe, annunciando lo stato di emergenza.
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“La cosa più importante, più di ogni altra, è cambiare il comportamento delle persone”, aveva ribadito il premier. Al momento però è tutto virtualmente ancora aperto. E adesso si affronta il primo week end di quarantena: i cittadini saranno ligi alle regole nonostante nell’aria si senta la primavera e si sia in pieno periodo di Sakura, ovvero di alberi in fiore (quasi una festa nazionale, in Giappone)? Nel caso aumentassero le persone fuori starà alle amministrazioni locali decidere cosa fare e rischiare in prima persona le conseguenze di decisioni parecchio impopolari, perché il governo centrale ha già fatto capire che se ne lava le mani…