Restano escluse diverse nazioni di peso: Stati Uniti, il Brasile e la Russia
Sarebbe finalmente pronto il documento finale che domani permetterà una riapertura coordinata alle frontiere esterne dei Ventisette Paesi dell’Unione europea. Sarebbe, appunto, perché quando si parla di Ue la cautela è d’obbligo e finché non sarà resa nota la versione finale, sottoscritta da tutti, qualche dubbio permane. Si va però verso l’ufficializzazione di quanto trapelato nei giorni scorsi.
Frontiere esterne a 14 Paesi (più la Cina)
La lista, elaborata sull’incrocio di più criteri (stato di diffusione del virus, curva discendente e stato della sanità per capire la validità dei dati forniti) comprende 14 Paesi: Algeria, Australia, Canada, Georgia, Giappone, Montenegro, Marocco, Nuova-Zelanda, Rwanda, Serbia, Corea del Sud, Thailandia, Tunisia e Uruguay. A questi si aggiunge la Cina, nel caso dal paese asiatico ci fosse reciprocità nei confronti dei cittadini comunitari.
Chi resta fuori dall’Unione europea
Nonostante le insistenze dei Paesi del blocco ex sovietico e quelle delle nazioni votate maggiormente al turismo, restano escluse diverse nazioni di peso: Stati Uniti, il Brasile e la Russia. Ogni 14 giorni il documento sarà comunque ridiscusso per stabilire modifiche (si spera in positivo).
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Le frizioni sugli accessi e le chiusure
Non ci sono solo i Paesi dell’Est che vorrebbero riaprire il prima possibile le porte alla Russia (che continua ad avere difficoltà col Coronavirus: nelle ultime 24 ore si sono registrati 6.719 nuovi casi di Covid-19, che portano il totale dei contagiati dall’inizio dell’epidemia a 641.156 e i decessi 9.166, di cui 93 nel corso dell’ultima giornata). Ci sono anche nazioni che non vogliono perdere l’inizio della stagione turistica, già gravemente compromessa.
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Tra questi anche il nostro. La decisione di escludere taluni Paesi potrebbe costarci cara: secondo l’ISTAT, nel 2018, con una quota sul totale delle presenze di turisti non residenti pari al 27,1%, i tedeschi si sono rivelati i più assidui frequentatori dell’italico Stivale. E fin qui tutto bene perché loro possono già venire in Italia dal 2 giugno scorso. Seguono, però, i turisti provenienti da Stati Uniti, Regno Unito (entrambi sui 6,5 punti percentuali), mentre com’è noto risulta in forte crescita il turismo cinese, aumentato tra il 15 e il 16% nel 2018 e nel 2019, anche se rappresenta ancora solo il 5% delle presenze straniere.