Dopo il blocco di Twitter da parte di Ankara, deciso dal governo nel tentativo di silenziare le polemiche sui ritardi nei soccorsi, l’uccellino blu torna a cinguettare: è stato anche utilizzato dai feriti per segnalare la propria posizione
Dopo ore di blocco, Twitter torna a funzionare in Turchia. Si può, quindi, di nuovo accedere al social dopo che le autorità di Ankara ne avevano disposto il blocco probabilmente in conseguenza alle proteste diffuse online sui ritardi nei soccorsi e alle polemiche sulle mancate misure di sicurezza nell’edilizia.
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Il blackout di Twitter in Turchia dopo il terremoto
La tragedia che ha colpito Siria e Turchia, e che oggi registra un bilancio di quasi 16mila morti, ha determinato anche l’interruzione dei flussi di comunicazione su Twitter dopo le immagini della tragica devastazione, di chi stava chiedendo aiuto e le critiche diffuse sul social per i ritardi nei soccorsi. Una decisione presa dal Governo di Ankara probabilmente per limitare le critiche rivolte al presidente Erdogan sulla risposta disorganizzata e tardiva al terremoto di lunedì 6 febbraio. Secondo NetBlocks, un’organizzazione non profit che si occupa, tra le altre cose, di monitorare l’accesso a Internet e che, per prima, ha notato l’anomalia, il blocco è stato il risultato di un ordine governativo, dato che è stato realizzato con un software installato dalle principali società che forniscono la connessione a Internet.
Ma in questi giorni di disperazione, il social veniva utilizzato anche da alcune persone rimaste sotto le macerie per segnalare la propria posizione. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, aveva invitato a stare in guardia “dai provocatori”, che a suo avviso avrebbero diffuso notizie false; successivamente è arrivato il blocco. Alla domanda sul perché nel paese fosse molto difficile accedere a Twitter, il vicepresidente turco Fuat Oktay aveva attribuito le difficoltà a «problemi tecnici»; una risposta che sin da subito è risultata poco plausibile. Twitter era, quindi, sino a poche ore fa, inaccessibile ai principali gestori di telefonia mobile della Turchia. Lo stesso organo di controllo della governance di Internet, netblocks.org, aveva dichiarato che l’accesso a Twitter era stato limitato “su diversi fornitori di servizi Internet in Turchia”.
Perché la Turchia ce l’ha con Twitter
Questa non è la prima volta che Erdogan restringe l’accesso alle piattaforme social in momenti di emergenza. Il metodo chiamato “SNI filtering” è molto utilizzato dai paesi che ricorrono di frequente al blocco di determinati siti internet e può essere aggirato usando una VPN: un servizio che permette di fingere che il proprio computer sia connesso da un altro Paese rispetto a quello in cui ci si trova. Proprio lo scorso ottobre, il parlamento turco aveva approvato una legge “contro la disinformazione” che, tra le altre cose, obbliga le aziende tecnologiche a rimuovere immediatamente contenuti se questo viene richiesto dalle autorità, ma anche a fornire loro i dati di chi ha pubblicato quei contenuti. In base alla legge, le aziende che non rispettano le richieste governative possono subire un rallentamento dei loro servizi in Turchia. E dato che Twitter è il social network usato principalmente da giornalisti e politici, ma anche quello a cui moltissime persone ricorrono per chiedere aiuto in momenti di emergenza, è proprio questa piattaforma ad attirare particolarmente l’attenzione dei Governi.