Space Lizard Studio ci regala uno di quei videogiochi dove non si può non procedere. Anche se, all’inizio, fa paura
Non si sa perché uno debba entrare in una magione spettrale, con appena una torcia in mano mentre calano le tenebre e ogni minimo rumore farebbe sudare freddo chiunque. A meno che quel qualcuno non sia un pezzo di carta privo di anima ma dotato di coraggio e curiosità. Per Xbox Series X/S, Paper Cut Mansion è l’indie che va a nozze con il clima di Halloween e, vi avvisiamo già, di titoli simili ce ne sono recensiti una marea sul nostro magazine, per tutti i gusti. Sviluppato da Space Lizard Studio è un interessante roguelite dalle tinte horror, che vuole esasperare le occasioni di spavento con trucchetti jump scare ai quali ci si abitua alla svelta. Essendo un mondo sottile, fatto di cartapesta spiegazzata, non aspettatevi nulla che vi toglierà il sonno. O forse sì?
Dopo un veloce incipit in cui prendiamo confidenza con le movenze leggiadre del nostro avatar, il detective Toby, veniamo scaraventati in una casa spettrale, esattamente come quelle che abbiamo visto milioni di volte in film, cartoni animati e serie a tema Halloween. Da fuori sembra neanche troppo grande, ma una volta entrati ci inoltreremo in un labirinto dove, girato l’angolo, avremo già perso l’orientamento. Il gameplay mescola alcuni generi, a cominciare dai primi enigmi stile puzzle game per uscire dalla stanza iniziale, sbloccando la serratura con un codice segreto.
Interessante la modalità con cui gli sviluppatori permettono al gamer di indagare i singoli elementi. L’oggetto in questione viene evidenziato a tutto schermo e, con lo stick, lo possiamo far ruotare, scoprendone angoli nascosti con fogli utili o preziose monete da raccogliere. Assimilata alla svelta questa dinamica, Paper Cut Mansion ci offre poi un piccolo aiutino, vista la situazione scomoda in cui ci troviamo. Una falena fluorescente svolazzerà sopra di noi, senza mai abbandonarci: se mai dovesse posizionarsi su una parete allora significa che dobbiamo esplorare nelle vicinanze per procedere nella storia.
Storia che, elemento da sottolineare, è disponibile in italiano. Purtroppo in fase di traduzione sono stati commessi alcuni strafalcioni, ma nel complesso il tone of voice degli NPC è coerente con la situazione surreale che viviamo nella magione degli spettri e le canzoni vengono interpretate a dovere. L’elemento che conquista di Paper Cut Mansion è la ricchezza degli ambienti interni ed esterni, stracolmi di oggetti in cartapesta, molti dei quali interattivi e covo di jump scare a volte telefonati, a volte meno.
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Se amate i film e il gusto noir di Tim Burton, il videogioco oggetto della nostra recensione vi conquisterà in pochi minuti, a cominciare da una colonna sonora chiaramente ispirata alle atmosfere giocosamente horror del regista di Nightmare before Christmas. Oltre all’esplorazione, c’è anche l’azione vera e propria: la fuga da fantasmi o altre creature da incubo è il più delle volte l’unica strada praticabile per aver salva la carta. In alternativa, quando le cose si mettono male, c’è sempre la possibilità si impugnare un fucile e aprire il fuoco.
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Scordatevi situazioni da sparatutto: il combat system si regge dopotutto su avatar fatti di cellulosa e dunque l’effetto è volutamente goffo e rallentato. Tornando al comparto grafico, è stato fatto un eccellente lavoro su luci e ombre: in certe situazioni la sola presenza di una lanterna illuminerà una fetta risicata della stanza, lasciando in angosciante penombra il contesto generale in cui potrebbe annidarsi l’ennesima minaccia. La luce, infine, sappiate che ha le sue sfumature non sempre rassicuranti.
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Il modo migliore per gustarsi Paper Cut Mansion è dunque gettare il cuore oltre l’ostacolo e riflettere sul fatto che, in fondo, stiamo davvero parlando di pezzi di carta. Vi spaventerete all’inizio, ma presto farete il callo a scherzetti innocui, concentrandovi così soltanto sullo scoprire di più sulla storia di questa casa, sugli NPC improbabili che la abitano e sulle stranezze che ce l’hanno resa intrigante da che eravamo sull’uscio.