Rispetto al fratello maggiore gioca la carta della compattezza. Forse il miglior smartphone del 2022, ha bisogno solo di un prezzo più aggressivo
Diciamo subito che non è un compito facile quello che si prefigge il Pixel 6a: combattere nella fascia di mercato più affollata e competitiva, quella intermedia che vede decine e decine di concorrenti anche di marchi blasonati disputarsi le quote di mercato che costituiscono una parte importante dei volumi di vendita. Poi Google ci mette del suo, e come al solito decide che il modo giusto di fare le cose è solo e soltanto quello immaginato a Mountain View: il design, le scelte tecniche, sono tutte peculiari e richiedono all’utente di sposare spiritualmente il progetto Pixel oltre che acquistare il telefono. Il risultato, va detto, è molto buono: se soltanto Google avesse voglia di osare e di sfidare la concorrenza anche sul piano del prezzo, di questo 6a se ne venderebbero davvero tanti.
Estetica consolidata
Se avete visto un Pixel 6, allora il Pixel 6a non avrà sorprese per voi: le linee sono quasi indistinguibili dai fratelli maggiori, e l’unica variazione significativa sono il numero di fotocamere a bordo. Sono soltanto due sul prodotto di cui parliamo oggi, e tra l’altro a differenza dei modelli superiori sono basate sullo stesso sperimentatissimo sensore che Google sta usando da anni nei suoi smartphone. D’altra parte non è questione di megapixel hai, ci dicono da sempre gli ingegneri di Big G, ma di come si usano: l’esperienza fotografica su Pixel è sempre stata innanzi tutto una questione software, e questo modello non fa eccezione come vedremo.
Le dimensioni sono ovviamente più compatte, grazie all’adozione di uno schermo da 6,1 pollici: il display rimane un FHD+ OLED, ma la frequenza di refresh cala a 60Hz e il rivestimento è in Gorilla Glass 3. Anche il materiale con cui è costruito il posteriore è più basic: di fatto è in plastica, ma è davvero indistinguibile dal vetro degli altri Pixel. Tra l’altro manca anche la ricarica wireless, che pure sarebbe stata tecnicamente possibile: poco male, come vedremo l’autonomia con questo 6a non è stata un problema.
Non c’è più il jack audio da 3,5mm: in compenso c’è una certificazione IP67 che farà felice molti utenti, così come la decisione di non variare in modo significativo la scheda tecnica sotto il cofano. Lo stesso processore che spinge Pixel 6 e Pixel 6 Pro, il primo sviluppato in casa da Google e chiamato appunto Google Tensor, è alla base dell’architettura anche del Pixel 6a. Vero è che la RAM montata è pari a 6GB contro i tagli superiori negli altri modelli: ma non pensiate che ciò determini chissà quali e quanti cambiamenti nella vita di tutti i giorni.
Il punto fondamentale, in ogni caso, sono le misure del Pixel 6a: poco più di 15 centimetri di altezza per 7 di larghezza, si impugna comodamente grazie a un rapporto di forma 20:9 e bordi arrotondati e può agevolmente essere usato con una mano soltanto. Anche la bilancia segna valori interessanti, con 178 grammi che non sono affatto male vista la batteria da oltre 4.400mAh montata.
Prova su strada
L’esperienza Pixel è per Android quanto di più vicino si possa immaginare a quella iPhone+iOS in casa Apple. Software e hardware lavorano assieme per offrire performance sempre adeguate, la grafica dell’interfaccia è coerente e il nuovo principio su cui è basata l’ergonomia di Android 12 (presente naturalmente a bordo) consente di effettuare molte operazioni con un paio di tocchi soltanto. La potenza del processore Tensor, inoltre, tiene testa a qualunque esigenza: giochi, elaborazione fotografica, navigazione sono tutte comodamente alla portata del terminale.
A dirla tutta, è possibile muovere qualche critica a Google sotto il profilo del software: come è ovvio, la prima cosa che ho fatto è stato confrontare direttamente il Pixel 6a con il Pixel 6 Pro, e mi sono così accorto che inspiegabilmente non c’è coerenza tra sfondi e widget disponibili sui due telefoni. Se per gli sfondi è una questione estetica, magari legata all’intenzione di differenziare i prodotti, non è chiaro perché un widget che mostra a schermo l’autonomia della batteria debba essere presente sul 6 Pro e mancare su 6a (in realtà poi è arrivato, ma con un altro nome): potrebbe dipendere da qualche dettaglio hardware che ignoro, ma il fatto di non poter costruire esattamente la stessa interfaccia (e dunque esperienza) tra i due smartphone mi ha infastidito: qui c’è spazio per migliorare, per quegli affinamenti che fanno di iOS un prodotto tutti-i-gusti che tanto piace a quello stesso pubblico che potrebbe decidere per il Pixel se solo ritrovasse lo stesso tipo di offerta in tutto e per tutto.
La durata della batteria, la qualità delle chiamate, la resa dello schermo sono tutte più che adeguate e non solo in relazione alla fascia di prezzo di cui questo smartphone fa parte: in particolare l’autonomia sembra davvero buona in relazione alla capacità dell’accumulatore montato, e sconta solo una ricarica rapida da appena 18W che non fa gridare al miracolo (occhio che l’alimentatore: come ormai abitudine per tutti, non è presente in confezione). Non mi è capitato ancora di finire la batteria anzitempo, comunque, a riprova che l’ottimizzazione hardware+software in questo caso è parecchio efficace.
Veniamo alle fotocamere. Selfie ok, niente da sottolineare in questo caso. Impressionante ciò che Google invece riesce a tirar fuori dai datati sensori montati sul posteriore (il sensore principale montato è lo stesso usato dal Pixel 2 in avanti!): sia grandangolare che ultrawide si muovono bene di giorno e alla sera, con qualche limite sulla risoluzione massima (soprattutto la principale avverte il peso degli anni) ma con un ottimo equilibrio per quanto attiene contrasto, gamma dinamica, controllo del rumore di fondo. Pure i video 4K sono apprezzabili, con una buona stabilizzazione: di nuovo, dobbiamo ricordarci qual è la fascia di prezzo di appartenenza per questo smartphone, e davvero il software Google si comporta alla grande anche grazie allo stesso processore e alle stesse unità di elaborazione montate sui modelli superiori.
Sembra strano da dire, ma questo Pixel 6a può essere tranquillamente considerato un “camera-phone”: scatta delle gran belle fotografie, non fa quasi mai rimpiangere i fratelli maggiori (ha delle funzioni software in meno, tipo il panning), e ciò nonostante costi la metà del Pro (che però ha sensori di qualità superiore e uno zoom a bordo). Qualche limite in più si nota con i video, ma non parliamo di differenze tali da sconsigliare l’acquisto: diciamo che Google è riuscita, una volta per tutte, a consolidare l’idea che chi acquista Pixel godrà di un’esperienza fotografica eccezionale. A maggior ragione, parlando di un prodotto per chi ha budget contenuto si tratta di una ottima notizia.
Quanto costa il Pixel 6a
L’unico limite reale di questo smartphone Google è il prezzo: 459 euro sono davvero troppi per riuscire a essere seriamente competitivi nella fascia media, anche in virtù del fatto che le ammiraglie di 12 mesi fa spesso si riescono a trovare in vendita a prezzi poco superiori e che raramente gli smartphone Pixel si trovano scontati. Un vero peccato: se il telefono fosse costato 50, o magari 100 euro in meno, non avrei avuto dubbi sul consigliarlo a chiunque. Davvero l’equilibrio individuato tra ogni funzione e specifica è eccellente, i limiti tecnici (refresh dello schermo, materiali, risoluzione dei sensori fotografici) non si avvertono affatto nella vita di tutti i giorni.
Google prosegue nella sua strana politica di gestione dei Pixel: fa trascorrere mesi tra annunci e messa in commercio, in Italia addirittura i suoi smartphone sbarcano con altre settimane o mesi di attesa, finendo per mortificare le ambizioni di questi prodotti che invece avrebbero parecchio da dire. Evidentemente, a Mountain View sono più preoccupati del rischio di generare un pericoloso concorrente per tutti i marchi che adottano Android come sistema operativo che di dover registrare vendite insoddisfacenti per la gamma Pixel. Ma, come dimostra il caso Surface di Microsoft, si può costruire ottimi device e venderli con profitto senza cannibalizzare il mercato.
Il Pixel 6a è finito di filato nel mio zaino: quando sono in giro per lavoro porto sempre con me almeno due se non tre smartphone, il Pixel 6a è praticamente perfetto per le mie esigenze, soprattutto grazie a funzioni intelligenti come la trascrizione automatica delle registrazioni vocali o la traduzione automatica, senza contare che peso e dimensioni ridotte aiutano a contenere il carico che mi metto in spalla. C’è dell’intelligenza evidente dietro il design di alcune funzioni e di alcuni particolari dello smartphone, c’è senz’altro un team preparato che si occupa di sviluppare questi prodotti: sarebbe bello che fosse messo in condizione di sfidare ad armi pari la concorrenza.