Ce ne ha parlato Stefano Zanero, esperto di cybersecurity e docente al Politecnico di Milano
«Credo che quel documento sia stato male interpretato. Si parlava in buona sostanza di resilienza per quanto riguarda il sistema russo. Mosca chiedeva a tutti i propri siti governativi di eliminare le dipendenze dai sistemi stranieri: in altre parole, i domini che si possono trasferire in .ru devono seguire questa procedura e collegarsi all’authority russa». Stefano Zanero, esperto di cybersecurity e docente al Politecnico di Milano, ha inquadrato a StartupItalia una situazione in continua evoluzione. Questo particolare aspetto della guerra in Ucraina è stato evidenziato nei giorni scorsi sui social, con la diffusione del sopracitato documento che, secondo alcuni osservatori, suggeriva la preparazione da parte di Mosca alla disconnessione dall’internet globale. La questione potrebbe essere ancora più complicata: Putin ha sì approvato una legge nel 2019 per la sovranità di internet e il paese ha già effettuato test di disconnessione negli scorsi anni. «Ma, se ci mettiamo nei panni di chi amministra un sistema in Russia, quella di ridurre le dipendenze da sistemi esteri è un operazione più che sensata: devono porsi il problema ora che buona parte delle compagnie straniere ha chiuso i ponti con Mosca».
Difficile dire se Putin avesse previsto l’unanimità nel mondo occidentale contro la sua operazione militare speciale che ha dato il via all’invasione dell’Ucraina. Così come è difficile stabilire se l’ipotesi di una disconnessione da internet sia una reazione al blackout di servizi (da Visa al mondo gaming) che sta colpendo tutti gli utenti russi online, oppure invece una misura in buona parte messa da conto per un’autosufficienza digitale in tempo di guerra. «L’Ucraina ha avuto un discreto successo nella propria campagna che chiedeva a organizzazioni e aziende di bloccare vendita di prodotti e servizi in Russia – ha ricordato Zanero – e ha anche chiesto all’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers, ndr) di disconnettere il paese di Putin da internet. Qui, però, la faccenda si complica».
Il nodo ICANN
Come ha infatti ricordato Zanero, pur essendo un organizzazione neutrale, da circa 20 anni si discute del ruolo di ICANN («di fatto è una corporation americana») come regolatore di alcune funzioni chiave di internet. «Russia e Cina stanno spingendo per il trasferimento di tutte le sue competenze all’ITU (International Telecommunication Union, ndr) che governa le reti telefoniche. In questo circostanza, con la guerra in Ucraina, ICANN ha dovuto dimostrare neutralità», non assecondando la richiesta di Kiev per oscurare la rete in Russia.
Guerra in Ucraina: il ruolo di internet
A quasi due settimane dall’invasione dell’Ucraina, in Occidente l’eco mediatica di quanto stava e sta succedendo alle porte dell’Europa ha monopolizzato il dibattito pubblico. «Mi sento di dire che è il primo caso in cui la famigerata potenza di disinformazione russa si stia confrontando con un nemico alla pari. La comunicazione sui social media fatta dall’Ucraina è stata estremamente efficace» e ha permesso a Kiev di ottenere un effetto mediatico imponente a livello globale. Tutta questa visibilità, per quanto in grado di influenzare l’opinione pubblica internazionale, finora ha però potuto poco rispetto alla guerra fatta di soldati e carri armati.
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«Ho fatto mia una frase pronunciata di recente da Stefano Mele (avvocato e responsabile del Dipartimento Cybersecurity Law dello studio Gianni&Origoni, ndr) – ha detto Zanero – la guerra è una cosa troppo seria per essere combattuta nel cyberspazio». Approccio che si discosta di molto rispetto al dibattito in corso sulla guerra cibernetica, vista come la nuova incombente minaccia. Su questo il professore del Politecnico ha un’idea netta: «La cyber guerra è un concetto molto esagerato. Noi che non viviamo questo conflitto dal vivo e ne riceviamo soltanto le schegge siamo paradossalmente più attenti a questo aspetto. Secondo me, nel momento in cui ci sono stivali e carri armati sul terreno, i cyber attacchi sono secondari. Il punto fondamentale da capire – ha concluso – è che la cyber guerra non è separata dalla guerra vera, ma ne alimenta attività di supporto».