Secondo un rapporto dell’ILO, l’agenzia ONU del lavoro, i nuovi assunti saranno più di quanti rimarranno senza impiego nelle industrie tradizionali. Molto però dipenderà dalle politiche dei singoli governi
Buone notizie, per una volta, dal mercato del lavoro. Nell’ultimo report annuale dell’ILO, agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di “promuovere il lavoro dignitoso e produttivo in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana per uomini e donne”, si legge che nel 2030 la green economy avrà sopperito alle perdite di posti di lavoro dell’industria tradizionale. Addirittura, secondo lo studio, ci sarà un surplus di nuovi assunti nel green, ben 24 milioni di persone, ben al di sopra di quanti, nello stesso periodo di tempo, rimarranno senza lavoro perché la propria attività industriale sarà nel frattempo stata sostituita e ottimizzata dalle nuove tecnologie.
Uno scenario più che ottimista, che è però legato a doppio filo alle politiche dei singoli governi, che saranno chiamati a promuovere in maniera decisa il passaggio ad un’economia sostenibile. La transizione da una produzione industriale tradizionale a una green porterà, allo stesso tempo, alla perdita di sei milioni di posti di lavoro in quelle industrie che fanno affidamento su una produzione basata sullo sfruttamento del carbone.
Si uscirà dalla povertà grazie alla Green Economy
“La green economy – ha detto Deborah Greenfield, direttore generale dell’ILO – permetterà a milioni di persone di uscire dalla povertà e garantirà condizioni di vita migliori alle generazioni future”. Attenzione, però, avverte la Greenfield: molto dipenderà anche dalla salute del nostro ambiente. La crescita delle temperature e il cambiamento climatico preoccupano l’agenzia, la quale prevede che questi fattori porteranno ad una diminuzione del 2% delle ore di lavoro globali nel 2030.
Andando poi ad analizzare nello specifico i diversi settori, l’ILO stima che quasi tutti i 163 tipi di lavoro analizzati trarranno beneficio dalla svolta green, ma in 14 di questi causerà la perdita di almeno 10 mila posti di lavoro ciascuno in tutto il mondo. Due settori in particolare, quello dell’estrazione del petrolio e della raffinazione, lasceranno senza occupazione almeno un milione di lavoratori.
I Paesi che più beneficeranno della svolta green
Se i Paesi terranno insomma fede agli accordi di Parigi firmati a dicembre 2015, mantenendo l’aumento delle temperature al di sotto dei due gradi centigradi, le opportunità di lavoro saranno notevoli. Un attore fondamentale sarà anche il settore privato: basti pensare alla produzione di auto elettriche o alla costruzione di edifici efficienti dal punto di vista energetico, settori in cui l’iniziativa privata ha dimostrato di poter dare un impulso decisivo.
I maggiori benefici della svolta green andranno all’Asia e ai Paesi del Pacifico, con 14 milioni di nuovi posti di lavoro, seguiti dalle Americhe (3 milioni) e dall’Europa (2 milioni). Saldo negativo invece per il Medio Oriente (meno 0,48%) e per l’Africa (meno 0,04%): questi ultimi due continenti sono infatti quelli che fanno maggior affidamento nell’estrazione di combustibili fossili. “Sarà fondamentale aiutare i Paesi con economie più fragili a superare i potenziali problemi di perdita di lavoro sul breve periodo – spiega Catherine Saget, autrice del report – favorendo il dialogo tra lavoratori, imprese e sindacati, in modo da portare avanti di pari passi obiettivi economi e ambientali”.
Misure necessarie a favorire la transizione includono anche un solido welfare sociale e la limitazione all’uso di combustibili fossili. “Queste misure, se adottate nei modi e tempi necessari – si legge nel report – porteranno a una crescita economica più rapida e anche più strutturata, stipendi più equi e, allo stesso tempo, meno emissioni nocive per l’ambiente”.
Lo studio si chiude con un invito alle forze politiche dei vari governi a prevedere una formazione professionale in grado di facilitare la transizione dei lavoratori verso la green economy. Saranno in grado di farlo?