Claudia Georgia Banella a un solo mese di vita con la famiglia è partita dall’Italia per la Nigeria, dove il padre ha lavorato per 12 anni in una grande azienda edilizia. «Sono la seconda di 3 figli», racconta a StartupItalia. La sua carriera è iniziata nello sport, perché è proprio da quell’esperienza ha imparato alcune delle competenze che le sono sempre servite nel lavoro e nella vita. «Ho sempre avuto il “vizio” di non accontentarmi mai, e questo ha reso tutto il mio percorso molto variegato e interessante», spiega. Oggi Claudia è alla guida della sede italiana della multinazionale tedesca KARL STORZ, specializzata in healthcare nel settore dell’endoscopia e ha ottenuto importanti riconoscimenti, come l’inserimento nella classifica Forbes Top 100 women e aver preso parte come membro attivo al network Harvard alumni. La sua storia nella nuova puntata di Unstoppable Women.

Leggi anche: La lezione di Martina Santandrea, campionessa di ginnastica ritmica. «Lo sport mi ha insegnato a non mollare mai»
Iniziamo dal principio, Claudia come sei arrivata in Nigeria?
A un solo mese i miei genitori si sono dovuti trasferire perché mio padre aveva un grosso lavoro da fare in Nigeria nel campo dell’edilizia. In Italia ci sono solo nata, poi ho trascorso là i miei primi 12 anni. Sono la seconda di tre fratelli e devo dire che abbiamo trascorso un’infanzia molto serena, all’interno di un campus pensato proprio per le famiglie dei lavoratori di quell’azienda. Al di fuori era strano essere un bianco, ma c’era un grande rispetto per le famiglie bianche perchè venivano viste come lavoratori. La Nigeria è un Paese molto complesso e anche molto povero ma ho dei bei ricordi di quel periodo.
E poi che cosa è successo?
Siamo tornati in Italia, ho frequentato il liceo e mi sono perdutamente innamorata della pallavolo. In ogni obiettivo che mi pongo ho sempre voluto raggiungere il massimo, e anche in quel caso è stato così, sono arrivata fino in Serie A poi a 21 anni ho deciso di rallentare. Sentivo che quella carriera sportiva non mi avrebbe mai soddisfatta a pieno. Così ho ripreso la formazione accademica e a 27 anni ho fatto il mio primo stage nel settore oftalmico ma anche in quel caso non mi sono accontentata. Ogni volta che arrivavo a fare cose complesse, ne volevo fare di ancora più complesse.
E quindi?
Ho iniziato a studiare per occuparmi delle vendite a livello internazionale e in questo percorso ho, poi, deciso di proseguire. Credo che lo sport mi abbia aiutata ad essere sempre molto determinata, a pormi obiettivi sempre più grandi e cercare di raggiungerli nel miglior modo possibile. Quando sei un atleta a 30 anni sei già molto maturo, a 40 la carriera è finita definitivamente e io a un certo punto mi sono chiesta che senso avesse continuare a quei livelli nella pallavolo, quindi ho deciso di investire nella mia vita. Non è stata una decisione facile ma molto razionale. Lo sport di squadra ti aiuta molto a capire quanto la competenza ma anche il sacrificio di un individuo siano indispensabili per la buona riuscita della performance. Anche nel lavoro funziona così anche se ognuno ha un suo ruolo ben preciso.

C’è un episodio che più di altri ti ha spronata a fare ancora meglio?
Si, quando un collega, durante la mia prima esperienza di lavoro, mi disse: “Vuoi fare la direttrice marketing? Ma dove vuoi andare se neanche i laureati alla Bocconi ci riescono!”. Ecco quella frase, in quel momento, mi ferì molto ma poi mi diede anche una grande carica per fare meglio.
E come sei arrivata in KARL STORZ?
Dopo l’esperienza in oftalmologia per un periodo mi sono occupata di cardiovascolare. Ho sempre voluto fare qualcosa che potesse interessare l’ambito medico e contemporaneamente aiutare gli altri. Da tre anni e mezzo sono alla guida della sede italiana della multinazionale tedesca KARL STORZ, specializzata in endoscopia. Qui ho messo a frutto tutte le competenze che ho acquisito sinora.
Ma tu sei anche una madre?
Ebbene si! Di due bambini di 8 e 10 anni. E devo dire che l’esperienza della maternità, al contrario di come viene percepita da tante donne, in realtà ti arricchisce anche sul lavoro perché impari l’arte dell’organizzazione. Devo anche ammettere che se sono arrivata dove sono con due bambini piccoli è anche merito di mio marito che mi ha sempre aiutata e poi di familiari e amici che in momenti critici ci hanno supportati. Oggi è una grande sfida quella della maternità, difficile, ma non ci si deve scoraggiare, ti migliora anche come donna e credo che implementi notevolmente le capacità di ascolto e pazienza!
Qual è quindi il tuo mantra?
Se vuoi raggiungere qualcosa, vattela a prendere. E per farlo devi passare attraverso le tue paure. Questo credo che sia l’atto più rivoluzionario che si possa compiere.

 
									 
					

 
	
	