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«Abbiamo un tasso di occupazione delle donne pari al 50%, il più basso in Europa: ciò significa che una su due non lavora. Man mano che si sale nella carriera, la presenza femminile diminuisce ulteriormente. Siamo al 40% nei Cda delle società quotate in Borsa, ma bisogna ricordare che in questo caso c’è stata una legge, la cosiddetta “Golfo-Mosca” (nr. 120/2011, ndr), che ha favorito l’equilibrio di genere. Se si guarda alla situazione generale, invece, solo il 27% delle posizioni manageriali è ricoperto da donne, mentre per quanto riguarda il ruolo di ceo si scende al di sotto del 10%». 

Paola Profeta è prorettrice dell’Università Bocconi, delegata for Diversity, Inclusion and Sustainability. Inclusività, equità e parità di genere sono le tematiche di cui si occupa, organizzando corsi di formazione ed eventi per favorire la riflessione da parte non solo di studenti e docenti, ma anche del mondo esterno. In quest’ottica la seconda edizione dell’annuale Festival del Management ha riunito mondo accademico, aziende ed istituzioni: «Promuovere una cultura aziendale inclusiva va oltre il semplice obiettivo di garantire rappresentanza e uguaglianza di genere, ma ha un impatto positivo sull’efficienza, sull’innovazione e sulla produttività», sottolinea.

Changed by Women: 99 storie straordinarie

Tra le altre iniziative recenti, la prima edizione della Inclusione Week, una settimana di seminari accademici e attività esperienziali per conoscere le molteplici dimensioni della diversità e dell’inclusione, e il progetto Changed by Women, che ha riunito le storie straordinarie di 99 donne che hanno inseguito e realizzato il loro sogno, cambiando il loro futuro. Ne sono nati un libro, una raccolta fondi per borse di studio dedicate a studentesse che varcheranno le porte dell’università milanese e un programma di mentoring al femminile che farà tappa nelle sedi di tutto il mondo della Bocconi Alumni Community. «Sono donne di diverse generazioni, divenute professioniste nei ruoli più disparati: ceo, musiciste, attrici, giornaliste, magistrate e molto altro ancora. Esempi concreti che possono ispirare le prossime generazioni di ragazze ad abbattere il bias della scarsa competenza femminile e ad avere un impatto positivo sulla società», prosegue Profeta.

L’importanza dell’esperienza universitaria 

Ognuna è arrivata a realizzare il proprio progetto di vita grazie alle materie, agli incontri e alle scelte fatte durante il percorso di studi. «L’università deve dare la possibilità di scoprire sé stesse e sé stessi: è una fase della vita in cui capire cosa si vuole fare, per poi partire e portare la propria esperienza nel mondo».

A maggior ragione, allora, oggi l’obiettivo degli atenei deve essere quello di offrire un ambiente inclusivo, in cui si possa realizzare la massima espressione del talento di ciascuno, senza troppi ostacoli. «Bisogna mettere sullo stesso piano tutti gli studenti allo stesso modo, indipendentemente da fattori come genere, orientamento sessuale, lingua, origini, background culturale, religione. Anzi, tutti questi aspetti della diversità, se valorizzati, sono associati a migliori performance, perché si allargano le prospettive, in università come in azienda. E le imprese lo hanno capito: in un mondo sempre più competitivo la sfida è concentrarsi sui talenti, attirandoli e trattenendoli».

PAOLA PROFETA

Nelle aziende, ma anche in politica 

La sfida di Paola Profeta, che è autrice, tra gli altri, del libro “Parità di genere e politiche pubbliche. Misurare il progresso in Europa”, è quella di quantificare questi risultati, applicando il metodo scientifico, in modo da andare al di là degli aspetti puramente qualitativi: «Raccogliamo dati e cerchiamo di tracciare un orientamento, guardando non solo alle aziende, ma anche alle organizzazioni, all’università, alla politica, alle istituzioni. Un approccio che parte dagli individui, attraverso le survey, e poi si arricchisce con numeri e statistiche».

La consapevolezza generale di quanto l’occupazione femminile sia un tema di crescita economica e di sviluppo sta aumentando, ma «servirebbe un intervento sistemico, fatto di investimenti forti in policy e servizi, che includa anche azioni di tipo culturale – continua Profeta -. Nelle aziende ci vogliono flessibilità, capacità di ascolto delle persone, remunerazione adeguata e attenzione alla distribuzione dei ruoli, perché alle donne ancora troppo spesso vengono riservati quelli poco promettenti. Un percorso che deve partire dalla selezione del personale, ma poi non deve fermarsi. Per esempio, alcuni momenti chiave, come quello della maternità, andrebbero monitorati al di là dei vincoli di legge».

Dalle azienda alla politica: qui la presenza femminile è aumentata, ma questo rimane il settore più discriminato al mondo. «Il divario di genere si è chiuso solo nel 23% dei casi. Le donne restano sottorappresentate, eppure questa è una dimensione cruciale: non ne trarrebbero beneficio solo loro, ma la società nel suo complesso. Quando ci sono più donne al comando delle città o di Paesi interi, vengono attuate politiche che hanno un respiro più ampio, orientate al lungo periodo e al futuro delle generazioni».