Classe ’68, originaria di Ortona, in Abruzzo, Consuelo Mangifesta si è approcciata per la prima volta alla pallavolo nel 1981, nella G13 di Ortona, dove ha disputato un campionato di serie C. L’anno dopo, a soli 14 anni si trasferisce in serie B a Francavilla e conquista la promozione in serie A2. Un successo dietro l’altro, la fama, poi la voglia di cambiare. «Tutto nella mia vita è stato innovativo», racconta Consuelo a StartupItalia. La sua è una di quelle storie che non ti aspetti da un’atleta professionista. Oggi Consuelo lavora nel campo della comunicazione ed è responsabile Eventi e Comunicazione della Lega Serie A di pallavolo femminile, oltre a essere stata opinionista in RAI. «Mi sarei vista di più come dirigente di qualche squadra, non mi immaginavo di essere catapultata in un mondo nuovo», rivela.
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Consuelo, come pensi di esserti contraddistinta da innovatrice?
Tutto nel mio percorso è stato innovativo. Per 23 anni ho pensato a giocare a pallavolo organizzandomi la mia giornata in base agli orari da atleta ma l’atleta si rende poco conto che la sua attività un giorno finirà. Quindi una mattina ti svegli e non lavori più. All’inizio non sai come fare, io non volevo allenare ma volevo avere un ruolo nello sport. Inconsciamente, ho scoperto di trovarmi al posto giusto nel momento giusto.
Perché? Che cosa é successo?
Avevo incontrato l’attuale presidente della Lega di pallavolo femminile che mi chiese se volevo entrare nel trade union. Io nella mia vita, fino ad allora non mi ero mai occupata di comunicazione e non mi sarei mai immaginata di lavorare in questo contesto ma, senza dubbio, la mia loquacità mi ha aiutata. Quello che faccio oggi, un tempo lo facevo dall’altra parte dell’obiettivo e il giorno dopo in cui ho smesso di giocare a pallavolo, il direttore di Rai Sport mi prese da una parte e mi chiese se volevo commentare il volley femminile. Quella è diventata, per i primi tempi dopo aver lasciato i campi da gioco, la mia attività primaria. Poi é stata un’evoluzione continua.
Una grande sorpresa per te.
Si, mi sarei più immaginata dirigente di qualche squadra che catapultata in un mondo nuovo anche se mi tocca ammettere che l’adrenalina che mi ha dato essere atleta è difficile da raggiungere con qualsiasi altra performance. La gioia di uno Scudetto, piuttosto che una Coppa Italia, è difficile da replicare, ma sono convinta che si debba anche saper capire o modificare le proprie sensazioni e adattarle rispetto a quello che vivi. Io non sono mai stata una campionessa ma a livello agonistico ho sempre visto qualcosa in più, e questo agonismo mi spinge ancora.
Come ti sei approcciata, quindi, al mondo della comunicazione?
Inconsciamente mi ha sempre affascinata ma ho notato un’accelerazione incredibile negli ultimi tempi. Se prima, infatti, fare comunicazione in questo settore si trattava di intrecciare rapporti con giornalisti e con le testate, verso la creazione di una solida rete di rapporti, nel corso degli anni il passo è andato sempre più veloce e il mio ruolo si è trasformato nel tempo. Oggi ci troviamo in un momento cruciale in cui stiamo decidendo che direzione prendere in futuro. Io non mi sono ancora annoiata e mi sono resa conto che, invece, ho ancora tanto da imparare. Mi accorgo di essere un privilegiata, con una grande opportunità dinanzi a me da poter sfruttare.
Nello sport che praticavi prima, ma anche nel tuo lavoro oggi, quanto conta il team?
Ho sempre pensato che lo spirito di squadra sia determinante. Io lavoro in una Lega dove l’”io” non esiste, mentre il “noi” è fondamentale. I successi e gli insuccessi si raccolgono sempre insieme, in gruppo. Ed è stato proprio grazie al mio team se ho imparato come risolvere i problemi velocemente: ho sviluppato la mia capacità di problem solving in mezzo al campo.
E la leadership quanto è centrale?
La leadership me la porto dietro, nel bene e nel male: è un aspetto determinante anche oggi per fare quel che faccio, ma continuo a credere che un successo sia sempre una condivisione. E che non ci si debba mai sentire né responsabile né fautori di un successo, così come di un insuccesso, ma si debba andare avanti sempre con lo sguardo proiettato al futuro.
Dopo 23 anni da pallavolista, diventi opinionista in RAI..
Esattamente, dove resto altri 16 anni. Tra i miei successi più importanti nella pallavolo agonistica cito: quattro scudetti, tre coppe Italia, una Supercoppa europea e due Cev Cup con il Matera, una Coppa Italia con la Sirio Perugia, la Supercoppa italiana con il Vicenza, con il Tenerife un campionato spagnolo e una Coppa della Regina, Poi ho deciso di ritirarmi dalla pallavolo agonistica. Chiuso questo capitolo, sono stata direttore sportivo nella Roma Pallavolo e poi è arrivata l’era della commentatrice tecnica nelle telecronache degli incontri di campionato e della Nazionale italiana per conto della RAI, con la quale ho commentato 3 Olimpiadi, 4 Mondiali e 5 Europei. Dal 2008 sono Responsabile Relazioni Esterne, Eventi e Comunicazione della Lega Pallavolo Serie A femminile.
La versatilità e, senza dubbio, uno dei tuoi tratti distintivi…
Si, anche se mi piace rimanere coi piedi per terra. Per fare quello che faccio studio tanto e mi dedico molto, con passione e dedizione, a migliorare, che è un qualcosa che si può fare sempre. È stato così per anni nello sport, lo è anche in questa fase della mia vita.
Un parallelismo non scontato..
Sarei stata la stessa anche se avessi giocato in Serie B, poi è chiaro che essere in Serie A ti dà più soddisfazione. Oggi lo devo ammettere: mi porto dentro tanto di quella che è stata la mia vita da atleta. Praticare una disciplina sportiva inevitabilmente migliora e amplifica le tue qualità, e se hai la fortuna e la voglia di rimanere in quell’ambito le puoi sfruttare. Io oggi credo che qualsiasi attività intraprenda si riaprono quelle qualità e quei valori che solo lo sport è stato in grado di insegnarmi e che ho, per anni, fatto scendere in campo.