La storia di due donne startupper scampate alla guerra con la speranza di cambiare vita e con il sogno di studiare il mondo tech. «Nel futuro faremo le imprenditrici in Italia. Bisogna sognare in grande per fare grandi cose»
Alham oggi ha 46 anni. È arrivata in Italia dalla Libia 5 anni fa per scappare da una guerra che spesso ha condannato a morte i suoi stessi abitanti. Oggi vive a Milano e sogna di dare vita a una startup. Onome, invece, di anni ne ha 24. Dalla Nigeria ha raggiunto la nostra Penisola 8 anni fa, anche lei in cerca di una nuova vita, piena di sogni, speranze, dove niente è perduto, anzi, la volontà di farcela è un motore che si accende quotidianamente. Cosa hanno in comune queste due donne? Oltre al grande coraggio di lasciare il proprio Paese in condizioni drammatiche, la passione per il coding e per l’imprenditoria. È stato proprio grazie a questo interesse comune che si sono conosciute. Entrambe hanno preso parte ai programmi organizzati da Sistech, associazione no-profit europea fondata dall’imprenditrice sociale Joséphine Goube nel 2017 in Francia e attiva in Italia dal 2021, che supporta le donne rifugiate nell’accesso a opportunità di lavoro qualificate e sostenibili nel tech e nel digitale. Ad oggi, l’iniziativa ha già sostenuto più di 400 rifugiate grazie all’aiuto di circa 700 volontari e oltre 200 aziende. L’obiettivo è sempre lo stesso: dare una nuova opportunità professionale a coloro che hanno avuto il coraggio di intraprendere un nuovo percorso in Europa.
Il programma Sistech
A raccontarci un po’ più nel dettaglio i programmi di Sistech in Italia è la stessa founder, Joséphine Goube: «Abbiamo deciso di portare Sistech in Italia perché abbiamo visto un’enorme necessità di supporto per le donne rifugiate nel paese. L’Italia è spesso la prima destinazione per molte di queste donne, ma manca il sostegno dello Stato verso un’integrazione professionale nel mercato del lavoro. La maggior parte dei servizi si concentra sui bisogni umanitari di base, e noi vediamo un’opportunità unica per apportare un cambiamento tangibile. Il settore IT in Italia è in crescita, e crediamo fermamente che possiamo aggiungere valore all’ecosistema delle organizzazioni che cercano di favorire l’integrazione dei rifugiati».
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Dalla Libia con il sogno della startup
Alham si è avvicinata al mondo del coding un po’ per caso. «La tecnologia mi ha sempre attratta ma non avrei pensato di innamorarmene – racconta a StartupItalia – Sono arrivata in Italia da più o meno 5 anni. In Libia ero laureata alla magistrale in Interior Design, e sono sempre andata alla ricerca di quel mondo magico in cui posso esprimere la mia creatività. Quando ho dovuto lasciare il mio Paese, non ho potuto convertire la mia laurea ma comunque sentivo che mi mancava qualcosa, poi ho conosciuto i programmi di Sistech e da quando ho scritto la prima riga di codice mi sono innamorata». Con Sistech, Alham si è specializzata in front-end development (HTML, CSS, Java Script, React, Phython) ma, adesso, il suo sogno è quello di creare la sua startup.
«Nel futuro mi vedo imprenditrice a capo di un’azienda con sede a Milano sulla quale sto lavorando da tempo – racconta – Vorrei lanciare un’app che risolve un’esigenza importante ma che, al momento, non posso rivelare. Di soldi al momento non ne ho, ma li troverò. Sono supportata da un team fantastico e molto competente». Alham ha 46 anni e nella vita non si sarebbe mai aspettata di trovarsi dinanzi a queste scelte. «Nel mio Paese lavoravo come professoressa di storia dell’Arte all’Università, mi sono anche appassionata al turismo: spesso sento il bisogno di conoscere e confrontarmi con gli altri – racconta – Da quando ero bambina sognavo di vivere in Italia, ma ho sempre pensato che avrei fatto altro. Per me la cosa più difficile è stata imparare l’italiano a questa età, ma piano piano ci sto riuscendo e adesso mi sento come una ragazzina, un po’ cresciuta, senza un passato, che sta scrivendo una nuova vita».
Onome e la data analysis
Onome, 24 anni, è nigeriana e oggi lavora come mediatrice culturale a Reggio Calabria per tribunali e associazioni. «Sono arrivata in Italia nel 2016, avevo 17 anni e non ero accompagnata da un adulto – racconta a StartupItalia – Sono stata ospite di una casa famiglia per molto tempo, ero l’unica nigeriana, poi mi sono messa a studiare, mi sono iscritta al liceo linguistico, ho imparato velocemente la lingua italiana e mi sono appassionata al mondo della mediazione interculturale». A Reggio Calabria, Onome lavora con diverse associazioni e tribunali. «Un giorno mi sono chiesta come si potesse tenere traccia di tutto quello che facciamo – spiega – Da quel momento è iniziata la mia passione per la data analysis, che nella mia idea non è utile solo ai fini dell’integrazione ma anche a fornire un aiuto pratico alle aziende, pubbliche o private che siano».
Onome ha studiato front-end development (HTML), ha vinto una borsa di studio con Aulab e poi si è lanciata a capofitto nel mondo dati. In Sistech ha studiato digital Marketing e la sua ambizione, oggi, è quella di diventare una data analyst senior sempre nel settore della mediazione interculturale. «Spesso si pensa che il mediatore sia un traduttore ma non è affatto così, si deve avere un’idea molto aperta di questo lavoro, che è utile anche per altri lavori perché interagiamo con un ecosistema e una filiera di soggetti pubblici e privati molteplici – conclude – Nel mio caso, la data analysis mi ha aiutata a sbrigare una serie di compiti in maniera celere e a specializzarmi sempre di più in un campo che oggi non è solo il mio presente ma sarà anche il mio futuro».