Non solo industria, ma anche un impegno quotidiano per evitare che il suo paese si spopoli. Per Unstoppable Women la storia di Paola Veglio che oggi guida Brovind: «Essere donna in un contesto lavorativo fatto al 95% da uomini che stavano lì da 30 anni è stato molto impegnativo. All’inizio faticavo per essere presa sul serio»
Classe 1979, Paola Veglio è una di quelle imprenditrici che da sempre si batte contro il gender gap. Alla guida dell’azienda metalmeccanica Brovind di Cortemilia dal 2013, oggi esporta il suo know-how anche all’estero. «Ero una donna in un contesto lavorativo fatto al 95% da uomini che stavano lì da 30 anni – racconta a StartupItalia – È stato molto impegnativo e faticoso, soprattutto all’inizio, essere presa sul serio». Dopo gli studi in Ingegneria Elettronica al Politecnico di Torino, dal 2011 al 2013 ha affiancato il padre, Giancarlo Veglio, nella gestione dell’azienda, per diventarne amministratrice delegata nel 2013. Ma la gavetta di Paola è iniziata molto prima, nel 2006, nel laboratorio di elettronica della stessa azienda.
La storia di Paola Veglio racconta di un’imprenditrice coraggiosa, determinata e con una grande voglia di portare un cambiamento non solo a livello aziendale ma nell’intera comunità dove vive con diverse iniziative a sostegno del welfare. I suoi progetti puntano sull’inclusione femminile nel mondo lavorativo e nel contrasto allo spopolamento del piccolo borgo di Cortemilia, nell’alta Langa. La abbiamo intervistata per farci spiegare più nel dettaglio quali iniziative sta portando avanti e quali sono i suoi obiettivi alla guida di un settore ancora poco popolato da imprenditrici.
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Che cosa è cambiato in Brovind con la tua gestione?
Oggi Brovind è una realtà internazionale, abbiamo risanato una filiale in Brasile, aperto una sede negli Stati Uniti, e stiamo portando avanti un’intensa attività commerciale nel Nord Europa. Siamo passati da 40 dipendenti a 166 attuali e da un punto di vista di fatturato le cifre sono quadruplicate. Da 5,4 milioni siamo passati a 18 milioni di euro. La storia della mia azienda, specializzata nella movimentazione industriale su base vibrante, si fonda 4 pilastri principali: innovazione, ricerca, persone e territorio.
Quali ostacoli hai incontrato nel tuo percorso?
Ho iniziato a lavorare qui mettendo la resina nelle sonde dei controller. Essere donna nel settore metalmeccanico non è per niente facile. Inoltre, in questo settore se sei giovane devi dimostrare il doppio altrimenti non ti prendono in considerazione. Per anni ho avuto i bastoni tra le ruote ma non mi sono mai arresa. Riuscire a scardinare le varie porte chiuse che ho incontrato nel mio percorso è stato per me stimolante e fortificante. In fondo, non c’è nulla che non si possa raggiungere, basta la volontà e determinazione. E sono fermamente convinta che oggi le aziende che basano la propria innovazione sui 4 pilastri a cui accennavo prima siano quelle che funzionano meglio.
Che cosa faresti per contribuire a scardinare il gender gap?
Oggi le figure femminili che studiano le discipline STEM sono sempre poche. Qui io le accolgo a braccia aperte anche perché credo che il mondo femminile dia un “quid” aggiuntivo su certi fronti. C’è ancora tanto da fare, a partire dal dilemma famiglia-lavoro che per una donna non dovrebbe mai presentarsi. Spesso ci si riempie tanto la bocca di bei discorsi ma poi mettere a terra certi progetti è tutt’altro che semplice. Io vedo la difficoltà che c’è anche quando c’è la volontà. Oggi i più giovani sono un mondo a parte che va conquistato anche attraverso una serie di iniziative per loro attraenti, altrimenti li perdiamo, a partire dall’inclusione. E sto provando a farlo con diversi progetti.
Quali pensi siano state le chiavi del vostro successo?
Se una volta bastava avere un buon prodotto, oggi non è più sufficiente e devi sempre innovarti e rinnovarti. In azienda abbiamo dato vita a un ufficio dedicato alla Ricerca e Sviluppo e siamo sempre stati tra i primi da un punto di vista di innovazione tecnologica, ma oggi non basta più neanche quello. C’è difficoltà nel reperimento del personale: i giovani di oggi, come accennavo, sono diversi dalla mia generazione e per attrarli devi porti non solo come innovatore ma dare qualcosa in più con una maggiore attenzione al welfare. Per me le persone e il loro benessere in azienda vengono prima di tutto. Se non le valorizzi e non si sentono apprezzate questo ricade anche sulla produzione. Credo di avere sviluppato questa particolare sensibilità in seguito al fatto che mia mamma a 49 anni si è ammalata ed è stata costretta a vivere su una sedie a rotelle. Quotidianamente facciamo tante cose che diamo scontate ma quando la vita cambia così radicalmente niente è più scontato.
Oggi quali sono i progetti a cui ti stai dedicando per la comunità?Crediamo molto nelle persone e investiamo energie per la loro formazione. Collaboriamo anche con gli istituti tecnici, le università e l’amministrazione locale per accogliere e formare gli studenti, offrendogli un lavoro tecnico-specialistico. In sinergia con l’amministrazione, vorrei che il borgo di Cortemilia diventasse un polo tecnologico attrattivo per i giovani più brillanti. Oggi è conosciuto soprattutto per l’enogastronomia e il turismo, ma negli ultimi periodi ha vissuto uno spopolamento. In questa ottica ho dato vita a diversi progetti.
Puoi descriverceli più nel dettaglio?
Oltre ad aver acquistato e ristrutturato un polo produttivo di 10.000 metri quadri per ampliare la produzione di Brovind, ho rilevato e ristrutturato Trepiasì, un hotel – ristorante di Cortemilia che era chiuso da 3 anni. Oggi, in ottica welfare, il ristorante è in grado di ospitare 60 dipendenti Brovind per la pausa pranzo. Inoltre, da settembre 2023 i miei impiegati hanno accesso di diritto al nido comunale. Per il primo anno la retta è sostenuta attraverso un finanziamento ottenuto dalla Regione, e a partire dai prossimi anni se ne farà carico direttamente l’azienda. La creazione dell’asilo nido è stata resa possibile anche grazie al prezioso impegno e alla forte determinazione dei miei colleghi del Comune di Cortemilia, dove sono consigliere. La struttura è fondamentale per il territorio: mancava un nido a Cortemilia e rappresenta un’opportunità anche per altri comuni limitrofi.
Cosa ci sarà nel futuro di Cortemilia?
Si tratta di un piccolo borgo di 2.100 abitanti, ma io credo fortemente nel progetto e voglio sostenere coloro che non se ne vogliono andare. I nostri dipendenti sono per lo più persone del posto: dare e creare valore sono indispensabili per tenere viva la comunità, in cambio riceviamo impegno, entusiasmo e partecipazione, linfa vitale per continuare a fare meglio e guardare con ottimismo al futuro.