Ha studiato tra Milano e Londra, una laurea triennale in Filosofia e la magistrale in Management. Nel 2020 Roberta Ligossi si trova nella capitale britannica, dove lavora come “head hunter” – per dirla all’italiana, “va a caccia di talenti”. Poi la svolta: «Dopo tre anni mi sono chiesta: che ci faccio qui?». La domanda giusta al momento giusto. Roberta dice addio all’Inghilterra per tornare nella sua città natale e dare vita a quello che fino ad allora era solo un sogno e un ricordo d’infanzia: fondare una sartoria digitale ed e-commerce di artigianato contemporaneo e percorrere le orme di sua nonna Carmen, che quel mestiere lo faceva di professione. Così è nata TA-DAAN, piattaforma che oggi conta un team tutto al femminile under35. La nostra intervista nella nuova puntata di Unstoppable Women.

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Roberta, da quanto tempo sei appassionata di sartoria?
Sono nata a Milano, cresciuta da una nonna piacentina che faceva la sarta e dietro TA-DAAN c’è proprio il suo zampino. Mia nonna aveva una cucina-bottega dove lavorava ai ferri, così sono sempre stata a contatto con aghi, fili, ditali e tutto il necessario per il cucito, imparando anche da lei quelli che oggi chiameremmo i “fundamentals”.
E poi come si è concretizzata questa passione?
Dopo la laurea in Filosofia, mi sono trasferita a Londra, dove lavoravo come “head hunter” per un’azienda. Mi sono sempre piaciute le imprese e mi dicevo sempre che un giorno avrei voluto averne una mia. Credo che questa indole mi sia stata trasmessa proprio delle donne della mia famiglia. Mio padre non c’è più da quando ho 12 anni e fino a che non mi sono trasferita fuori sono cresciuta con mia mamma e i miei nonni materni che per me sono state – e sono – figure molto stimolanti.
In particolare, che ricordo hai di tua nonna?
Mia nonna veniva dalla campagna, era molto umile e semplice, faceva la sarta e mi ha trasmesso molta creatività. Lei non aveva fatto grandi studi, ma era molto creativa e mi ha dato tanta solidità come persona. Era votata al sacrificio, al duro lavoro, è stata una figura chiave. Si chiamava Carmen, nata a Castell’Arquato, nel piacentino. Ecco, parlando di Unstoppable per me lei era una vera Unstoppable woman. E nel suo piccolo, una grande imprenditrice.

E TA-DAAN come e quando è nata?
Dopo l’esperienza a Londra ho deciso di tornare in Italia, nella mia terra. Sono una persona molto curiosa e se di giorno mi occupavo di consulenza strategica, la sera mi ritrovavo a fare corsi di sartoria alla NABA, poi ho iniziato a frequentare la Bocconi School of Management. Ho sempre cercato di seguire dove mi portava il cuore, e in quel momento mi stava ricongiungendo con le mie radici familiari. TA-DAAN è arrivata durante questo percorso. Avevo il sogno di fare qualcosa di innovativo che si legasse alla mia storia, e così è nata una piattaforma di artigianato contemporaneo.
Ma sei partita da sola?
No, ho iniziato questo cammino assieme a Costanza Tomba, Valeria Zanirato e Sara Pianori, che mi hanno seguita da subito nell’ideazione del progetto. TA-DAAN è nata in un momento critico, a gennaio 2020, neanche due mesi prima dell’inizio della pandemia come magazine digitale. Poi, nel 2023, è arrivato l’e-commerce che per noi è stato uno dei vantaggi maggiori perché da subito abbiamo avuto l’obiettivo di promuovere un nuovo mondo di artigiani, a partire dalla produzione di contenuti. Siamo partite dalla creazione di una community e poi ci siamo buttate nell’e-commerce. Oggi ci definiamo content e-commerce perché il nostro focus è molto attento ai contenuti e a come questi vengono veicolati, oltre, chiaramente, ai prodotti.

Quale è il target di riferimento di TA-DAAN?
Contiamo una community di oltre 250.000 appassionati e un network di più di 7mila artigiani nell’Unione Europea. Più dell’80% sono donne. Ecco, per me, tutte queste sono delle vere unstoppable che fanno la differenza, creano impatto sociale e cercano di abbattere il muro del gender gap anche con piccole attività imprenditoriali.
Avete incontrato ostacoli durante il vostro percorso?
Ricordo quando abbiamo iniziato, avevamo solo il dominio online, che era anche bruttino, con un logo orrendo. Siamo partite proprio da questo: cambiare il logo, che spiega chi siamo. Ed è anche singolare raccontare come ho conosciuto Costanza, Valeria e Sara: mi sono finta una giornalista alla mostra Homo Faber di Venezia, a cui partecipavano 105 young ambassador provenienti da diverse scuole di arti, mestieri e designer. Con la scusa di fare delle interviste, in realtà ho fatto recruiting. Così ho conosciuto Costanza che ha portato a bordo anche Valeria e Sara. Sono convinta che il fatto di essere partite in 4 faccia la differenza, in team se si sta bene e si affronta tutto meglio. Noi abbiamo fatto un grande atto di fiducia sia da parte mia, nel raccontare e mettere sul tavolo tutto quello che avevo fatto e scoperto fino ad allora, che viceversa. Tra le prime cose su cui ci siamo subito messe al lavoro, oltre al logo, c’era il manifesto dei valori, ovvero che cosa significava l’artigianato per noi.

Hai mai accusato episodi di gender gap?
Fare l’imprenditrice in Italia per una donna è difficile, si deve dare il buon esempio e non farsi scoraggiare. Diciamo che è tosta, ma noi siamo delle amazzoni. Il gender gap credo che tutte le donne se lo portino sulle spalle. Ma quello che abbiamo testato in prima persona è una difficoltà maggiore nella raccolta dei capitali, che è vitale per crescere. Mi è capitato di partecipare a eventi organizzati per promuovere l’imprenditoria femminile: si supporta un segmento dove c’è carenza di investimenti ma, allo stesso tempo, la maggior parte delle call le ho fatte con investitori, perché questo è il mondo dei VC. E noi raccogliamo una serie di bias di cui non ci rendiamo conto.
Ora quali sono i vostri progetti per il futuro?
Siamo nel mezzo di un nuovo equity crowdfunding, a metà raccolta, e il motivo del round è fare la nostra prima acquisizione con una target company che è nel nostro settore e ha un approccio B2B. L’obiettivo è quello di continuare a crescere. Attualmente stiamo parlando con vari fondi, abbiamo una traction all’estero, e proprio fuori dai confini nazionali vogliamo andare per esplorare quello che c’è. La strada è lunga, ma le ambizioni sono grandi.