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Non può che essere un libro sul dolore Cara Giulia (BUR Rizzoli), scritto da Gino Cecchettin con Marco Franzoso, ma è ancora di più un libro sul senso che si può cercare di dare al dolore più ingiusto e più grande, sulla riconciliazione con la perdita di chi si è amato e all’improvviso non c’è più. Davanti al femminicidio di una figlia, ogni teoria su come si possa elaborare il dolore si fa incerta, ma è l’autore a rivelare da subito il filo che afferra perché il buco del dolore non lo inghiotta. Sia chiaro, il dolore non viene mai meno nelle pagine in cui Gino Cecchettin sfoglia l’album di famiglia di quando Giulia c’era e di quando non c’è stata più e si fa, semmai, via via più profondo, lasciando esplodere in chi legge una commozione che non scema mai.  

Ma, dopo i giorni delle ricerche e il taglio netto del ritrovamento di Giulia senza vita in cui lo strazio sembra capace di devastare ogni cosa, questo padre comincia a sentire di voler fare del dolore un’esperienza vitale e di voler convertire l’impotenza del lutto in potere di incidere e di trasformare. 

Una figlia pubblica

Giulia Cecchettin, ce lo ricordiamo, diventa da subito un simbolo, una figlia pubblica, diventa “la Giulia di tutti gli italiani che le vogliono bene”, scrive il padre, che decide di non consegnarla e di non consegnarsi al silenzio, perché sa anche lui che il silenzio non ha mai salvato nessuna. Nel giorno del funerale, fuori dalla chiesa che la saluta, Giulia sarà accompagnata dal rumore spiazzante di migliaia di campanelli e mazzi di chiavi agitati in aria, poi da quello di un padre che pronuncia parole mai sentite prima: “Mi rivolgo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere”. Da quella morte, farà germogliare una fondazione con il nome di Giulia, che nel tempo si è fatta movimento, impegno collettivo, rumore diffuso “perché ogni Giulia salvata è un risultato” e perché questo padre vuole fare sì “che altre persone si pongano le mie stesse domande, facendo più rumore possibile per parlare ad altri genitori e figli”. 

Cecchettin Cara Giulia 72dpi

È stato anche molto attaccato, Gino Cecchettin, dai social, dalla politica, dai media per avere detto pubblicamente che l’uccisione di una donna per mano di un uomo non ha nulla di occasionale e di imprevisto, ma è la conseguenza più tragica di una società diseguale, da cambiare con urgenza, insieme. “Coi tuoi silenzi e i tuoi sorrisi sei riuscita a muovere il mondo, a scatenare dibattiti, confronti, anche accesi, ma che sono il solo modo per cambiarlo, questo povero mondo che abbiamo per le mani”, scrive il padre. Giulia, racconta, portava nella vita di chi amava e frequentava una grazia tutta sua: si muoveva con riservatezza, come quando – ricorda di lei bambina – “all’asilo si nascondeva nelle ultime file per non essere vista. Voglio fare tesoro di questa discrezione”. 

“Questo significa restare umani”

Cara Giulia è, sì, anche un libro colmo di grazia, di discrezione, e a divorare lo stomaco è l’abisso tra questa dolcezza e il male estremo che l’ha interrotta. Mettere a tacere la rabbia e dare un senso all’assenza, abbattere i muri con quella grazia tranquilla che Giulia sapeva infondere a tutte le cose: è qui la sorgente che offre una possibilità di sviluppo al dolore. “Io devo concentrare tutte le mie energie sull’ideale che avresti voluto tu, Giulia, di una società fatta di persone che reagiscono positivamente alle difficoltà, che non si lasciano abbattere né sopraffare dalla negatività o, peggio ancora, dalla violenza. Questo significa restare umani”.