C’era la platea al gran completo del Teatro Carcano di Milano ad applaudire, lo scorso 12 giugno, gli uomini e le donne che, dal palcoscenico, hanno detto basta in modo definitivo alla violenza sulle donne. Riconoscere la violenza nelle sue tante forme, anche quelle micro che sfiorano la vita di tutte, e riconoscere la cultura sessista e i silenzi complici che continuano ad alimentarla con l’obiettivo di batterle il prima possibile, in maniera concreta, rumorosa e collettiva, uomini e donne da questo momento insieme: sono state queste le linee guida di una mattinata intensa, toccante e molto operativa. Del resto l’incontro, intitolato Facciamo rumore: come riconoscere e come contrastare la violenza di genere, è nato dalla cultura pragmatica dell’Associazione PARI, che sta unendo più di quaranta realtà aziendali (tra queste anche il Gruppo Mediobanca) nel segno della lotta alla violenza di genere insieme alle istituzioni, in collaborazione con la Fondazione Giulia Cecchettin. Ad aprire l’incontro sono stati proprio Gino Cecchettin, presidente della Fondazione, e Fabrizio Rutschmann, presidente dell’Associazione Pari, che nel loro intervento hanno interpretato due parole chiave dell’evento, Conoscenza e Uomini.
Sul palco sono saliti anche la psicanalista Laura Pigozzi, che ha svelato i meccanismi delle relazioni tossiche, e lo psichiatra Vittorio Lingiardi, che ha analizzato gli effetti traumatici delle violenze sulla salute mentale, mentre l’economista Anna Maria Tarantola ha messo a fuoco gli abusi esercitati dentro le relazioni attraverso il denaro. L’attore Alessio Boni ha interpretato un monologo tratto dal progetto Uomini si diventa – Nella mente di un femminicida, che è stato seguito dal dialogo tra la consigliera dell’associazione Di.Re Francesca Maur e la Tenente Colonnello dei Carabinieri Daniela Nuzzo sul tema del supporto qualificato, rispettoso e solidale che si deve alle vittime di violenza e sul ruolo che i cittadini e le cittadine possono legittimamente esercitare nel segnalare situazioni sospette.
Il presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia ha approfondito le fattispecie di reato della violenza di genere e le azioni giuridiche ed extragiuridiche da mettere in campo per contrastarla, mentre il criminologo Paolo Giulini ha ripercorso l’attività del Centro italiano per la Promozione della Mediazione, che lavora sugli uomini autori di reati relazionali. In chiusura, è stato presentato il piano di formazione dell’Associazione PARI.

Qui abbiamo selezionato parte degli interventi maschili, ovvero i momenti più autentici ed esposti, perché la voce consapevole e fattiva degli uomini ci pare il segnale nuovo e incoraggiante di un cambiamento in corso, che ci ripromettiamo di seguire nelle sue evoluzioni.
Partire dalla conoscenza del proprio mondo emotivo
GINO CECCHETTIN, PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE GIULIA CECCHETTIN
«Non abbiamo mai la totale coscienza di quello che siamo, però possiamo provare ad arrivarci. Io ho avuto l’opportunità di conoscere una buona parte di me stesso dopo eventi tragici accaduti nella mia famiglia. Lì mi sono reso conto che il mio modo di vivere, fatto anche di valori condivisibili, come il successo sul lavoro, non è quello che vale di più. Non solo: non avevo mai dato molto spazio alle emozioni e all’intelligenza emotiva e ora quello che mi sta dando di più la vita sono le emozioni quotidiane. Invito gli uomini a costruire spazio per la propria parte emotiva, nonostante ci sia stato da sempre insegnato a non farlo. Mia figlia Elena è stata illuminante nell’aiutarmi a capire che, spinto da certi modelli culturali e sociali per lunga parte della mia vita, sono stato immerso in un humus che mi ha portato a essere un uomo come tanti che ambiva a un modello sbagliato: quando ho conosciuto un po’ di più di me stesso ho cominciato a vivere meglio, in un modo diverso da come mi veniva insegnato».
Ora gli uomini si devono mobilitare
FABRIZIO RUTSCHMANN, PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE PARI
«Noi uomini possiamo e dobbiamo essere protagonisti di un cambiamento, a partire dal privato, dal rapporto di coppia. Dobbiamo educare le nostre figlie al valore dell’indipendenza intellettuale ed economica. Dobbiamo imparare a guardarci dentro meglio di quanto facciamo, perché ciò può aiutare a riconoscere e gestire il malessere che procura una relazione quando qualcosa non funziona, ad ascoltare, a comunicare in modo adeguato: da questo punto di vista, gli autori di violenza di genere dimostrano una debolezza enorme. Bisogna diventare consapevoli che l’amore è responsabilità ed è basato sulla libertà. Ma noi uomini siamo anche alla guida delle aziende: ai vertici ci siamo noi, perché la parità di genere è un obiettivo lontano dall’essere perseguito. Ecco, ora dobbiamo mobilitare le aziende contro la violenza di genere e la cultura che la nutre. Le aziende non sono solo attori economici: sono anche attori sociali e comunità di persone, di conseguenza hanno un potenziale enorme e, se fanno scala, possono accelerare un cambiamento culturale ormai necessario. Non basta più essere dei bravi uomini: dobbiamo andare oltre. Gli uomini ai vertici delle imprese si devono mobilitare».
Non sottovalutare la violenza psicologica

VITTORIO LINGIARDI, PSICHIATRA, PSICANALISTA E DOCENTE A LA SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA
«La violenza psicologica è graduale, ricorsiva, può avere un andamento carsico. In una prima fase ha carattere seduttivo e manipolatorio, al punto da mettere la partner in una condizione di devozione; nella seconda, la manipolazione seduttiva si trasforma in minaccia, quando lei decide di interromperla. Il gaslighting è un tipo di abuso che rientra nella violenza psicologica e induce la vittima a dubitare del suo equilibrio mentale o di quanto vive: lui dice “sei troppo emotiva”, “sei sicura di non averlo sognato?”, “magari tu pensi di volerlo, ma non sai bene quello che vuoi”. Ecco, frasi come queste sono segnali su cui drizzare le antenne, esattamente come le espressioni “se ti importasse di me, questa cosa non la faresti” oppure “guarda che se io faccio così, è colpa tua”, in un cortocircuito dove la vittima viene passata per aggressore. La violenza psicologica è una forma di sopraffazione lesiva dell’identità e del senso di sicurezza della persona che, purtroppo, se non è espressa in dimensioni eclatanti, molto spesso viene minimizzata o normalizzata, lasciando nelle vittime ferite non visibili, ma estremamente profonde».
Maschi si nasce, uomini si diventa

ALESSIO BONI, ATTORE
«Per diventare uomini, dobbiamo compiere un salto, perché loro, le donne, lo hanno già fatto. C’è una frase, bellissima, che Emily Dickinson pronunciò, era molto, molto tempo fa: “Se mi lasci libera, mi hai già insegnato come restare”. Le donne combattono da sempre. Ora la cosa che resta è che agiscano gli uomini. Quando c’era l’apartheid in Africa, a un certo punto i bianchi sono scesi in campo contro la segregazione razziale, e allora le cose hanno cominciato a cambiare. Mi fa piacere ci siano tanti uomini nel pubblico, perché tutto questo fare delle donne, questo loro agire, questo loro muoversi per la parità deve diventare anche di noi uomini. Dobbiamo farlo anche per i nostri figli. Smettiamo di dire al figlio maschio non piangere come una femminuccia, alla figlia femmina aiuta tua madre in casa. Tutto parte dal nostro sentire, tutto parte dalla parola. Poi, occorre l’azione, e ora bisogna fare».
Dobbiamo isolare il linguaggio che offende le donne

FABIO ROIA, PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI MILANO
«C’è un dato che mi preoccupa, ed è il fatto che i reati di genere vengono commessi per la maggior parte da giovani adulti, ovvero tra i 18 e i 41 anni – dati del Tribunale di Milano – e che stanno crescendo anche tra i minorenni. Ciò vuol dire che o continua a essere trasmesso, anche alle giovani generazioni, un modello patriarcale di controllo e dominio dentro le relazioni o che l’attività di prevenzione che viene portata nelle scuole in maniera splendida, ma spontanea e volontaristica, non ha un’efficacia adeguata. Io credo che sia necessario un piano strutturale di educazione che parta dalla scuola primaria: dobbiamo educare al rispetto ed eliminare gli stereotipi di genere. E poi ciascuno di noi deve praticare una quotidianità di rispetto, stigmatizzando, per esempio, il linguaggio sessista e che offende le donne. Se una sera andiamo al ristorante con degli amici e uno di loro fa una battuta sessista, dobbiamo farglielo notare, dirgli che è fuori luogo e antistorico e non appartiene più alla realtà e alla civiltà che vogliamo».
L’associazione PARI.

PARI. nasce per rendere la lotta contro la violenza di genere un impegno collettivo e concreto, grazie a un network di aziende e organizzazioni che condividono la stessa visione di una società libera dalla violenza di genere e dai femminicidi.
PARI. si pone l’obiettivo di coinvolgere organizzazioni e aziende provenienti da settori eterogenei per rendere la sensibilizzazione su questi temi un’azione concreta lavorando alla cultura con la cultura attraverso formazioni, eventi, policy, contenuti editoriali e un osservatorio permanente.
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