Sono 2 milioni 322mila le persone che, nella vita, hanno subito una forma di molestia a sfondo sessuale sul lavoro, e di queste l’81,6% è donna: si tratta di circa 1 milione 895mila italiane e rappresentano il 13,5% del totale di quante, tra i 15 e i 70 anni, lavorano. Gli uomini sono molti meno: 427mila, il 2,4%. È l’Istat a consegnare la nuova mappa delle molestie sul lavoro, dopo avere analizzato i dati raccolti degli anni 2022 e 2023 e richiamandosi alla Direttiva UE 2006/54/CE, che definisce le molestie sessuali come “qualsiasi forma di comportamento indesiderato, verbale, non verbale o fisico, di natura sessuale, avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona, in particolare quando crea un ambiente intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”. Nello specifico le donne e gli uomini intervistati dall’Istat hanno detto di avere subìto in primo luogo offese, quindi proposte inappropriate, infine molestie fisiche.

Le vittime? Giovani e con alta istruzione

Se a subire molestie sono, in particolare, le lavoratrici e i lavoratori più giovani – le donne sono il 21,2% nella fascia tra i 15 e i 24 anni e il 4,8% i coetanei uomini -, colpisce che siano più esposte anche le persone con un livello di istruzione alto: ha detto di subire o di avere subito molestie il 14,8% di donne che hanno una laurea, contro il 12,3 di quante hanno un titolo medio-basso, a fronte del 3,2% e del 2,2% di uomini nelle medesime condizioni. E quanto alla posizione professionale? Le donne più a rischio sono le operaie (16,4%) e le impiegate, quindi i quadri direttivi (15,%), mentre tra gli uomini lo sono quelli in posizione apicale, come dirigenti, imprenditori e liberi professionisti – 4% -, seguiti dai lavoratori in proprio, 3,4%. 

Chi è a molestare

L’81% delle donne subisce molestie sul lavoro da parte di uomini e il 6,2% da donne: l’autore è perlopiù un collega maschio (37,3%) o una persona con cui ci si relaziona professionalmente, vedi un cliente o un paziente (26,2%). Cambiano completamente gli equilibri, quando è colpito un uomo, che è vittima di altri uomini nel 42,5% dei casi, di donne nel 39,3% (una parte non indifferente di persone di entrambi i generi non ha, però, voluto dare risposta al quesito). Capi e supervisori sono autori di molestie per il 10% delle donne e il 4,2% degli uomini, ma mentre per le prime si tratta sempre di capi maschi, nei secondi il pericolo viene in egual misura da superiori di entrambi i generi. 

Interessanti sono anche le differenze percettive: i dati indicano che gli uomini considerano gli episodi di molestie subiti meno gravi di quanto facciano le donne. Infatti, queste ultime rispondono che per loro sono di una gravità elevata – molto e abbastanza – nel 56,4% dei casi, mentre fa lo stesso il 45,5% degli uomini. In particolare, quando i ricercatori hanno chiesto di valutare gli episodi vissuti negli ultimi tre anni, il 68,3% delle donne ha detto di considerare molto o abbastanza grave l’atto subito, rispetto al 40,6% degli uomini. 

Ma poi, chi subisce denuncia?

È quando sono vittime di atti molto gravi che le persone si rivolgono a forze dell’ordine e istituzioni, ma mentre agisce così il 26,7% degli uomini, lo fa solo il 6,3% delle donne. Del resto, tendenzialmente chi lavora nelle aziende non sa bene a chi rivolgersi in caso di molestie sessuali. L’86,4% dice che in azienda non è stata individuata una persona a cui rivolgersi se si subissero molestie e il 69,7% che non saprebbe proprio cosa fare. Uomini e donne indicano, però, una strada: la formazione. Infatti, il 93,6% di chi lavora lamenta che non si fanno corsi di formazione sulle molestie e che non si mettono in campo iniziative per insegnare a riconoscere il fenomeno e per contrastarlo. 

Diminuiscono i ricatti sessuali

Nei tre anni precedenti la rilevazione 2022-2023, circa 65.000 donne, pari allo 0,5% di quelle occupate o che lo sono state, hanno subito una qualche forma di ricatto sessuale per ottenere o mantenere un impiego, oppure per avanzare nella carriera. Questo dato, pur restando preoccupante, segna un dimezzamento rispetto all’1,1% registrato nel periodo 2015-2016, ma va ricordato che il triennio 2020-2023 include il periodo della pandemia e del lockdown, che ha drasticamente ridotto il lavoro in presenza, influenzando presumibilmente le dinamiche dei ricatti. 

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