Non è la prima volta che ci imbattiamo in una trama immersa nel buio profondo dello spazio, a bordo di una nave da guerra abbandonata. L’unico sopravvissuto sa poco di quanto accaduto e, quel che è peggio, incombono inquietanti presenze a bordo. Moros Protocol non è un titolo particolarmente innovativo dal punto di vista narrativo, ma riesce d’altra parte a proporre un FPS roguelite che sembra rispuntare da qualche scatolone dimenticato in soffitta sotto forma di CD o cartuccia. Con qualche spolverata e molta più fluidità, è un indie che ha tutte le carte in regola per accontentare gamer in cerca di azione in spazi stretti.
Moros Protocol, la recensione
Gli ambienti della Orpheus, questo è il nome della stazione in cui ci ritroviamo a combattere, sono claustrofobici, stretti, dunque diventa davvero importante sapere come muoversi e utilizzare le armi giuste. In Moros Protocol ogni morte impone una ripartenza e tale è la severa premessa che bisogna fare. Non è un viaggio che inizia e, comunque vadano le cose, prosegue fino alla fine in maniera lineare. Si genera un loop che, in un certo senso, ricrea quella condizione psicologica di disorientamento del protagonista.

Molto ben fatto il combat system, sia per quanto riguarda le bocche di fuoco sia per le armi bianche. La software house che ci ha lavorato – Pixel Reign, di stanza in Grecia – ha voluto alzare l’asticella e non offrire al pubblico degli sparatutto un prodotto per chi ha il grilletto facile. Aprire il fuoco a caso nella convizione che i proiettili in un modo o nell’altro andranno a segno significa votarsi al suicidio.

Anzitutto perché i colpi non sono così tanti e poi c’è tutta un’inerzia che va tenuta in considerazione. I rinculi dopo i colpi costringono a padroneggiare la fisica del personaggio. Moros Protocol è un prodotto davvero sfidante e bello da affrontare. Le boss–fight completano il tutto: sono toste il giusto e richiedono la dovuta attenzione.

A livello di sound design Moros Protocol è discreto, quello che convince davvero è l’ambientazione low-poly che caratterizza ogni pixel dell’ambiente. Sprite e armi sono sufficientemente vari e al netto di un ambiente in ombra, tra ferro e ingranaggi, i colori di fucili, esplosioni e mostri contribuisce a un colpo d’occhio davvero pirotecnico.