Katamari era dormiente da parecchi anni. Quattordici per l’esattezza. Alcuni potrebbero non essersi mai imbattuti in una delle IP più folli e meglio riuscite di Bandai Namco, partorita dall’estro creativo di Keita Takahashi. Nel 2004 questo giovane artista, che poi avrebbe preso altre strade rispetto alla software house nipponica, ha realizzato Katamari Damacy, divenuto presto un cult. Ha mostrato un modo tutto giapponese di intendere il divertimento videoludico. Negli anni successivi questo gioco senza alcun senso logico si è arricchito di nuovi capitoli. E nel 2025 la sfida di riproporlo per l’attuale generazione di gamer è alquanto intrigante. Preparatevi a farvi trascinare dall’energia magnetica di Once Upon A KATAMARI, disponibile su console e PC.
Once Upon A KATAMARI, la recensione
Il Re del Cosmo combina un sacco di guai. E questo è risaputo. Così tocca al suo erede, il Principe, risolvere l’ultimo in ordine di tempo. E non parliamo di un problema da poco: la Terra è andata a scatafascio. Così grazie all’escamotage già visto nella serie di Bandai Namco – ma mai così centrale – del viaggio nel tempo comincia una raccolta forsennata, dissacrante ed esilarante di tutte le cose viventi e non che hanno popolato diverse epoche della storia umana.

A livello grafico Once Upon A KATAMARI è un prodotto semplicemente delizioso, che fa proprio della sua essenzialità nelle texture il proprio punto di forza. Tutto è colorato e simpatico ed è per questo che sarà nostro piacevole compito raccoglierlo all’interno di questa sfera particolare in cui contenere ciò che va preservato. Mano a mano che rotola, questa diventa più grande di scala, generando una sensazione che all’inizio potrebbe spaesare il gamer. Poi viene il bello: è impossibile resisterle.

Passando dal Periodo Edo del Giappone antico fino al Far West, il viaggio nel tempo di Once Upon A KATAMARI ci cala in biomi dai colori sgargianti dove non c’è stato limite all’immaginazione per riempire ogni angolo di oggetti, animali, cose, palazzi da raccogliere. Non è un gioco semplice, ma mai frustrante: bisognerà raccogliere un tot numero di elementi, oppure raggiungere una determinata scale nel tempo assegnato.

Il tutto accompagnati da una colonna sonora che vi rimarrà appiccicata nella memoria almeno per qualche settimana. Il soundtrack è sempre stato tra i punti di forza di questa IP e l’ennesimo capito non sfigura. Oltre a vari oggetti che rendono più varie le run – come un razzo per correre più veloce – l’impostazione del gameplay di Once Upon A KATAMARI non è uscita dallo spartito classico. Si può giocare nei panni del Principe, così come dei suoi quasi 70 cugini. Ci saranno anche momenti sorprendentemente didattici come quando dovremo assorbire a forza alcuni dei più importanti filosofi dell’antica Grecia.

Once Upon A KATAMARI si conferma a distanza di quasi un quarto di secolo come un titolo ancora moderno, capace di intercettare i gusti di un pubblico di gamer cambiato, soprattutto perché inondato da un’offerta mai tanto vasta. Se un videogioco lanciato nell’era pre iPhone e pre social network riesce a risvegliarsi da un lungo letargo per riportarci a rotolare senza alcun senso, allora significa che siamo di fronte a un classico senza tempo.
