Può essere difficile da credere, eppure dietro a un titolo graficamente prestante come PaperKlay si rintraccia il lavoro di un’unica persona, Kevin Andersson, sviluppatore tuttofare della startup WhyKev che ha deciso di intraprendere una sfida non di poco conto: creare un videogame in grado di mettersi in scia al compiantissimo Banjo-Kazooie, da troppo tempo senza eredi (se non spirituali, quelli abbondano a iniziare da Yooka-Laylee realizzati da alcuni ex Rare).
PaperKlay, una volpe nel pollaio
Se a livello visivo PaperKlay ricorda soprattutto le produzioni Nintendo (Paper Mario, Yoshi’s Crafted World, Kirby e la Stoffa dell’eroe…), dal punto di vista del gameplay siamo invece decisamente nei territori poligonali dello studio britannico. Si stendono davanti a noi le infinite praterie in stile origami che ricordano le produzioni Rare per Nintendo 64 madide di oggetti da raccogliere, altri da rintracciare e assurdi figuri da aiutare.

Lo spirito del gioco è permeato da un umorismo quanto più affine a quello dei titoli Rare: non mancano infatti personaggi sopra le righe e battutine al vetriolo utili a far decollare inaspettatamente una sinossi volutamente piatta (una volpe ruba un intero pollaio e due eroi, un pollo e un pulcino, si mettono sulle sue tracce seguendo le uova perse per strada durante la fuga). Di impatto la realizzazione tecnica, solida e visivamente ispirata. Meno le musiche: se si esclude il tema principale, realizzato nientemeno che da Grant Kirkhope (il maestro che firmò gli spartiti di B-K), le altre si ripetono un po’ troppo ossessivamente.

Probabilmente il solo problema di PaperKlay (al netto di piccoli bug veri e propri che attualmente impediscono di completarlo al 100%) è l’essersi lasciato andare, ampliando eccessivamente concetti già espansi da titoli enormi come Donkey Kong 64 o Banjo-Tooie: c’è insomma troppo da fare, troppo da raccogliere, per lo più diluito in livelli abnormi che presentano intere sezioni nelle quali non succede praticamente nulla.

Sono invece molto carine le sequenze nelle quali lo scenario si plasma davanti ai nostri occhi, talvolta agendo su interruttori e leve così da darci l’impressione di costruire attivamente la strada da percorrere. Ma purtroppo sono piuttosto rare, rispetto alle dimensioni a dir poco generose di ciascuna ambientazione. Dimensioni che, come già scritto, non aggiungono nulla alla formula ludica, rischiando solo di rendere l’esperienza fin troppo diluita e dispersiva. Chi ha amato il periodo dei platform Rare per Nintendo 64, comunque, lo apprezzerà a prescindere.