L’Università degli Studi di Milano ha fatto oltre 200 interviste ai fattorini del food delivery. StartupItalia! ha parlato con Paolo Natale, curatore della ricerca. «La situazione di precarietà potrebbe essere addirittura peggiore»
Al 66% stranieri, al 50% lavoratori autonomi occasionali e quasi uno su quattro conosce poco l’italiano (il 6% non lo sa proprio). L’identikit è quello dei rider a Milano, i fattorini che consegnano cibo in bicicletta, realizzato da Luciano Fasano e Paolo Natale del Dipartimento di studi sociali e politici dell’Università degli Studi di Milano. In accordo con il Comune e l’assessorato alle Politiche del lavoro, la ricerca si è strutturata di 218 interviste face-to-face tra il 15 novembre 2018 e il 15 gennaio svolte in alcune delle località più frequentate dai rider come Porta Genova, Piazza Venezia, Stazione Centrale e Viale Monza.
L’universo (ignoto) dei rider
Secondo la ricerca condotta dall’ateneo sui corrieri del food delivery, a Milano la maggior parte dei rider coinvolti nelle interviste (41%) lavora per l’app Deliveroo, seguiti dai colleghi di Glovo (20%), Uber Eats (14%), Just Eat (11%) e Foodora (11%). Fotografati da questo primo tentativo di indagine, la maggior parte di loro ha un’età compresa tra i 18 e i 30 anni e il 61% ha dichiarato di non aver la cittadinanza italiana. Ma la ricerca è davvero rappresentativa? «È un po’ la domanda delle cento pistole perché l’universo di riferimento resta ignoto – risponde il professor Paolo Natale a StartupItalia – A Milano i rider totali dovrebbero essere circa 3mila: stiamo continuando con le interviste per arrivare a un totale di 300: con un 10% la ricerca potrebbe essere sufficientemente rappresentativa».
Come ci ha spiegato Paolo Natale , le 218 interviste sono stata fatte da studenti dell’Università degli Studi di Milano che hanno incontrato i corrieri in bicicletta per proporgli dei questionari con domande a risposte chiuse. «Purtroppo penso che la situazione di precarietà sia addirittura peggiore rispetto a quanto dicano i nostri numeri. Non sono pochi i rider che hanno paura di ritorsioni da parte delle piattaforme». Stando ai grafici, tra i rider gli studenti sono soltanto il 15%: la maggior parte di chi pedala ha o la licenza media (35%), o quella superiore (36%). Persone arrivate in Italia da pochi anni che alla loro prima esperienza lavorativa incontrano non pochi problemi legati a tutele e contratti.
Leggi anche: Il food delivery in Italia vale 350 milioni di euro
Le conclusioni dello studio riferiscono non soltanto che c’è scarsa conoscenza da parte dei rider “della disciplina contrattuale e dei contenuti specifici del proprio contratto di lavoro”. Spesso le attrezzature fornite non sono adeguate per lavoratori che hanno bisogno anche di formazione sulla lingua italiana e sulle norme del Codice della Strada. La ricerca ha verificato anche come gli stessi rider si confrontano: il collante in tutto questo è la lingua che li aiuta a orientarsi. Resta da verificare, concludono gli esperti, se preferirebbero o meno ricevere da parte delle piattaforme ore di formazione di gruppo in base al proprio paese di origine o alla lingua.