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Il 24 settembre al Talent Garden Calabiana l’evento per conoscere da vicino il mondo delle biotecnologie tra salute, agricoltura, ambiente e industria
«Prendiamo l’esempio di chi investe 1 milione di euro nel biotech: ha bisogno di sapere quali sono i progetti migliori. Ecco perché alcuni biotecnologi eccellenti non lavorano in laboratorio, ma per i fondi di venture capitale e di private equity o le aziende che fanno open innovation». Riccardo Palmisano, Presidente di Assobiotec-Federchimica, racconta di un lavoro che, come tanti altri, è cambiato anche grazie alle innovazioni tecnologiche. Un campo come il biotech non è limitato all’area delle scienze della vita e della salute, ma sia all’interno dell’accademia che nell’industria spazia tra diverse aree importanti per la società civile, dall’alimentazione all’agricoltura, fino al risanamento ambientale, alla produzione di energia da fonti alternative e alla gestione dei rifiuti in un’ottica di economia circolare. «Negli ultimi tre anni in Italia, il settore è cresciuto del 16%, oltre il doppio del manifatturiero. Ma siamo ancora in ritardo rispetto agli altri paesi».
Assobiotec: i trend
Di biotecnologie e sviluppo scientifico si parlerà martedì 24 settembre al Talent Garden Calabiana a Milano, dove Assobiotec-Federchimica ha organizzato “Storie dal Futuro migliore” – le iscrizioni sono aperte sul sito ufficiale – un evento inserito nella Settimana delle biotecnologie (23/29 settembre) in calendario in tutta Europa. Perché il mondo ha bisogno di storie positive, che raccontino di malattie curate grazie all’innovazione scientifica e alle nuove tecnologie a disposizione. Storie come quelle dei tanti testimonial che si alterneranno sul palco: scienziati, ricercatori, pazienti e giovani autori iscritti al corso di scrittura creativa della Nuova Accademia di Bella Arti (NABA) di Milano.
A fine 2018 erano 641 le imprese biotech attive in Italia, con un fatturato generato superiore agli 11,5 miliardi di euro, un numero di addetti di circa 13 mila unità e gli investimenti in Ricerca e Sviluppo totali che oltrepassano i 2 miliardi di euro. Ma quanto è cambiato il lavoro del biotecnologo? «Negli anni la richiesta di risorse preparate dal punto di vista scientifico e in grado di gestire i complessi processi che dal bancone della ricerca portano al prodotto finito si è accresciuta. Questo anche vista la maggiore complessità dell’ecosistema legislativo e regolatorio che ruota attorno a ricerca, sviluppo, produzione e commercializzazione di un prodotto o processo biotech. Il biotech, oggi, convive tanto con la terapia, quanto con la diagnostica – spiega Palmisano – non parliamo più genericamente di tumore al polmone, ma di sotto-tipologie di quel tumore e grazie alle nuove tecnologie diagnostiche, anche esse biotech, possiamo capire qual è il farmaco giusto per la cura più efficace».
Come in altre professioni, la multidisciplinarietà è uno dei trend più visibili. «Innanzitutto sta aumentando esponenzialmente l’interazione con figure di bio-ingegneri, statistici, informatici, confermata dall’affacciarsi al settore della salute di player non tradizionali, provenienti dal mondo ICT. In secondo luogo, all’interno delle imprese di ricerca, sviluppo e produzione biotecnologica alla figura del ricercatore puro si aggiungono sempre più figure che vanno dal controllo di qualità al quality assurance, dalla produzione al rilascio del prodotto finito, per non parlare di ruoli non strettamente di laboratorio ma che richiedono comunque grandi competenze scientifiche, dal trasferimento tecnologico al business development e non solo».
Fuori dal laboratorio
Il futuro migliore che Assobiotec-Federchimicavuole raccontare passa anche da nuove opportunità di lavoro per i giovani. «L’associazione – dice Palmisano – collabora con diverse università, come ad esempio il San Raffaele di Milano. Sono stati formalmente inseriti corsi all’interno dei quali testimoni del mondo delle imprese fanno comprendere agli studenti quanto possano essere diversificati e non inquadrabili in vecchi schemi gli sbocchi professionali che hanno di fronte». Se in passato il biotecnologo vedeva il proprio futuro soprattutto in università a svolgere ricerca applicata, oggi le frontiere del biotech vanno per esempio cercate anche in mondi nuovi, come quello del Venture Capital.
In quello che molti hanno già ribattezzato come l’anno del biotech, va infatti sottolineato quanto sia sempre più frequente incontrare biotecnologi con competenze di business administration all’interno delle imprese e dei fondi d’investimento. Quelle che prima di partecipare a un aumento di capitale su una startup del settore chiedono il parere di chi da quel mondo proviene. «La direzione è questa: in futuro l’80% dei prodotti che anche Big Bio-Pharma lancerà sarà stato scoperto al di fuori dei laboratori delle aziende stesse. L’open innovation e la networking innovation generano una sana concorrenza, stimolando anche i ricercatori interni».
Parlando di futuro, quali sono gli scenari che ci attendono? «Se nel 2050 saremo 9 miliardi di persone, avremo la necessità di reperire risorse alimentare sufficienti per tutti, di risparmiare acqua e di trovare fonti energetiche alternative. Dovremo trovare nuove strade, dalla produzione di energia sostenibile alla cura delle patologie. Ci sarà bisogno di un cambio radicale di rotta: non possiamo pensare ai prossimi 30 anni seguendo le logiche che abbiamo seguito negli ultimi 100 anni».
Storie e social
Nel presente intanto c’è anche la comunicazione, ovvero il mondo dei social network dove disinformazione e fake news sulla scienza non possono essere una scusa per non esserci. «Non dobbiamo avere paura dei nuovi strumenti, ma dobbiamo conoscerli e cercare di popolare i social di news positive e scientificamente accreditate: le storie delle persone, dei pazienti, dei ricercatori e delle imprese che sono riusciti a creare valore e benessere per tutti. Non possiamo far finta che quelle piattaforme non esistano per noi, soltanto perché ci troviamo molta disinformazione».
In occasione dell’evento di Milano Assobiotec-Federchimica verranno resi noti anche i dati elaborati dall’Osservatorio social sulla percezione delle biotecnologie in Italia. Numeri che daranno una panoramica su quanto i cittadini siano o meno consapevoli di un settore su cui in tutto il mondo le aziende stanno investendo. «Se Amazon, General Electric e Microsoft stanno investendo nel mondo del biotech qualcosa vorrà pur dire».