La legge cui si riferiscono è la nuova direttiva europea sul copyright e la scelta scellerata sarebbe quella annunciata a settembre secondo cui Google non mostrerà più gli snippet degli articoli a meno che non avranno l’esplicito consenso del giornale stesso.
La scorsa settimana diversi quotidiani italiani hanno riportato l’appello dei giornalisti francesi contro la recente scelta di Google in Francia, tacciata di porsi al di sopra della legge.
La direttiva sul copyright
La legge cui si riferiscono è la nuova direttiva europea sul copyright e la scelta scellerata sarebbe quella annunciata a settembre secondo cui Google non mostrerà più gli snippet degli articoli a meno che non avranno l’esplicito consenso del giornale stesso. Decidere se Google News Francia potrà mostrare l’anteprima dell’articolo, composta da foto, titolo e un breve estratto, sarà una scelta libera dell’editore e avverrà senza il riconoscimento di nessun compenso. In assenza di questo consenso, Google mostrerà solo il titolo e il link.
La “batosta” arriva a pochi giorni da quel 24 ottobre in cui la direttiva sarebbe diventata legge in Francia, tra i primi Paesi UE ad implementarla a livello nazionale, nonostante ogni Stato Membro abbia tempo fino al giugno del 2021 per provvedere. L’Articolo 15 della direttiva (ai tempi in cui ne scrivevamo su StartupItalia era l’art. 11) fa nascere un nuovo diritto in capo agli editori secondo cui chi voglia offrire dei servizi basati sulla condivisione degli articoli dei giornali online, anche solo quando si tratti di mostre degli snippet appunto, debba chiedere il permesso agli editori e ottenere una licenza, solitamente dietro compenso economico.
Prima che la legge fosse approvata, in moltissimi evidenziarono come i giganti del web non avrebbero mai accettato. E non si trattava di una mera ipotesi visto che analoghe leggi furono approvate in Spagna e Germania in passato con lo stesso risultato, anche perché Google dichiarò che non era conveniente visto che il servizio Google News non genera ricavi.
Una sorpresa che non lo era
La cosa assurda è che gli editori sanno benissimo che Google News porta loro molto traffico, tanto che nella lettera dicono preoccupati: “Quando gli utenti internet cercheranno informazioni non appariranno né foto né testi, apparirà un semplice titolo, niente di più. Sarà una morte lenta che ha iniziato già a svuotare le redazioni in Europa come già accaduto negli Stati Uniti. Un suicidio per la stampa. Perché prima di arrivare su un sito multimediale, la porta di ingresso di Internet è Google. Altri motori di ricerca pesano poco. Gli editori lo sanno: non hanno i mezzi finanziari per sostenere la vertiginosa caduta del traffico sui loro siti che questo ricatto porterà.”
Quindi ricapitoliamo: c’è un servizio che gratuitamente porta traffico agli editori, non ci guadagna nel farlo, e gli editori fanno approvare una legge che chieda a quel servizio di pagare per avere il permesso di portare traffico ai giornali. Gli editori, pur avendo esempi concreti del finale che ne sarebbe derivato, vanno avanti nella loro lotta salvo poi stupirsi dell’ovvio.
Google “sta violando la legge” secondo i giornali
Ma non finisce qui. Nella lettera si dice che “Google sta violando la legge. Sfrutta le sottigliezze deviando il suo spirito. È un nuovo gesto di disprezzo alla sovranità nazionale ed europea.” Vien da pensare che gli stessi editori e giornalisti che hanno voluto questa legge non l’abbiano letta.
L’articolo 15 infatti prevede chiaramente come non sia necessaria alcuna licenza per i brevissimi estratti e i meri link. Pertanto Google non sta violando alcuna legge, né il suo spirito. Perché lo spirito di quell’eccezione è proprio quello di non fermare la circolazione delle notizie e permettere ai cittadini di continuare a informarsi.
La lettera si conclude con un appello ai legislatori nazionali ed europei: “Chiediamo un contrattacco da parte di chi decide. Chi decide deve rafforzare i testi in modo che Google non possa più distorcerli. Chi decide deve usare tutto l’arsenale a propria disposizione per combattere l’abuso di una posizione dominante del colosso americano. Da parte nostra, giornalisti, video-giornalisti, fotografi, artisti, facciamo appello all’opinione pubblica e alle Istituzioni Nazionali ed Europee perché la posta in gioco è la sopravvivenza di media indipendenti e pluralistici, e in definitiva la vitalità della nostra Democrazia.”
Praticamente si chiede al legislatore di obbligare un’azienda privata a pagare per offrire un servizio che non le genera ricavi ma ne porta alla controparte. Il tutto in barba alle eccezioni previste dalla legge stessa.
Il problema dei rapporti di forza contrattuale
Da notarsi inoltre che la posizione dominante di Google genera sì un problema, ma diverso da quello evidenziato dai giornali francesi. Se anche Google pagasse, potrebbe sicuramente strappare un ottimo prezzo. Diversa è la questione per tutte le altre realtà europee che non hanno la stessa forza contrattuale. In quel caso sarebbero i giornali a farla da padrone e con richieste troppo alte farebbero uscire dal mercato promettenti startup che volessero, ancora una volta, mandare loro del traffico senza chiedere nulla in cambio.
È un peccato vedere come i giornali continuino a essere attaccati a vecchi modelli di business che da anni non funzionano più. Se è vero che i giganti californiani raccolgono la maggior parte della raccolta pubblicitaria, non è solo questo che fa chiudere le redazioni. Piuttosto il fatto che non ci sia stato un adeguamento dei modelli di business al mondo digitale. A dimostrarlo sono tutti quegli editori digitali puri che hanno criticato in questi anni quella stessa legge che tanti “vecchi” giornalisti osannavano come la panacea di tutti i mali del giornalismo.