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L’intervista a Fabio Andrea Rossi, Business Innovation Director di The Adecco Group in Italia
«In un momento d’emergenza come questo le aziende che avevano già investito nella digitalizzazione sono meno in difficoltà. Chi oggi pensa di disinvestire in quel settore arretrerà». StartupItalia ha intervistato Fabio Andrea Rossi, Business Innovation Director di The Adecco Group in Italia, per scattare un’istantanea del mondo del lavoro e delle conseguenze dell’emergenza coronavirus su tutte le filiere, soprattutto quelle che non possono permettersi di chiudere. «Questa crisi ci insegna l’importanza delle soft skills, come quella dell’autonomia in smart working, dove conta soltanto il risultato».
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L’intervista
Un momento drammatico quello che sta vivendo il paese. Quali saranno i cambiamenti per le aziende?
«Non parliamo di cambiamenti temporanei, ma permanenti. Tutto quello che un tempo era inteso come un lusso, ovvero la capacità di lavorare in autonomia, le soft skills, ebbene molte imprese smetteranno di ritenerlo secondario. Gli imprenditori non si dimenticheranno che è possibile lavorare in questo modo, che richiede canoni diversi rispetto alla permanenza in ufficio. Conta solo l’output che produci, non le ore che passi in ufficio. Certo, bisogna disporre di strumenti e mentalità giuste per poter operare in questo modo».
Adecco come ha affrontato questo mese di emergenza?
«Stiamo utilizzando tool digitali che ci consentono di gestire colloqui e assessment, e l’intero processo di recruiting online. Dall’inizio dell’anno abbiamo incrementato le video interviste del 27%, passando da 5000 al mese a 6.800. Di fronte alla pandemia in corso abbiamo risposto a esigenze pragmatiche, garantendo sempre ai candidati prospettive di lavoro sicure per quanto riguarda i presidi sanitari».
Fabio Andrea Rossi, Business Innovation Director di The Adecco Group
State quindi operando per garantire continuità alle attività in corso?
«The Adecco Group è un partner maturo e si sta ponendo nell’ottica di garantire business continuity alle aziende, perché può affrontare l’emergenza offrendo agli stakeholder un approccio da ecosistema: dalla formazione in remoto alle virtual room collaborative per i dipendenti sino, ovviamente, al reclutamento del personale assente. Anche noi, al nostro interno, stiamo utilizzando questo periodo per preparare nuove soluzioni e nuove modalità di approcciare il mercato, i candidati, i nostri colleghi: le difficoltà, si sa, aguzzano l’ingegno, lo dicevano quei maestri di innovazione che furono i nostri nonni. Era vero allora, è vero ancora oggi».
In base ai dati del vostro osservatorio, quali sono i settori di impresa con più offerte e più domande di lavoro?
«Nelle ultime tre settimane i settori medico, farmaceutico e scientifico hanno registrato una crescita del 16% nelle candidature; l’incremento più grosso è stato quello legato alla logistica e all’industria, con +39% di candidature; infine il mondo dell’HR e dei call center con +17,6%. Per quest’ultimo ambito abbiamo assistito a una grande ricerca di operatori contact center che potessero gestire le chiamate ai numeri di emergenza».
Dunque le vostre filiali sono rimaste aperte?
«Non al pubblico. In tutti questi centri operativi, fino al 25 marzo, c’è stata una sola persona fisicamente presente in filiale per rispondere alle offerte di lavoro di tante aziende che non possono chiudere e che hanno sempre più bisogno di personale. Dal 26 marzo, come da decreto ministeriale, le nostre filiali saranno chiuse. Ma di fatto sono operative in smart working e in grado di seguire le aziende sia disponendo di indicazioni chiare sui settori, sia supportando grazie ai dati le aziende potenzialmente in situazione di bisogno».
Come sta reagendo il tessuto imprenditoriale del paese a questa tempesta?
«Ho visto una forte reattività. Nessuno si poteva aspettare qualcosa di simile, molte aziende si sono organizzate per dare una risposta dal basso, è emersa la natura imprenditoriale. Questa crisi cambierà in maniera permanente la mentalità e il mondo del lavoro. I decreti approvati finora dal Governo hanno di fatto creato un nuovo diritto del lavoro. Saranno cambiamenti culturali, destinati a rimanere impressi. Dopo questa emergenza nessuno potrà permettersi di non avere un piano B».