La più grande piattaforma di streaming per gamer nasce da un’idea davvero folle, in cui sono pochi quelli che ci hanno creduto
Il peggior progetto di sempre. È questo che pensa Michael Seibel quando il suo amico e vicino Justin Kan, leader del team da cui è nata Twitch – la più grande piattaforma di streaming per gamer – gli racconta l’idea di mettersi una telecamera in testa e riprendere la sua vita 24 ore al giorno.
Eppure, come succede spesso tra amici che fanno un business, non sa dirgli di no. In un’intervista su Business Insider confessa, “d’altronde quando è il tuo migliore amico a chiederti di iniziare un business insieme, come puoi fare diversamente?”.
In questo clima di scetticismo nasce Justin.Tv, che poi sarà la base per uno dei migliori pivot nella storia delle startup nell’ultimo decennio, quello che ha portato alla nascita di Twitch (3.8 milioni di broadcaster, record di 150 milioni di visitatori a marzo 2020), per una piattaforma che nell’agosto del 2014 viene acquisita da Amazon per circa 1 miliardo di dollari.
In questo articolo ripercorriamo le tappe più significative che hanno portato alla nascita di Twitch, soffermandoci sulla storia di Justin Kan, un autodidatta della programmazione, considerato oggi uno degli startupper seriali più apprezzati (e finanziati) al mondo.
Come vendere un fallimento su eBay
Nato a Seattle, da genitori immigrati dalla Cina, Justin riceve un’educazione molto rigida. La madre, imprenditrice immobiliare, spinge Justin e i due suoi fratelli gemelli, ad essere autonomi in tutto, fin dalla più giovane età, assegnandogli ogni giorno dei compiti da portare a termine, per responsabilizzarli. Una strategia che pare funzionare, i suoi fratelli, Daniel e Damien, sono diventati uno un imprenditore di successo (è il founder di Cruise) e l’altro è un apprezzato ingegnere informatico nell’ambito farmaceutico.
Eppure il genio degli affari a casa, che “trasforma in oro tutto quello che tocca” (secondo Paul Graham, uno dei founder di Y Combinator) è Justin, che frequenta Yale, dove decide di formarsi mescolando due materie distanti fra loro, come la fisica e la filosofia.
Yale, in quegli anni, è il luogo migliore per sviluppare una mentalità imprenditoriale. Paul Graham ha lanciato un programma per idee di impresa, che poi diventerà uno dei più famosi acceleratori al mondo, Y Combinator. Justin e il suo amico Michael decidono di partecipare al progetto con un’idea, si chiamava Kiko e puoi immaginarla come una sorta di antesignano di Google Calendar, quando quest’ultimo ancora non esisteva.
L’idea, come confesserà Graham negli anni successivi, non lo colpisce particolarmente, ma intuisce che c’è del potenziale in quei due ragazzi (e fa bene). Grazie al programma riescono a raccogliere 70mila dollari, oltre a loro in quel primo embrione di Y Combinator fanno parte idee di business come Dropbox e Reddit, che sarebbero poi diventate startup di successo.
Successo che invece non arriva con Kiko. I due si impegnano tanto per realizzare un software decente, ma Justin confessa che nessuno dei due erano bravi a programmare e vanno avanti imparando su Internet e copiando e incollando codici. Ed è proprio a questo punto della storia che appare un altro grande protagonista, si chiama Emmett Shear, ed è un amico di Justin che viene coinvolto nel team di Kiko per la sua esperienza nella programmazione.
La presenza di Emmet consente al software di migliorare. E infatti, le cose sembrano andare per il verso giusto, con i primi 25 utenti. Eppure un mese dopo succede quello che non ti aspetti: Google lancia Calendar, è la fine annunciata di Kiko.
Di fronte al fallimento, tuttavia, Justin ha una risposta inaspettata. Tempo prima aveva visto una startup, un sito chiamato Jux2, venduto su eBay. Allora, decide di mettere Kiko all’asta. Si fa avanti una società canadese, Tucows, che decide di comprare il software per circa 250mila dollari. Il team può così ripagare gli investitori.
«Abbiamo inventato un nuovo modello di business, lanciare una startup fallimentare e venderla su eBay», ironizza Justin in un’intervista.
La peggiore idea di sempre, Justin.Tv
«Ti finanzio solo se vai in diretta e fai figure di merda». A esprimersi con questo linguaggio colorito è Robert Morris, professore di informatica al MIT e uno dei cofounder di Y Combinator. Justin, Michael e Emmett, a cui si aggiunge Kyle Vogt, detto anche “hardware guy” e reclutato al MIT.
L’idea di Justin.tv appare effettivamente folle: un “Truman” consapevole, come il celebre personaggio interpretato da Jim Carrey, Justin decide di farsi riprendere 24 ore al giorno portando una microcamera sulla testa e usando la telecamera del suo laptop (la diffusione dei cellulari sarebbe arrivata un anno dopo). Kyle fa un lavoro impossibile: come CTO, deve garantire la qualità dello streaming senza avere in pratica i mezzi tecnologici per farlo.
Qualche soldo arriva, 50mila euro ce li mette Morris. Poi sarebbero arrivati i round di Draper Association e di un altro fondo che scommette sull’idea, Stewart Alsop Louie Partners. In un bel post, Stewart racconta perché “ha deciso di investire in quei quattro ragazzini con una folle idea”. All’epoca avevano tutti poco più di vent’anni.
Il nome Justin.tv, non è per narcisismo, tra i quattro Justin è l’unico che è disposto a sottoporre la sua vita alle telecamere (e non se la passerà sempre bene). Nel 2007 diventa vittima di quelli che sono chiamati “swatting attacks” e che sono diventati comuni presso i video streamer. In cosa consistono? Per burlarsi degli streamer qualche buontempone chiama la polizia affermando che a casa dello streamer di turno è stata commesso un crimine. I raid che seguono la chiamata vengono poi diffusi sulla Rete.
Al di là di questi incidenti, Justin.tv attira l’interesse di tanti curiosi, i quali, tuttavia, abbandonano poi la piattaforma. Justin stesso non è un intrattenitore e molte delle sue giornate le passa al computer usando il suo laptop. Il nodo è come creare dei contenuti che piacciono agli utenti? Per farlo, Justin e il team danno vita alla prima trasformazione di Justin.tv che si apre al pubblico e come YouTube (che in quegli anni sta muovendo i primi passi) decidono di dare la possibilità a tutti di trasmettere i loro contenuti in streaming.
Una scelta che paga: alla fine del 2007, la piattaforma ha 60 canali registrati e si espande all’estero con broadcaster da tutto il mondo (Australia, Brasile, UK, Francia, Olanda, Svezia). In un anno, si registrano 30mila broadcaster.
Un colpo di genio: nasce Twitch
Tra i vari canali aperti su Justin.tv, ce ne sono alcuni dedicati al gaming. Sono pochi a dirla tutta: il 3% degli utenti della piattaforma è un appassionato di gaming. Come Emmett che nel team è quello che più ne sa dell’argomento.
Emmett, con l’approvazione degli altri, decide allora di dedicarsi a sviluppare un verticale sul gaming. Sa bene che c’è una cosa che ai gamer piace più del gioco stesso: guardare altre persone giocare. Quelli sono gli anni in cui Starcraft 2 è appena stato lanciato e su Youtube appaiono i primi video di gamer.
Emmett e il team coinvolgono altri gamer, creano verticali all’interno della categoria, ognuno dedicato a una tipologia di gioco. Intanto, crescono i numeri del verticale, che passa ad essere il canale più visto su Justin.tv.
L’obiettivo dei sogni allora è raggiungere i 10 milioni di utenti unici al mese. Dopo i primi mesi erano già a 40 milioni! Numeri che li convincono ad abbandonare Justin.tv, facendo un’operazione di re-branding, Twitch appunto, che conquista anche gli investitori, che dal 2007 al 2013, investono nella startup 35 milioni di dollari, tra questi Thrive Capital e Bessemer Venture Partners.
«Abbiamo creato un team apposito che navigava sugli altri siti di gaming a chiedere ai broadcaster, di cosa avessero bisogno per trasmettere su Twitch. Dalle loro risposte poi, sviluppavamo le feature che volevano. Una strategia efficace, i gamer che si trasferivano sulla piattaforma portavano con loro anche i loro fan. Abbiamo ripetuto quest’attività mese dopo mese per far crescere la community».
Numeri che fanno nascere gli appetiti delle top company del tech. La prima a farsi avanti è Google che, secondo un’indiscrezione di Business Insider, mai confermata dall’azienda, mette sul piatto 1 miliardo di dollari, anche Yahoo! si inserisce nell’asta. Ma a spuntarla è Amazon che compra la startup per 970 milioni, lasciando Emmett alla guida, oggi è il Ceo dell’azienda. Il colosso di Bezos fa un vero affare. Quando l’acquista Twitch ha numeri impressionanti: 55 milioni di utenti mensili, 15 miliardi di contenuti, mente sono 100 i minuti che gli utenti spendono in media al giorno sulla piattaforma.
Justin invece esce dalla società. Ma la sua carriera di startupper seriale è solo agli inizi.
Tutto quello che tocca diventa oro
Seguire tutte le evoluzioni della carriera di Justin è davvero complicato nello spazio limitato di un articolo. Ogni suo nuovo business meriterebbe un approfondimento. Nel 2011, per esempio, insieme al suo team storico lancia Socialcam, un app che permette agli utenti di registrare e condividere video usando i loro mobile. Risultato: progetto acquistato da Autodesk, un anno dopo, nel luglio del 2012 per 60 milioni.
Nello stesso anno, Justin lancia Exec, un servizio che mette in contatto i freelance di ogni tipo di servizio, con gli utenti. Business completamente diverso dagli altri ma stessi risultati: la startup viene acquistata da Handybook per 10 milioni di dollari.
Intanto, trova il tempo di diventare partner di Y Combinator (nel 2014) per poi abbandonare l’acceleratore costruire la sua società di investimento, che si chiama Zero-F. Mentre decisamente meno bene è andata l’avventura con la legal tech Atrium, che dopo aver raccolto oltre 110 milioni di dollari, ha dovuto chiudere i battenti, come racconta TechCrunch.
In un’intervista a Foundr.com, Justin offre la sua guida in otto step per favorire la crescita di una startup:
- Parti velocemente senza aspettare investimenti.
- Dai valore ai consumatori, parlaci e costruisci un prodotto che risponde alle loro aspettative.
- Testa continuamente e valuta i risultati in modo onesto e oggettivo.
- Focalizzati, elimina le attività che possono distrarti dai tuoi obiettivi.
- Lavora tanto per colmare il gap della mancanza di esperienza.
- Assumi solo quando ne hai veramente bisogno.
- Comprendi quando è il momento di fare un pivot, in genere corrisponde con il momento in cui la tua startup non cresce più.
- Impara da chi ne sa più di te, per questo costruisce una community di imprenditori che possono offrirti dei consigli.