La data economy come volano per recuperare il gap tecnologico che ci vede divisi tra i vendor cloud nordamericani e i nuovi interlocutori che vengono dall’Asia. Così il Vecchio Continente può diventare il terzo polo e un interlocutore credibile della data-economy
L’Italia non vuole restare indietro: c’è una partita molto importante che si sta giocando sui tavoli dell’economia e della politica planetaria, e riguarda quella che si chiama data-economy. Un settore che vede nel cloud la sua infrastruttura, e che nei prossimi tre anni potrebbe registrare una crescita di oltre il 500 per cento: parliamo di un’economia da decine e decine di miliardi di euro, di un settore strategico per un Paese come il nostro che punti a offrire prodotti e servizi ad alto valore aggiunto che da sempre costituisce il valore cardine che ci viene riconosciuto dai clienti internazionali delle grandi e piccole aziende italiane.
Un settore dunque da pattugliare e anzi da mettere al centro dei disegni a lungo termine che un Governo deve prevedere per garantire al Paese di mantenere la propria competitività: un messaggio chiaramente recepito dal Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione di Paola Pisano, che già lo scorso dicembre aveva iniziato a parlare in modo esplicito di recupero di controllo su questo tipo di tecnologia così come di una visione a cinque anni e oltre per l’Italia all’interno del piano Italia 2025. Oggi, poi, si parla in modo ancora più esplicito dell’ingresso dell’Italia nel progetto Gaia-X: quello lanciato dalla Germania e subito sostenuto dalla Francia, che punta a costruire un cloud europeo alternativo a quello fin qui dominato da vendor nordamericani e asiatici, attraverso una standardizzazione di regole e processi e in pieno spirito di collaborazione europeo.
Non sovranismo, ma sovranità del dato
Per giocare un ruolo significativo nella data-economy c’è un ritardo tecnico da colmare, senza dubbio. Ma attenzione, qui non stiamo parlando di reinventare da capo la ruota: “Quello che dobbiamo fare è pensare a un orizzonte temporale a 20 o 50 anni – spiega a StartupItalia Paolo De Rosa, CTO del Ministro Pisano – e in questo senso c’è un parallelo storico utile a spiegare la situazione che stiamo vivendo oggi: durante la seconda rivoluzione industriale chi si rifiutava di convertire la propria produzione dalle macchine a vapore a quelle elettriche doveva fare i conti prima o poi con la chiusura, a causa della perdita di competitività, e lo stesso sta succedendo oggi con il cloud”.