Riuscire a spostare una percentuale rilevante del capitale privato sull’innovazione, comporterebbe una svolta di cui beneficeremmo tutti
Ci sono 1.700 miliardi di risparmio dei contribuenti sui conti correnti. Spostarne l’1% verso la scienza, la ricerca e la tecnologia, tramite investimenti in startup e PMI Innovative, vuol dire generare un’onda d’urto di 17 miliardi. La somma di quanto hanno a disposizione Enea Tech e CDP Venture, per dieci!
Con questi soldi, ciao Elon! Su Marte ci arriviamo noi a mettere il tricolore. E, magari, se un giorno servisse, un altro vaccino o una nuova terapia arriverebbe dalle nostre startup e non dovremmo attendere le forniture di terzi. Come fare? Ovvero, come mai non è già stato fatto? Oltre agli ottimi (ma sempre migliorabili) incentivi – detrazioni dal 30% al 50%, a favore dei privati che investono in startup e PMI Innovative -, è il caso di azzerare la tassa sul capital gain, oggi al 26%, per chi riesce a fare una exit dopo 3 o 5 anni da queste imprese. Sarebbe magico.
Siamo già lì vicino, lo spirto del legislatore ci gira intorno. Vedi i PIR, vedi i PIR fai-da-te. Però, si deve passare per una fiduciaria, oppure si deve andare da un gestore, oppure… Via la burocrazia. Come per le detrazioni a favore dei privati, anche qui dovrebbe bastare un flag sui moduli UNICO, 730 e compagnia fiscale cantante. Così si spostano le montagne. Così si spostano le masse di capitali dei contribuenti.
Federchimica Assobiotec – l’Associazione che riunisce le società attive nel campo delle biotecnologie – ha presentato pochi giorni fa, in audizione alla Commissione Attività Produttive della Camera, la proposta, tra le altre (credito di imposta R&S e fondo di investimento match), di annullamento della tassa sul capital gain per chi investe in startup e PMI innovative e detiene l’investimento per almeno tre anni.
Un esempio, per amor di chiarezza: la storia di Francesca e Chiara
Francesca è architetto, vegana, amante del kitesurf, convive e ha una figlia. Francesca ha qualche risparmio da parte e decide di investire in borsa 100 euro in azioni Tesla. Chiara è medico, onnivora, sciatrice da neve fresca, sposata e con due figli, un maschietto e una femminuccia. Anche Chiara ha qualche risparmio da parte e decide di investire 100 euro in una startup innovativa che sviluppa una terapia cellulare contro le malattie autoimmuni. La Tesla di Francesca con l’elettrico ci porta su Marte e non inquina le città. L’investimento di Chiara è in uno spin-off universitario, fondato da due giovani medici e una ricercatrice da poco dottorata.
Chiara e Francesca sono amiche, i figli giocano insieme al parchetto. Sono vicine di casa. Passano tre anni e Francesca racconta a Chiara che ha venduto le azioni Tesla e i suoi 100 euro sono diventati 800 euro. Non è andata su Marte, ma la babysitter è pagata. Anche Chiara è fiera di raccontare che dopo tre anni ha potuto vendere la azioni della sua startup innovativa. Anche per lei i 100 euro sono diventati 800. Ad acquistare la startup è stata una società farmaceutica che svilupperà il farmaco così promettente.
Le due amiche, fatto il buon investimento, incontrano lo Stato italiano che chiede loro il 26% del profitto, ovvero riscuote la tassa sul capital gain, e si prende 182 euro da ognuna delle due amiche. Ebbene, Francesca ha fatto un bell’investimento in borsa, bravissima. Chiara ha investito in una società italiana non quotata, in una startup, che ha sviluppato un’innovazione nata nella nostra accademia. La startup ha assunto ricercatori e svolto attività clinica in ospedali italiani. Francesca avrebbe potuto vendere Tesla ogni singolo giorno dei tre anni in cui ha tenuto l’investimento. Chiara, no, la startup non è quotata. Ha dovuto attendere con pazienza un evento straordinario, avendo fiducia nella ricerca scientifica.
Francesca e Chiara hanno corso due rischi molto diversi. Le azioni possono scendere e salire, sono sempre liquidabili. Una startup ha un rischio di fallimento molto elevato e un investimento illiquido. L’impatto delle due società sull’innovazione del nostro Paese non ha paragoni: una startup o una PMI innovativa aumentano la competitività, assumono personale qualificato e trattengono cervelli. Allora, perché lo Stato italiano tassa entrambe allo stesso modo? Chiara e Francesca hanno fatto due investimenti molto diversi. Chiara meriterebbe di essere insignita con la medaglia al valor civile dal Presidente della Repubblica e certo di non pagare la tassa sul capital gain.