Il fisico, ma anche inventore e imprenditore italo-americano in conversazione con Mauro Aprile Zanetti per ripercorre le sue quattro vite: l’infanzia e i primi lavori, la controversia con Intel per l’attribuzione della paternità del microprocessore, fino al suo impegno nello studio scientifico della natura della consapevolezza.
«Non fosse stato per lui la Silicon Valley sarebbe rimasta solo una valle di frutteti». Pare che proprio Bill Gates, fondatore di Microsoft, pronunciò questa frase parlando di Federico Faggin.
Non solo fisico, ma anche inventore e imprenditore italo-americano. Nato a Vicenza nel 1941, dal 1968 risiede negli Stati Uniti. È stato capo progetto e designer dell’Intel 4004, il primo microprocessore al mondo, e lo sviluppatore della tecnologia MOS con porta di silicio che ha permesso la fabbricazione dei primi microprocessori, delle memorie EPROM e RAM dinamiche e dei sensori CCD, gli elementi essenziali per la digitalizzazione dell’informazione.
Nel 1974 ha fondato la Zilog, con cui ha dato vita al famoso microprocessore Z80, tuttora in produzione. Nel 1986 ha co-fondato la Synaptics, ditta con cui ha sviluppato i primi Touchpad e Touchscreen.
Il 19 ottobre 2010 ha ricevuto la Medaglia Nazionale per la Tecnologia e l’Innovazione dal presidente Barack Obama per l’invenzione del microprocessore. Nel 2011 ha fondato la Federico and Elvia Faggin Foundation, un’organizzazione no-profit dedicata allo studio scientifico della coscienza, con cui sponsorizza programmi di ricerca teorica e sperimentale presso università e istituti di ricerca statunitensi.
Federico Faggin ospite a SIOS21 Sardinia
E la storia di Faggin nell’ultimo anno incontra un’altra storia di innovazione italiana, quella sarda, il fisico è stato infatti nominato proprio qualche mese fa nell’Advisory Board del Crs4, il Centro di ricerca e studi superiori cui si deve il primo sito internet italiano (crs4.it) e culla di alcune iniziative pionieristiche degli albori del world wide web, come www.unionesarda.it: il primo quotidiano online in Italia.
Il primo contatto del fisico con la Sardegna avviene nel 2019 quando, su iniziativa della Fondazione di Sardegna e accompagnato dal tech evangelist, Mauro Aprile Zanetti (che da San Francisco collabora alla comunicazione, PR e storytelling con Faggin dal 2013), attraversa l’isola per un book tour della sua autobiografia, Silicio (ed. Mondadori), incontrando gli studenti dell’Università di Cagliari e la comunità dell’innovazione sarda al CRS4, a The Net Value e in Tiscali.
Il 21 maggio torna, per adesso solo virtualmente, in Sardegna, a Cagliari, ospite di SIOS21 Sardinia Edition per una inspiring conversation con Mauro Aprile Zanetti, Chief Business Evangelist di Cloud4Wi — da oltre 20 anni un trailblazer nel campo delle PR, marketing & comunicazione multimediale tra Stati Uniti d’America (New York e San Francisco), Europa (Italia e Francia) e Asia (India e Malesia).
Con Mauro Aprile Zanetti, il fisico ripercorre le sue quattro vite: l’infanzia e i primi lavori, la controversia con Intel per l’attribuzione della paternità del microprocessore, fino al suo appassionato impegno nello studio scientifico della natura della consapevolezza.
Una conversazione ricca di umanità che mostra la straordinaria determinazione di Faggin, ma anche la sua capacità di mettersi in gioco, di aprirsi sempre a nuove realtà e a nuove possibilità.
“La consapevolezza è qualcosa di molto lontano dalle macchine: chi vi racconta che l’intelligenza artificiale si avvicinerà a quella umana, vi racconta favole”.
Ed è proprio dal libro autobiografico di Faggin, Silicio, che siamo voluti partire. Uscita da poco la ristampa in edizione tascabili in Italia e tradotto anche negli Stati Uniti, Federico Faggin rivela nel libro la sua ultima svolta di uomo e di ricercatore:
“Sono nato a una nuova vita ogni volta che, osservando il mondo da insospettati punti di vista, la mia mente si è allargata a nuove comprensioni. Sono nato a nuove vite quando ho smesso di razionalizzare, ho ascoltato la mia intuizione e mi sono aperto al mistero”.
Non è un caso se il sottotitolo del libro è “Dall’invenzione del microprocessore alla nuova scienza della consapevolezza”.
Le nuove geografie del lavoro
Ma non solo parleremo anche di come un territorio può e deve creare il giusto ecosistema per stimolare la competitività e le prospettive di crescita delle proprie imprese e come possono evolversi e innovarsi i luoghi mentre stanno cambiando sempre di più le geografie del lavoro. Le città medie e il sud più in generale sono oggi chiamate ad una grande sfida e potrebbero giocarsi la loro rivincita, ma c’è una cosa che per Faggin è fondamentale per attrarre i talenti “Bisogna fare in modo che le persone vogliano vivere lì, a partire dallo snellimento dei processi burocratici”.
“A San Francisco negli ultimi 8 anni — commenta Mauro Aprile Zanetti — ho avuto l’opportunità più unica che rara di poter collaborare con alcuni dei più grandi innovatori dell’umanità e della nostra società a livello mondiale nell’ultimo cinquantennio, come Lawrence Ferlinghetti (poesia, arte, editoria, attivismo sociale), Maria Manetti Shrem (filantropia a supporto dell’istruzione, dell’arte e della musica e della ricerca scientifica) e Federico Faggin (scienza e tecnologia). Si tratta di autentici pionieri di taglio internazionale nei rispettivi campi. Con Federico Faggin, tuttavia, non si tratta solo di un dominio di eccellenza quale la scienza e la tecnologia che ha rivoluzionato il mondo dall’inizio degli anni ‘70; con la sua ricerca sulla natura della consapevolezza si sprigiona il profumo della spiritualità con cui ognuno di noi — non conta di quale credo, etnia e estrazione sociale — non si sente più solo al mondo; piuttosto ci si sente parte dell’energia che muove come una diastole/sistole l’universo-mondo, il visibile e l’invisibile, che siamo. Materia definitivamente molto più eccitante per la sostenibilità del vivente di quanto possa essere qualsiasi nuovo gadget di moda. Anche perché se è vero che c’è esponenzialità per la soi-disant “artificial intelligence”, è altresì vero che c’è esponenzialità di “artificial ignorance”, il che è molto più grave e pericoloso.”