“L’Homo sapiens discende da estinzioni di massa di altre specie, ma ora è l’agente di un’estinzione di massa speciale”
Quando i giovani che manifestano ai Friday For Future dicono che l’uomo, col suo agire forsennato, sta mettendo a rischio il pianeta, dicono una inesattezza. Il pianeta, con ogni probabilità, sopravvivrà: è sopravvissuto a condizioni climatiche assai più gravi dell’aumento di temperature in atto per via degli effetti dei gas climalteranti. È sopravvissuto all’eruzione di maxi vulcani ed è sopravvissuto perfino all’impatto con l’asteroide dal diametro di 10km che tra 65 e 66 milioni di anni fa ha spazzato via i dinosauri e con loro la metà delle forme di vita presenti sul pianeta. A rischio, insomma, non è tanto la sopravvivenza della terra, questo puntino minuscolo in un cosmo in massima parte ostile e inospitale sul quale, per una serie di fortuite conseguenze, si è sviluppata la vita. A rischio è la nostra sopravvivenza, quella dell’homo che si è autodefinito ‘sapiens’, ma che forse poi così tanto sapiente non è, visto che sta andando dritto verso la propria autodistruzione, rappresentando contemporaneamente l’asteroide che ha fatto fuori i dinosauri, ma pure i dinosauri stessi, ovvero la principale vittima di una probabile estinzione di massa. La sesta estinzione di massa da quando la vita si è sviluppata sul pianeta: e per gli scienziati sarebbe già in corso, ecco allora cos’è e perché dovremmo preoccuparci…
Cos’è la sesta estinzione di massa
Prima di spiegare cos’è la sesta estinzione di massa, occorre forse illustrare cos’è una estinzione di massa. È normale che sulla terra ci sia un turn over più o meno continuo: pensiamo a tutti gli ominidi che ci hanno accompagnato nella nostra evoluzione. Anziché raffigurarli come fanno i testi scolastici, in fila indiana, dalla scimmia al Sapiens, sarebbe più corretto inquadrarli in un albero genealogico: quegli hominidi scomparsi sono rametti secchi, che non hanno avuto discendenti. Erano nostri cugini, non nostri genitori, che non ce l’hanno fatta: non si sono adattati. O che ce l’hanno fatta e sono rimasti scimmie, scimpanzé e gorilla, perché non hanno avuto il bisogno di cambiare ulteriormente, evolvendosi.
Le estinzioni, insomma, ci sono sempre state, ma sono di massa quando, in un periodo ravvicinato (per modo di dire, si parla sempre di diverse migliaia di anni) scompare un numero importante di specie. L’estinzione dei dinosauri è quella più nota, ma non quella più importante: gli scienziati calcolano che sopravvisse infatti una specie su due. Tra queste, piccoli roditori che, già presenti sulla terra ma schiacciati dalla supremazia dei sauri, sono diventati poi gli esseri dominanti in ogni habitat, dal cielo (pipistrelli) al mare (cetacei e delfini), passando ovviamente per la terra (rinoceronti, elefanti, scimmie e, ovviamente, l’uomo). Alcuni dinosauri stessi sono sopravvissuti, dando vita agli uccelli.
Oggi sappiamo che le estinzioni di massa sono state cinque:
1 Ordoviciano-Siluriano (circa 450 milioni di anni fa)
2 Devoniano superiore (circa 375 milioni di anni fa)
3 Permiano-Triassico (circa 250 milioni di anni fa)
4 Triassico-Giurassico (circa 200 milioni di anni fa)
5 Cretaceo-Paleocene (circa 65 milioni di anni fa)
La più catastrofica è stata al limite del Permiano-Triassico, quando, forse per via di un meteorite ancora più grande di quello dei dinosauri (che devono ancora comparire), forse per colpa dell’eruzione simultanea di maxi vulcani, circa il 96% delle specie animali marine si estinse e complessivamente scomparve il 50% delle famiglie animali esistenti. Se qualche razza aliena fosse arrivata sulla terra in quel periodo, avrebbe visto un pianeta desertico e disabitato, come lo è per noi Marte oggi. Eravamo un sasso desolato alla deriva nello spazio. Eppure, dopo milioni di anni, da quel 4% di superstiti, la vita è rifiorita (ed è stata spazzata via quasi del tutto per altre due volte).
Il preambolo è sicuramente un po’ noioso e scolastico, ma necessario per spiegare cos’è la sesta estinzione di massa. Gli scienziati hanno infatti iniziato a studiare gli elementi che caratterizzano questi cinque eventi catastrofici al fine di tipizzarli, così da rispondere a una domanda precisa: quand’è che siamo nel pieno di una estinzione di massa? Non bisogna infatti pensare che la vita sia cessata simultaneamente, all’impatto del meteorite o all’esplosione dei vulcani: ci sono voluti anni perché la maggior parte delle specie soccombesse.
Secondo uno studio del 2015 saremmo all’avvio, o forse nel pieno, del sesto evento di estinzione di massa. Gli scienziati hanno semplicemente calcolato il numero di specie estinte nell’ultimo mezzo millennio, per lo più per colpa dell’uomo, con una notevole impennata in prossimità della rivoluzione industriale, e scoperto che il domino dell’estinzione di massa è già stato messo in moto. Ogni estinzione, difatti, provoca inevitabilmente ulteriori estinzioni, per via delle strette interazioni ecologiche tra le specie. Le keystone species, ovvero le specie chiave, se sottratte al sistema ecologico, provocano il collasso dell’intera rete trofica (o alimentare). Per questo gli equilibri sono molto delicati. È come il gioco dello Shangai: si leva il bastoncino sbagliato e l’intera struttura si sfarina.
Nel 2020, gli stessi autori hanno dichiarato che la velocità della perdita di biodiversità animale è aumentata in modo significativo stimando che, nel XX secolo, almeno 543 specie di vertebrati terrestri si siano estinte, mentre probabilmente scomparirà quasi lo stesso numero di specie nei soli prossimi 20 anni: “La sesta estinzione di massa in corso può essere la più grave minaccia ambientale alla persistenza della civiltà, perché è irreversibile”. Non solo, perché nello studio si sottolinea come: “L’Homo sapiens discende da estinzioni di massa di altre specie, ma ora è l’agente di un’estinzione di massa speciale”.
Tra gli autori c’è anche Paul Ehrlich, professore emerito di biologia a Stanford, “tra i primi ad aver parlato di un’estinzione di massa in atto già negli anni Sessanta”, ricordava qualche anno fa all’ANSA Maurizio Casiraghi, professore associato di zoologia all’Università di Milano-Bicocca. “L’ipotesi è stata molto dibattuta, ma con questo studio Ehrlich e il suo gruppo ci dicono che se i dati relativi al calo delle specie erano delle buone prove a sostegno, questi nuovi numeri relativi alle popolazioni rendono l’estinzione di massa una realtà davvero innegabile”.
Chiarita cos’è la sesta estinzione di massa, occorre comprendere da cosa possa essere causata. Diversi studi già concordano:
- i cambiamenti climatici;
- la distruzione ininterrotta degli habitat;
- il commercio illegale e il bracconaggio;
- l’inquinamento in qualsiasi sua forma;
- l’introduzione di specie “aliene” (non autoctone);
- il prelievo eccessivo e l’uso non sostenibile delle risorse.
L’elenco racchiude indiziati noti, ma anche diverse sorprese: anzitutto, alla base di ogni causa, c’è l’uomo; per la maggior parte degli scienziati, cambiamenti climatici e inquinamento, non sono le cause principali delle estinzioni. Ciò però non vuol dire che il nostro modello di vita sia giusto e faccia bene al pianeta. Semplicemente, è da troppo poco tempo che inquiniamo ed è da troppo poco tempo che si è messa in moto la spirale dei cambiamenti climatici per poter dire che sono alla base delle estinzioni fin qui osservate. Con ogni probabilità, però, lo saranno per le prossime, accentuando il nostro impatto negativo sul pianeta.
Ecco perché è cruciale rispettare il goal 15 – “Vita sulla terra” dell’Agenda 2030 dello sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, che intende proteggere, ripristinare e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, combattere la desertificazione, arrestare e invertire il degrado del territorio e arrestare la perdita di biodiversità, essendo la sopravvivenza delle specie direttamente correlata alla nostra e viceversa. Consapevoli che molto di quello che è stato fatto, non è reversibile, così come non sono reversibili i cambiamenti climatici: possiamo però rallentarli per dare modo alla nostra specie, se davvero vuole continuare a definirsi ‘Sapiens’ di adattarsi. Le lancette, insomma, non si riportano indietro: ma possiamo sfruttare meglio il tempo che ci resta.