Grandi investimenti, incertezze sull’attuale leader globale Taiwan, il ruolo di controbilancio della Cina in Asia valorizzato da Stati Uniti ed Europa. Nuova Delhi pensa di avere tutte le carte in regola per diventare uno dei principali hub di semiconduttori
Bangalore, poche settimane fa. Il primo ministro indiano Narendra Modi apre una conferenza interamente dedicata ai semiconduttori. Il titolo è un manifesto programmatico: “Design and Manufacture in India, for the World: Making India a Semiconductor Nation”. Il leader di una delle principali economie del mondo si prende una pausa dall’impatto della guerra in Ucraina e taglia il nastro a un evento che non è solo una conferenza, ma il segnale di un possibile nuovo equilibrio in uno dei settori più strategici a livello globale: quello dei microchip. L’India è al momento in ritardo rispetto ai big dell’Asia orientale, in primis Taiwan, ma ritiene di avere diversi elementi che giocano a suo favore nel prossimo futuro.
Quali? Il primo, interno: la grande crescita di investimenti ed expertise nel settore tecnologico, compreso il comparto dei semiconduttori. Il secondo, esterno: la crescente incertezza sullo status quo di Taiwan, che detiene al momento oltre il 50% dello share globale di fabbricazione e assemblaggio di semiconduttori. Anche la Corea del Sud, attualmente sul secondo gradino del podio, è maggiormente esposta a turbolenze di quanto non sia l’India. Il terzo, geopolitico: agli occhi di Washington e Bruxelles, nonostante il non allineamento sull’invasione russa, Nuova Delhi rappresenta ancora una scelta obbligata per controbilanciare l’ascesa della Cina in Asia. Tutti questi fattori fanno ritenere all’India di avere le carte in regola per imporsi sul mercato globale del settore.
Microchip, l’ambizioso programma di investimenti di Nuova Delhi
A dicembre 2021, d’altronde, il governo indiano ha messo sul tavolo investimenti totali per oltre dieci miliardi di dollari nell’ambito di un programma pensato per stimolare lo sviluppo di un ecosistema di produzione di semiconduttori. Il tentativo è peraltro quello di creare un hub integrato, proprio sul modello di TSMC nella città taiwanese di Hsinchu, nel quale gli attori indiano siano in grado di gestire diverse fasi della progettazione e della fabbricazione dei semiconduttori. L’obiettivo è diventare uno dei principali poli produttivi nel radar globale entro il 2025, con un valore di mercato del settore, grazie anche alle ampie agevolazioni fiscali pensate per sostenere gli investimenti nel settore. Per la progettazione dei semiconduttori sono infatti previsti incentivi fino al 50 per cento della spesa ammissibile. Un centinaio di aziende saranno sostenute per provare a ricavare almeno venti grandi attori ad alto fatturato nel medio-breve termine.
Si prevede che il mercato complessivo dei semiconduttori in India crescerà a un tasso annuo del 18,8%, raggiungendo i 64 miliardi di dollari nel 2026. Un piano che potrebbe essere favorito dalla cosiddetta strategia China plus one adottata da diverse aziende internazionali e che porta a delocalizzare parte dei propri investimenti o stabilimenti produttivi in Asia meridionale o nel Sud-Est asiatico per aumentare la copertura contro la vulnerabilità dovuta a una serie di incertezze politiche, economiche e commerciali. A partire dalla strategia zero Covid portata avanti dal governo cinese per passare alle eventuali e ipotetiche sanzioni in caso di conflitto sullo Stretto di Taiwan.
Un ruolo speciale all’interno di questa strategia potrebbe essere giocato da Tata, il gruppo leader del settore in India. Raja Manickam, amministratore delegato di Tata Technologies, il ramo di Tata Electronics che si occupa di assemblaggio e test di semiconduttori in outsourcing, ha indicato l’India, insieme al Sud-Est asiatico, come una destinazione per i produttori di chip, citando la sua posizione attraente con facile accesso ai trasporti terrestri e marittimi. “È sempre una questione di posizione, posizione e posizione”, ha detto Raja recentemente a una conferenza sui semiconduttori organizzata dall’associazione industriale SEMI a Penang, uno stato insulare della Malesia. “Il governo ha fatto la sua parte e anche i rispettivi Stati competono con i loro pacchetti di incentivi”, ha detto Raja. “È il settore privato indiano a dover fare un passo avanti”. Molte grandi aziende internazionali di semiconduttori hanno d’altronde già sede in India per la ricerca e lo sviluppo e la curva positiva a livello demografico può rafforzare le ambizioni di Nuova Delhi.
Ambizioni dimostrate dal fatto che Modi in persona apre conferenze di settore. Un settore sempre più strategico per determinare gli equilibri tecnologici, dunque geopolitici, globali.