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Città del Capo un paradiso per gli investitori. “Vi racconto perché la mia Africa è sempre più tech e ricca di startup”

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Città del Capo un paradiso per gli investitori. “Vi racconto perché la mia Africa è sempre più tech e ricca di startup”

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Secondo il rapporto 2022 delle Nazioni Unite gli investimenti esteri in progetti tecnologici e realtà innovative in Sudafrica hanno ormai raggiunto i 5 miliardi di dollari. Nonostante la grave crisi energetica in atto, il Paese attrae capitali da Francia, USA, Regno Unito e Cina. Perché piace tanto? Per il nostro longform domenicale l’intervista a Saul Molobi, ex console e fondatore del consorzio BrandHill Africa

Secondo il rapporto 2022 delle Nazioni Unite gli investimenti esteri in progetti tecnologici e realtà innovative in Sudafrica hanno ormai raggiunto i 5 miliardi di dollari. Nonostante la grave crisi energetica in atto, il Paese attrae capitali da Francia, USA, Regno Unito e Cina. Perché piace tanto? Per il nostro longform domenicale l’intervista a Saul Molobi, ex console e fondatore del consorzio BrandHill Africa

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Federico Bastiani
22 gen 2023

Western Cape, in particolare Città del Capo, è la zona che ospita oltre il 50% della aziende tecnologiche emergenti in Sudafrica. Solo il corridoio che va da Cape Town a Stellenbosh, conosciuta per l’ottima produzione vinicola a livello mondiale, ospita oltre 400 aziende tecnologiche che danno lavoro a più di 40.000 persone. “Gli investitore internazionali preferiscono la zona di Cape Town per vari motivi” spiega a StartupItalia Saul Molobi, ex console sudafricano in Italia dal 2012 al 2016, autore di molti saggi e fondatore di Brandhill Africa.

sudafrica

“Cape Town attrae molti giovani che cercano impiego per la prima volta, inoltre è tra le città turistiche più richieste al mondo il che rende facile il trasferimento di molti manager europei ed americani con le loro famiglie”. Il Sudafrica riceve investimenti esteri nel settore tecnologico principalmente dalla Francia, dagli Stati Uniti, Regno Unito e Cina, che nel 2020 hanno creato 9000 posti di lavoro.

Saul Molobi, ex console sudafricano in Italia dal 2012 e fondatore di Brandhill Africa

Lo stretto legame tra Sudafrica e Italia

Anche l’Italia ha un rapporto storico e speciale con il Sudafrica. L’ANC, il partito di Mandela al governo dal 1994, ha stretto legami con l’Italia nel lontano 1977 quando la città di Reggio Emilia ospitò come rifugiato uno dei leader della lotta Antiapartheid, Oliver Tambo, compagno di lotta insieme a Nelson Mandela. Nel mese di novembre una delegazione della città di Reggio Emilia insieme alla fondazione E35, ha inaugurato un hub dell’automotive volto a creare opportunità di lavoro nella regione del Gauteng che contribuisce al 35% del Pil del Sudafrica. “Il legame con l’Italia è forte, i prodotti italiani sono richiesti e la comunità italiana è molto presente anche perché abbiamo ricevuto molta immigrazione durante la seconda guerra mondiale”.

Il Sudafrica è al buio

Se è vero che il Sudafrica ha una popolazione giovane, riceve investimenti esteri ed è l’unico stato africano a far parte del G20, è altrettanto vero che non è esente da problemi. La nazione arcobaleno attraversa una grande crisi energetica che porta il Paese, ormai da più di un anno, alla turnazione nell’uso dell’energia (load shedding) specialmente nel Gauteng. Ogni giorno, ad orari differenti, i sudafricani ricevono notifiche sul cellulare e vengono informati per quante ore l’energia elettrica non sarà disponibile, dalle due alle sei ore al giorno. La corruzione è un problema molto diffuso, l’ex presidente Zuma è stato condannato ed arrestato, la criminalità è endemica vista l’alta disoccupazione. Come mai questi fattori non scoraggiano gli investimenti? “Perché alla fine dei conti la nostra democrazia è forte. I fondamentali economici sono buoni. La stampa è indipendente, i processi per corruzione si fanno, le elezioni sono libere. E’ vero, abbiamo gravi problemi infrastrutturali legati all’energia perché la rete non è mai stata adeguata rispetto alla popolazione in aumento ed oggi abbiamo una carenza di 3000 megawatt ma ci stiamo lavorando. Detto questo, per gli investitori siamo appetibili perché la nostra valuta è debole rispetto all’euro. Infine, abbiamo un sistema bancario stabile che è classificato tra i primi cinque a livello globale”.

I settori tech più interessanti

Alla fine del 2020 il settore tecnologico nell’area di Città del Capo contava oltre 500 aziende tecnologiche per un totale di 88 milioni di dollari d’investimenti dichiarati. Molte di queste risorse sono state indirizzate verso le startup che si occupano di coding. E’ in costante aumento la ricerca di personale con competenze in IT e trovano terreno fertile startup come Mindjoy, una piattaforma di apprendimento per ragazzi. Fondata nel 2020 da Gabi Immelmam, ciò che la distingue dalle altre startup del settore come Code4kids, è che si concentra sulla creazione di una comunità di studenti lavorando con eventi on line ma anche off line.

sudafrica

“Ho fondato Mindjoy per potenziare i giovani con reali competenze tecnologiche, per costruire il loro futuro, in cui i giovani prosperano. Stiamo costruendo una piattaforma di apprendimento abilitata all’intelligenza artificiale che aiuta gli educatori a istruire i bambini a creare software del mondo reale” racconta la fondatrice. Con il crescente investimento in start up tecnologiche, le scuole non bastano per preparare i giovani al futuro del lavoro. “Stiamo subendo un enorme cambiamento nell’istruzione poiché i progressi della tecnologia, delle scienze cognitive e della globalizzazione del mercato trasformano rapidamente lo scopo dell’istruzione”. Città del Capo ospita il 38% degli sviluppatori totali del Paese, la più alta concentrazione dell’intera nazione.

Agritech sempreverde

L’altro settore che raccoglie investimenti è quello legato all’agritech. Aerobotics è una startup sudafricana che opera nel settore agricolo utilizzando l’intelligenza artificiale, software, droni e machine learning per supportare le aziende agricole. Aerobotics analizza i dati raccolti dai droni e dell’IA per creare approfondimenti per ogni tipo di coltura. Ciò consente agli agricoltori di avere una migliore comprensione del loro prodotto e permette d’incrementare l’efficienza. La start up ha raccolto oltre 27 milioni di dollari di finanziamenti da diciassette investitori. Ha reinvestito il 50% delle risorse nell’area di Città del Capo ed aperto una sede in California.

Karidas Tshintsholo. Founder e CEO di Khula

Khula è un’altra start up agritech in forte crescita. L’azienda è stata fondata nel 2016 da tre compagni universitari, Jackson Dyora, Karidas Tshintsholo e Matthew Piper. Si tratta di una piattaforma digitale, marketplace trasformata in app che offre agli agricoltori la possibilità di acquistare le risorse necessarie come semi, concimi, fertilizzanti, al miglior prezzo possibile sul mercato. Con due investitori e due round di finanziamento, Khula ha già raccolto 2,7 milioni di dollari. “Il 70% della popolazione in Sudafrica dipende dall’agricoltura. La nostra idea era quella di supportare al meglio gli agricoltori emergenti” racconta Karidas Tshintsholo Ceo di Khula. L’azienda possiede già centotrentadue depositi in tutto il Paese e vuole espandersi all’estero. “Fare startup in Africa non è facile perché non ci sono le risorse che esistono in Europa. Abbiamo dovuto lavorare sodo per catturare l’attenzione di investitori internazionali”.

Il Sudafrica potenziale caso studio mondiale

“Se attiriamo investimenti nel nostro paese, saremo in grado di contenere la tendenza all’aumento della disoccupazione che è la causa di molti dei nostri problemi sociali” spiega Saul Molobi. “Il Sudafrica non è immune dalla tendenza globale all’ascesa del nazionalismo, del razzismo o della xenofobia. Ma il governo sta facendo del suo meglio per contenerli. La mia opinione è che se riusciamo a sfruttare al meglio gli investimenti esteri e di pari passo rigeneriamo moralmente la nostra società, il Sudafrica può diventare un’interessante caso studio a livello mondiale”.

Tags: #AFRICA #COVERSTORY #SUDAFRICA
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