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La possibilità di assicurare l’accesso alle tecnologie più innovative per curare patologie gravi e malattie rare si trova di fronte a un bivio critico. Ci sono misure che l’Italia può già mettere in campo per seguire la rotta più giusta. Poi però bisogna guardare con lungimiranza al futuro, unendo le forze di tutta la filiera per portare rapidamente questo valore al cittadino
Ritardi negli esami, lunghe code prima di avere una diagnosi, visite da prenotare con largo anticipo. E poi magari l’epilogo è l’impossibilità di poter usufruire di un farmaco salvavita perché troppo costoso o perché non disponibile sul proprio territorio.
Sono solo alcune delle vicende che possono capitare a un paziente italiano quando tenta di accedere a un servizio sanitario che è sì universale nel nostro Paese, cioè aperto a tutti, ma che presenta alcune criticità da superare.
Quando si parla di accesso ai farmaci, l’aspetto più preoccupante è quello che riguarda l’accesso ai nuovi farmaci che si rendono disponibili per i pazienti. Si tratta di nuove soluzioni terapeutiche capaci di curare malattie finora incurabili, di dare una speranza a coloro che sono affetti da malattie rare o anche solo di offrire ulteriori opzioni terapeutiche più adatte alle caratteristiche dei singoli pazienti. Secondo le previsioni riportate nel rapporto 2022 di Ernst & Young “Dare valore al Life Science in Italia”, i farmaci biotecnologici rappresenteranno l’80% dei farmaci immessi sul mercato nel 2030. Ma che fare di queste nuove opportunità così preziose se non si mettono in atto a livello nazionale strategie volte a garantire ai pazienti un accesso veloce e omogeneo a tali terapie su tutto il territorio?
Durante l’evento “La salute oltre gli slogan”, organizzato da Federchimica Assobiotec nell’ambito del progetto “Biotech, il futuro migliore” e tenutosi a Roma alla fine di novembre, uno dei temi al centro del dibattito tra istituzioni, aziende e stakeholder, è stato proprio quello dell’accesso ai farmaci, “da pensare e ripensare”, a partire dalla sostenibilità economica.
L’accesso ai farmaci e le risorse
L’accesso ai farmaci, soprattutto nel prossimo futuro, è fortemente penalizzato da scelte miopi che guardano unicamente al costo del farmaco senza considerare i vantaggi e i risparmi che questo può portare garantendo una cura efficace al paziente e dunque risparmi sulla gestione delle complicanze e delle criticità e sui costi sociali a questa connessi
Quello dei farmaci, soprattutto quelli utilizzati nelle strutture ospedaliere, è certamente un settore che richiederà sempre maggiori risorse per accompagnare una domanda di salute crescente sia per l’aumento delle patologie croniche che per l’invecchiamento della popolazione.
Secondo il “Rapporto civico sulla salute 2022” di Cittadinanzattiva, la spesa pro capite per i farmaci oncologici è aumentata di circa l’87%, passando da un valore di 34,8 euro nel 2014 a 65,3 euro nel 2020. Ciò è dovuto all’aumento dei consumi, ma anche all’introduzione di importanti farmaci innovativi. E questo soltanto per rimanere nell’ambito oncologico, perché questi farmaci offrono possibilità terapeutiche anche a malattie rare.
Difficile fare quadrare i conti tra questo aumento dei costi e le strategie italiane per calmierare la spesa sanitaria. Tali strategie sono basate su tagli lineari. “I tagli lineari risolvono l’eccesso di spesa nell’immediato ma non tengono conto dei bisogni sanitari dei cittadini”, ha commentato Annalisa Mandorino, Segretario Generale di Cittadinanzattiva.
Altrettanto complicato è continuare a ragionare con la logica dei tetti di spesa, uno strumento per contenere il più possibile la spesa per l’erogazione di medicinali da parte del Servizio Sanitario Nazionale all’interno del livello di risorse finanziarie disponibili. I tetti di spesa sono determinati annualmente e nel 2022 hanno raggiunto un valore complessivo pari al 15% del Fondo Sanitario Nazionale, comunque ancora inadeguato rispetto al fabbisogno di salute. In particolare, nonostante il tetto della spesa farmaceutica ospedaliera sia stato recentemente aumentato, risulta ancora ampiamente insufficiente a coprire la spesa sostenuta per l’acquisto dei farmaci ospedalieri, e non riesce neppure a beneficiare, sebbene possa essere previsto per legge, delle risorse rimaste inutilizzate per la spesa farmaceutica territoriale.
“Per far funzionare meglio la logica dei tetti di spesa, bisognerebbe quantomeno tener conto delle varie interrelazioni delle voci di spesa”, ha commentato Mandorino. Soprattutto bisognerebbe evitare la ricollocazione delle spese destinate all’ambito farmaceutico in altri ambiti. “Se i farmaci convenzionati hanno fondi in eccesso, questo potrebbe contribuire a coprire il disavanzo del fondo dei farmaci diretti”, ha spiegato Annamaria Parente, senatore della XVIII legislatura e presidente della XII Commissione Igiene e Sanità.
“Prevedere l’utilizzo del disavanzo del tetto sulla spesa convenzionata per coprire la spesa nel canale degli acquisti diretti oppure far confluire il disavanzo del fondo innovativi per finanziare la spesa per i farmaci con innovazione potenziale, sono interventi che possono contribuire a ridurre l’impatto del payback”, ha aggiunto Annarita Egidi, membro del Consiglio di Presidenza di Federchimica Assobiotec e General Manager di Takeda. “Così facendo si produrrebbe un vantaggio per tutto il sistema: imprese, Regioni e cittadini, riducendo la necessità di ricorrere a misure di restrizione dell’accesso alle terapie innovative”, commenta Egidi.
In sostanza, per superare le criticità che riguardano le risorse economiche è indispensabile oltrepassare la logica di finanziamenti a comparti separati, che non comunicano e che non sono in grado di guardare all’organizzazione e ai bisogni futuri in modo lungimirante.
Accesso ai farmaci, una questione anche di “tempo”
Oltre che quello economico, anche il “fattore tempo” rappresenta un ostacolo importante ad un rapido accesso alle cure da parte dei pazienti. E’ necessario allora che, oltre che sugli aspetti economici, si intervenga anche per uno snellimento degli iter burocratici.
Il meccanismo di governance che regola il rapporto tra stato e singole regioni presenta, infatti, numerose barriere che rallentano e talvolta impediscono l’accesso ai farmaci.
“Ci sono troppe disparità regionali e un farmaco già approvato dall’ente regolatore nazionale non dovrebbe sottostare a ulteriori verifiche da parte delle regioni. Il fattore tempo è fondamentale per chi è in attesa di una cura”, ha sottolineato Parente.
Secondo i dati del rapporto EY, in Italia intercorrono in media 429 giorni tra l’approvazione europea del farmaco e l’approvazione dell’ente regolatorio nazionale. Siamo ben al di sotto della media europea (511 giorni) se consideriamo il solo iter nazionale. Tuttavia, occorre aggiungere i tempi necessari per l’accesso regionale. “Se uniamo i dati nazionali e regionali, il paziente italiano è uno degli ultimi in Europa a ricevere le terapie innovative immesse sul mercato”, ha sottolineato Stefano Ferri, Partner Life Science EY, nella presentazione del report.
“Alla stregua di altri Paesi europei, sarebbe necessario rendere effettivi i meccanismi di early access. Questo significherebbe dare ai pazienti la possibilità di accedere ai trattamenti mentre il farmaco viene esaminato per il suo valore economico”, ha aggiunto Egidi.
La proposta è, dunque, l’abolizione della duplicazione a lvello regionale delle valutazioni già effettuate a livello nazionale e l’effettiva introduzione di meccanismi di early access per favorire l’accesso al farmaco.
Investimenti più coraggiosi e lungimiranti
Per rendere accettabile il costo di un farmaco innovativo occorre anche cambiare il paradigma con cui si valuta tale costo. Il farmaco deve essere considerato un investimento sul futuro della salute del paziente, cosa che si traduce in un risparmio per lo Stato.
Secondo Parente, proprio nell’ottica dell’investimento, sarebbe indispensabile intervenire sulle leggi di bilancio a livello europeo. “Per considerare il farmaco innovativo come un investimento, si potrebbe suddividere il costo in più anni. Del resto, il valore del farmaco non si misura solo in un anno, perché il suo utilizzo porta vantaggi per più anni dopo la somministrazione”.
Un’altra barriera alla diffusione di farmaci biotech in Italia è il timido finanziamento del settore Life Science. Nel 2020, Germania (con quasi 8 mila milioni di euro) e Francia (con 4 mila milioni di euro) ci hanno superato largamente per investimenti in ricerca e sviluppo (1660 milioni di euro in Italia). Per gli investimenti in Venture Capital ci posizioniamo solo al quarto posto in Europa, con 61 milioni di euro contro 884 milioni di euro spesi in Francia.
“È importante capire come creare un ecosistema per attrarre capitali in Italia, sia da parte della grande industria sia da parte dei Private Equity e Venture Capital. È necessario investire nelle startup italiane e creare un volano per far crescere il biotech in Italia”, ha commentato Ferri.
Infine, potremmo sperare negli investimenti messi a disposizione dal PNRR. L’8% delle risorse del PNRR è stato dedicato alla missione salute e mirano a rafforzare tale settore. Più di un miliardo di euro è destinato alla ricerca scientifica e al trasferimento tecnologico. “La collaborazione tra pubblico e privato deve aumentare, affinché il privato possa rendere esecutive tutte le progettualità che attingono dalle risorse del PNRR”, commenta Ferri.
“Ma per rendere davvero efficaci questi investimenti è auspicabile che la spesa corrente sia prevista contestualmente all’investimento”, ha dichiarato Mandorino, sottolineando come le previsioni attuali rappresentino una sottostima delle reali necessità di investimento future.
Il PNRR non dobbiamo considerarlo un sostegno alla spesa corrente. Allo stato attuale si prevede già una decrescita delle previsioni di spesa sanitaria rispetto alle percentuali del PIL. Vale a dire che nel 2024 esse ammonteranno al 6.2% del PIL, che è inferiore al valore pre-pandemia.
Massimiliano Fedriga, Presidente della Conferenza Stato-Regioni e della Provincia Autonoma del Friuli-Venezia Giulia, auspica un superamento dell’approccio emergenziale con cui sta procedendo il nostro Paese. “Dobbiamo riuscire a lavorare in prospettiva, in un’ottica di alleanza tra pubblico e privato. Io sostengo la formazione di tavoli di lavoro per costruire la legge di bilancio 2024, ma anche per formulare soluzioni strutturali e misure stabili che possano valere per un lasso di tempo che copre più anni”.
“Nel nostro Paese manca la consapevolezza del valore che i settori della salute e delle biotecnologie possono generare per i cittadini e di quali sono gli elementi che possono facilitarne o ostacolarne lo sviluppo – conclude Fabrizio Greco, Presidente di Federchimica Assobiotec e Amministratore Delegato di AbbVie Italia. “Il futuro della ricerca farmaceutica risiede principalmente nelle biotecnologie ed il rapido e ampio accesso ai farmaci è un fattore chiave, oltre che per generare salute, anche per lo sviluppo di queste tecnologie. Per la mancanza contingente di risorse si guarda sempre al fattore di costo ma dobbiamo invertire la prospettiva. Dobbiamo focalizzarci nel generare salute, competenze e valore economico, così da avere le risorse necessarie per poterci permettere le nuove terapie e generare un ciclo virtuoso di benessere per il Paese”.
“Ci sono alcune azioni che l’Italia può rapidamente mettere in atto per attuare il cambio di rotta assicurando, tramite l’attuazione del comma 282 della Legge di bilancio 2022 e l’accesso dei farmaci ad innovatività condizionata al Fondo per i farmaci innovativi, il pieno utilizzo delle risorse destinate alla farmaceutica che attualmente vengono parzialmente stornate per altri scopi”. Inoltre, sarebbe importante definire regole più stabili sul lungo periodo. “Poi però occorre disegnare un nuovo quadro, che ci renda più competitivi nello scenario internazionale. Per raggiungere questo obiettivo è indispensabile collaborare e incidere su tutti gli elementi che fanno parte della catena del valore”, ha concluso Greco.
La nuova edizione del progetto “Biotech, il futuro migliore” è promossa da AbbVie, AGC Biologics, Alexion, Biosphere, Chiesi, DiaSorin, Evotec, Genenta Science, Genextra, Gilead, IRBM, Miltenyi, Novartis, Rottapharm Biotech, Sanofi, Takeda, UCB, Zcube.